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Istat-Lega del Filo d'Oro: in Italia 100mila persone sordocieche, in Europa sono 656mila

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24 Esclusivo per Sanità24

In Italia le persone con più di 15 anni che presentano limitazioni sensoriali gravi e plurime alla vista e all’udito sono 100mila , pari allo 0,2% della popolazione, mentre in Europa la sordocecità colpisce 656mila persone (lo 0,2% della popolazione residente e lo 0,6% degli anziani). Cifre importanti, che restituiscono la reale dimensione di una fascia di popolazione spesso invisibile, che rischia di essere confinata nell’isolamento imposto dalla propria disabilità. È quanto emerge dal “Nuovo studio sulla popolazione di persone sordocieche, con disabilità sensoriali e plurime in condizioni di gravità”, commissionato dalla Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus e realizzato dall’Istat.
La ricerca inedita è stata presentata presso la Camera dei Deputati, alla presenza tra gli altri del ministro per la disabilità, Alessandra Locatelli, delpPresidente della Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus Rossano Bartoli, del presidente Istat Gian Carlo Blangiardo. Nel corso dell’incontro, il commento dei dati è stato affidato ai curatori dello studio, Carlo Ricci, Università Pontificia Salesiana e presidente Comitato Tecnico Scientifico ed Etico Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus e Alessandro Solipaca, ricercatore Istat, insieme ad Alessandra Battisti, ricercatrice Istat.
Giunto alla sua seconda edizione ed esteso al contesto europeo, lo studio – edito da Erickson - restituisce una maggiore consapevolezza rispetto alla vastità del fenomeno della sordocecità ed indaga le condizioni di vita delle persone che ne sono colpite attraverso la classificazione internazionale ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health), che considera la disabilità come il risultato dell’interazione negativa tra la persona e l’ambiente, fisico e culturale in cui vive, in accordo con quanto sancito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

“Ringrazio la Lega del Filo d’Oro e Istat per questa importante ricerca che evidenzia con chiarezza la necessità di un impegno ancora più grande per la piena attuazione dei principi della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità – spiega il ministro Alessandra Locatelli -. Per questo siamo impegnati ad attuare pienamente la legge quadro sulla disabilità in modo da rispettare, garantire e tutelare ogni persona. L’obiettivo principale è quello di migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie; dunque, è indispensabile agire con politiche sociali integrate dal punto di vista sanitario, sociosanitario e sociale ma anche garantire servizi e sostegno adeguati. È nostro dovere garantire l’unicità della persona che ha bisogno di cure e riabilitazione ma anche di relazioni, affetti e tempo sociale. È importante lavorare insieme per raggiungere questi obiettivi fondamentali per l’inclusione sociale, la formazione e il lavoro delle persone sordocieche ma anche per assicurare loro una vita dignitosa e partecipata. In conclusione, intendo approfondire dal punto di vista tecnico e politico la norma che in questi anni, pur essendo specifica per il riconoscimento della sordocecità, non ha saputo intercettare al meglio i bisogni di tutte le persone sordocieche, creando delle sostanziali differenze in termini di accesso ai benefici e risultando quindi inadeguata ai fini di una complessiva tutela”.

Limitato accesso a istruzione e lavoro: persone sordocieche a rischio povertà
Secondo lo scenario emerso, in Italia il 67,6% delle persone sordocieche è donna, il 61% ha oltre 65 anni di età e una persona su 4 (25,8%) vive da sola. A causa dei limiti imposti dalla complessa disabilità sensoriale, la maggior parte di loro ha titoli di studio più bassi rispetto al resto della popolazione – basti pensare che circa una persona su 2 ha solo la licenza elementare (56%) – di conseguenza, una capacità di reddito inferiore. Infatti, in relazione alle condizioni economiche, il 23% di queste persone si colloca sotto il 1° quintile di reddito, mentre il 18% tra il 1° e il 2°, ovvero tra le fasce più povere della popolazione. Solo il 26% dichiara di essere occupato e il 6% si dichiara inabile al lavoro.

