Dal governo

Pnrr in Sanità, il rischio "cattedrali nel deserto" si sventa con risorse in più tra soldi e personale

di Ettore Jorio *

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24 Esclusivo per Sanità24

La presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni ha avuto un confronto con i sindacati, lo scorso 30 maggio, sul tema caldissimo della sanità, incentrato soprattutto sull’utilizzo dei fondi Pnrr. Più precisamente, sulle risorse previste a sostegno della Missione 6 per complessivi 15,63 miliardi di euro, corrispondenti a (soltanto) lo 0,8% del totale del Recovery Fund, distribuiti su entrambe le componenti in cui si articola la Missione medesima. La prima è sulle reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale. La seconda è intestata a innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale.
Sul piano argomentativo nulla quaestio, dal momento che l’elenco del previsto è esaustivo: presa in carico del paziente, case di comunità, assistenza domiciliare, Cot, telemedicina, ospedali di comunità e quindi rafforzamento dell’assistenza intermedia, con aggiunta dell’aggiornamento del patrimonio tecnologico e digitale nonché dei risultati della formazione e ricerca. Una sanità insomma da 110 e lode.
Il problema è che quanto programmato è ancora tutto sulla carta, neppure pergamena, così come reclamato dalla tanto vituperata Corte dei conti, cui sono affidati i controlli concomitanti sulla messa a terra del Pnrr, con le delibere nn. 9, 10 e 13 dell’apposito Collegio.
La realtà è che le risorse previste sono insufficienti. Davvero pochi i quattrini messi sul piatto.
Consapevole probabilmente di questo, ha fatto bene la Premier a sottolineare un no secco alle cattedrali nel deserto. Lo ha fatto conscia di sapere che con poco più di 15 miliardi si realizza di già ben poco del programmato. Da qui, a prevalere è l’incubo delle cattedrali nel deserto da evitare assolutamente, così come avvenuto da sempre specie nel Mezzogiorno.
Pochi quattrini, dunque, con delle idee normative non propriamente eccellenti per assicurare la realizzazione e la messa in funzione delle strutture di prossimità, peraltro assistite da linee guida non affatto sufficienti a sviluppare politiche regionali non influenzate dalla corsa al consenso elettorale e lungi dal garantire i livelli di assistenza reali ai diseredati. A fronte di tutto, necessita assolutamente rimediare, rivedendo il Pnrr nel senso di incrementare le risorse per la salute.
Altrimenti, sarà un compito pressoché impossibile edificare di tutto punto le strutture di comunità programmate, stante la ulteriore insufficienza determinata dalla crisi e dall’incremento dei costi energetici. Peraltro, con il pericolo che, come al solito, tanto per progettazione senza poi riuscire al completamento delle opere. Ma non è solo questo il vero problema bensì quello di non avere fatto ancora nulla per guadagnare la certezza di trovare dietro la porta delle Case e gli Ospedali di comunità i professionisti e le attrezzature occorrenti alla tutela della salute percepita, specie da parte di quella gente della periferia all’asciutto da secoli e, spesso, condannata sadicamente a guardare dalle finestre le cattedrali del deserto, per l’appunto, soggette al più nocivo degrado, peraltro con la loro risulta segnatamente inquinante.
L’occasione della revisione da perfezionare con l’UE entro il 31 agosto offre la via d’uscita per individuare le soluzioni, da processare subito e condividerle con la Commissione europea, sensibile alla tutela della salute e a curare le preoccupanti diseguaglianze erogative esistenti nel Paese. Sarà compito del Governo rendere disponibili le ingenti risorse a valere sui conti economici delle Regioni, con ricaduta diretta sulle aziende sanitarie, per assicurare alle strutture di prossimità quell’anima assistenziale che le distinguerebbe proprio dalla "cattedrali nel deserto".

* Università della Calabria


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