Dal governo

Recovery plan: rischio scalone per le pensioni, l'idea di una staffetta generazionale

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Il Governo scopre ma larvatamente, le carte sulle pensioni. E lo fa con una frase inserita nella bozza del Recovery Plan ( o Pnrr ) diffusa venerdì ma, poi non più presente nel testo definitivo. Tuttavia dal primo gennaio 2022, finita Quota 100, è previsto, comunque, il ritorno al regime Fornero: fuori a 67 anni di età, limite che ricomincia a crescere con l'aspettativa di vita, o con 42 anni e 10 mesi di contributi ( 41 per le donne ). Unica eccezione possibile: " Misure mirate a categorie con mansioni logoranti ". Una doccia gelata per i sindacati Cgil, Cisl e Uil ed anche per la Lega che ha investito molto nella sua iniziativa con l'introduzione di quota 100. Una riforma che aveva l'obiettivo di scardinare il sistema Fornero, ma che anche a vista dei modesti risultati numerici, circa 300 mila domande in due anni e mezzo rispetto al milione previsto, e soprattutto con la sua scadenza al 31 dicembre di quest'anno sembra avere poca probabilità di essere riproposta.

Dal 2022 per tutti se si andrà in pensione a 67 anni di certo non si salverà chi sfortunatamente compirà 62 anni nel 2022 avendo già maturato i 38 anni di contributi nel 2021. Per lui o lei ci saranno altri 5 anni di lavoro, Lo scalone di 5 anni è un problema vero, concreto, da affrontare: un aumento secco di cinque o sei anni dei requisiti di pensionamento potrà essere poco proponibile.

Qualche sindacato suggerisce di intervenire considerando, forse in maniera poco opportuna, la falcidia di anziani per Covid. Meglio la valutazione che le pensioni miste , retributivo/contributivo, tendono a sparire e a breve ( quando ? ) si sarà tutti nel sistema contributivo e che , forse, converrebbe far passare tutti, da subito, al sistema contributivo. Possibile, in questo caso con un " piccolo " ricalcolo della quota retributiva. Ma le trattative per una verifica sul sistema si sono arenate nei mesi scorsi ed adesso, a " freddo ", è intervenuto quanto indicato nel Pnnr.

Ma nell'ansia del futuro previdenziale sarebbe, comunque, importante cercare di trovare aspetti condivisibili e soprattutto idonei a fornire una certezza previdenziale per gli attuali lavoratori.
Un primo intervento potrebbe essere quello di superare le rigidità dell'età pensionabile tenendo conto che nel sistema contributivo l'età pensionabile non costituisce un parametro che incide sul sistema, modulando gli assegni sulla base dell'aspettativa di vita. Pur comprendendo che esiste un problema di cassa è innegabile che nel sistema contributivo l'uscita anticipata non destabilizza il sistema. Per quanto riguarda i contribuenti con il sistema misto sarebbe utile riaprire la possibilità di un'opzione per il sistema contributivo, più favorevole sul lato della pensione di vecchiaia.

Un'altra opzione potrebbe consistere nella staffetta generazionale. Abbinare, cioè, su base volontaria un tempo parziale di un giovane con un tempo parziale di un pensionando senza penalizzazioni prevedendo un calcolo della pensione sul maturato a tempo pieno. In tal modo si valorizzerebbe il bagaglio di esperienza dei lavoratori più anziani utilizzandolo alla formazione dei giovani e limitando il precariato delle nuove generazioni.
Opportuno appare, poi, stabilizzare l'opzione donna senza, però, le attuali penalizzazioni.
L'opzione donna viene squallidamente prorogata di anno in anno e sconta una penalizzazione non indifferente in quanto comporta il calcolo contributivo su tutta la durata della contribuzione.
Importante sarebbe un'omogeneizzazione delle aliquote di prelievo contributivo che, nel caso dei lavoratori dipendenti pone in essere serie discriminazioni che favoriscono il proliferare di contratti atipici e precari. Favorendo, così, anche una seria lotta all'evasione contributiva, collegata inesorabilmente a quella fiscale, che è indispensabile per la credibilità e l'equità del sistema.

E' necessario, poi e finalmente, separare previdenza ed assistenza.
La previdenza alimentata dai contributi dei lavoratori deve essere distinta da prestazioni assistenziali, pur necessarie ma che devono essere alimentate dalla fiscalità generale.
Andrebbe poi, rivisto il sistema della previdenza complementare La scarsa informazione nel contesto di una cultura previdenziale carente non ha consentito ancora il pieno decollo della previdenza complementare. Le pubbliche amministrazioni, in difficoltà in questi anni, in tal modo hanno risparmiato la quota del datore di lavoro. Occorre, invece, incentivare il sistema ed impedire che i risparmi delle contribuzioni datoriali, specie nei sistemi delle autonomie, costituiscano elemento per il pareggio di bilancio.


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