“Questo importante studio ha fatto emergere, con dati di evidenza, l’effettiva diffusione delle problematiche vissute dalle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali per le quali, da sempre, la Lega del Filo d’Oro si è fatta portavoce. I dati raccolti grazie alla preziosa collaborazione con l’ISTAT, a cui va il nostro sentito ringraziamento, aprono prospettive di riflessione e sollecitano azioni concrete non più procrastinabili – dichiara Rossano Bartoli, residente della Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus - È necessario, dunque, individuare nuove modalità di risposta, estendendo ad esempio il nostro modello di intervento alle strutture residenziali per anziani, dove si colloca il numero maggiore di persone con disabilità sensoriali multiple, ed operare sempre più in prossimità dei luoghi di origine dei nostri utenti. Inoltre, come Lega del Filo d’Oro abbiamo il dovere di promuovere la loro reale inclusione all’interno della società e il pieno riconoscimento dei loro diritti. Per questo rivolgiamo il nostro appello alle Istituzioni, affinché in Italia l’iter per la revisione e la piena applicazione della legge 107/2010 non si fermi”.

La vita ad ostacoli delle persone sordocieche
Indagando più nello specifico il livello di autonomia nelle attività quotidiane, se si analizza il sottogruppo dei 65 anni e più, emerge che il 43,5% riscontra difficoltà gravi nelle attività domestiche, mentre il restante 16,1% dichiara di avere almeno una difficoltà grave sia nelle attività di cura personale che nelle attività domestiche. Inoltre, tra coloro che dichiarano di avere almeno una difficoltà moderata o grave nelle attività di cura personale, quasi 4 persone su 10 (37,5%) denunciano una mancanza di aiuto, cifra che sale a una persona su due tra coloro che dichiarano invece di avere almeno una difficoltà moderata o grave nell’attività domestica.

“La collaborazione con la Lega del Filo d’Oro mi rende particolarmente fiero del nostro lavoro perché testimonia come i dati e le analisi della statistica ufficiale possano contribuire ad accendere i riflettori su un tema particolarmente delicato e complesso, quale è quello della sordocecità e delle disabilità plurime, - dichiara Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat - le cui dimensioni spesso sfuggono a una corretta valutazione da parte della società e talvolta delle stesse Istituzioni. Porre la persona, con i propri bisogni e le proprie caratteristiche, al centro delle misurazioni e delle analisi statistiche costituisce da anni un impegno primario per l’Istat. Un compito che l’Istituto svolge nei confronti delle Istituzioni e della comunità scientifica, con la quale l’Istituto intrattiene una collaborazione disinteressata e aperta, così come nei riguardi dei decisori politici e di tutti i cittadini. Si tratta di un impegno che è ancora più importante proprio quando si tratta di persone che presentano gravi deficit come quelli in oggetto, persone spesso invisibili, al pari delle loro famiglie su cui grava il carico di cura e di assistenza. I numeri presentati nello studio sono particolarmente importanti. Essi evidenziano i tratti di una vera e propria emergenza, rispetto a cui ci si auspica fermamente che le politiche sappiano rispondere con intelligenza ed efficacia. Così da rendere migliore la qualità della vita sia per le persone sordocieche e pluriminorate, sia per i loro familiari e per tutti coloro che affettuosamente le accompagnano lungo un percorso di vita che, pur nella estrema difficoltà, si configura sempre come bene prezioso, da apprezzare e da proteggere”.

Gravi limitazioni alla vista, all'udito e motorie
Secondo le evidenze emerse, in Italia sono 262mila le persone con più di 15 anni che, oltre alle limitazioni sensoriali gravi plurime legate alla vista e all’udito, presentano contemporaneamente limitazioni di tipo motorio (lo 0,5% della popolazione). Cifra che arriva a oltre 1 milione e 400mila persone in Europa (lo 0,3% della popolazione, il 2,5% per gli anziani).

Anche in questo caso, in riferimento al contesto italiano, si tratta nel 73% dei casi di donne e, per la quasi totalità, di persone con oltre 65 anni di età (92%). Tra queste, il 43,1% vive da solo e la maggioranza ha solo la licenza elementare (84,4%). Fattori che incidono sulla condizione economica, che colloca il 17,2% di questa fascia di popolazione al di sotto del 1° quintile di reddito e il 27,5% tra il 1° e il 2° quintile. Rispetto alla condizione professionale, l’11,1 dichiara di essere inabile al lavoro. Tra gli over 65 (241mila persone), oltre 7 persone su 10 (73,9%) presentano difficoltà gravi nelle attività domestiche e nelle attività di cura personale. Rispetto a quest’ultime, quasi la metà (48,7%) denuncia la mancanza di aiuto. Percentuale che sale al 54,2% tra chi dichiara di avere difficoltà importanti nelle attività domestiche.

Legge 107/2010: un limbo normativo da colmare
Con l’approvazione della Dichiarazione sui diritti delle persone sordocieche (1° aprile 2004), il Parlamento europeo ha riconosciuto la sordocecità quale disabilità distinta, invitando gli Stati membri a riconoscere la specificità di questa disabilità complessa e a garantire alle persone che ne sono colpite i diritti e le tutele normative che ne conseguono. Tali raccomandazioni hanno trovato attuazione nel nostro Paese grazie alla Legge 107/2010 “Misure per il riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche”, che riconosce la sordocecità come disabilità specifica unica (in precedenza si riferiva alla sommatoria delle due minorazioni).

Sebbene la Legge 107/2010 rappresenti un primo, fondamentale, passo per il riconoscimento dei diritti delle persone con sordocecità, vi sono ancora alcune significative incongruenze nella formulazione del quadro normativo che lo rendono inadeguato al fine di una tutela giuridica collettiva, capace di includere tutte le persone con disabilità aggiuntive. In Italia, infatti, una persona si può definire sordocieca se oltre alla minorazione visiva – che può essere insorta durante tutto l’arco della vita – si aggiunge anche una disabilità uditiva purché la minorazione sia congenita o, se acquisita, insorga durante l’età evolutiva e sia tale da aver compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato. Non sono quindi considerate sordocieche le persone che, pur non vedenti, siano diventate sorde dopo il dodicesimo anno di età, o coloro che, nati senza alcuna minorazione sensoriale, siano stati colpiti da sordocecità in età successiva ai dodici anni.

Si è quindi venuto a creare un limbo normativo che di fatto esclude il riconoscimento di un numero elevato di sordociechi e, conseguentemente, nega loro servizi specifici, calibrati sui propri reali bisogni. Inoltre, stando alle ultime rilevazioni Inps richieste dalla Lega del Filo d’Oro (settembre 2021), nonostante l’esigua presenza di persone pluriminorate che percepiscono contemporaneamente le prestazioni di invalidità civile, di cecità e di sordità, attualmente in Italia il numero di persone sordocieche riconosciute dall’Inps è pari a zero. Risulta dunque urgente rendere la legislazione vigente più attuale, adattandola a un contesto sociale in evoluzione, dove siano riconosciute come sordocieche le persone “affette da una minorazione totale o parziale combinata della vista e dell’udito, sia congenita che acquisita, che comporta difficoltà nell’orientamento e nella mobilità, nonché nell’accesso all’informazione e alla comunicazione”.

Lo studio, in ultima analisi, intende sollecitare interventi concreti volti a correggere i limiti del nostro sistema di welfare, promuovendo un nuovo paradigma di assistenza basato sulla presa in carico delle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali, mediante percorsi personalizzati che tengano conto, da un lato, dei loro bisogni specifici di assistenza e cura, dall’altro delle condizioni e del contesto ambientale in cui esse vivono. Una sfida che la Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus affronta, quotidianamente, da 58 anni attraverso il proprio modello psicoeducativo, che ha raccolto e continua a raccogliere prove di evidenza della sua efficacia.


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