Dal governo

Farmacia dei servizi: una visione strategica che allunga la filiera sociosanitaria

di Ettore Jorio

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24 Esclusivo per Sanità24

Non è mai troppo tardi per accorgersi dell’essenzialità della farmacia, non solo come servizio concessionario della somministrazione del farmaco bensì come presidio strutturato del sistema della salute. Approvato in Consiglio dei Ministri del 26 marzo scorso il DDL, recante «Disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese», che ne esalta le capacità e ne promuove una nuova immagine.

Una storia antica di presenza ovunque

La sua indispensabilità sul territorio se l’è guadagnata con la presenza attiva, consolidatasi in quasi un secolo, in ogni comune sul territorio e in mezzo alle persone abbandonate da Dio e dagli uomini.

Ebbene sì a partire dall’epoca nella quale l’assistenza alla persona era garantita dalle condotte mediche e ostetriche e, per l’appunto, dalla farmacia con il suo speziale a fare da nocchiero, anche quando le condotte aggregavano più comuni. Sempre lì disponibile h 24 a rappresentare l’erogazione mutualistica, anche quando era pessimamente retribuita con ritardi che ne hanno spesso provocato il default, e a garantire le preparazione galeniche magistrali e i farmaci per l’emergenza (morfina cloridrata in primis).

Insomma, tutti hanno da sempre avuto la propria farmacia, con il suo professionista di fiducia, custode di ogni segreto dell’anamnesi familiare e pronto sempre a porgere una mano.

Una visione strategica che allunga la filiera dei servizi sociosanitari

Al di là di questa visione romantica, che tuttavia genera l’immagine dinamica della farmacia, si è finalmente capito che essa non può che ridiventare un presidio primario dell’assistenza di prima istanza nonché uno sportello open pronto ad erogare i servizi sociosanitari. Quelli che per essere fatti propri comportano disagi notevoli, principalmente nelle periferie.Oggi, finalmente, dopo tanti anni dibattuti alla ricerca di una assistenza territoriale ben strutturata - che ancora non c’è e chissà quando sarà tale, viste le disattenzioni riservate dalla Regioni alla programmazione delle case e degli ospedali di comunità che ancora non è dato sapere quando e dove saranno attivati – ecco un Ddl del Governo che riconoscerà alla farmacia un posizionamento organico nell’organizzazione medesima, caratterizzato dalla continuità e sistemicità.

L’Esecutivo in un solo articolo, il numero 23, liquida la partita (si veda qui articolo di Barbara Gobbi del 26 marzo scorso ). Fa della farmacia un sito assistenziale di prima istanza, ma attivo nel relativo processo di tutela della salute dell’individuo e non già limitato alla sola somministrazione del farmaco e dei dispositivi medici «necessari al trattamento dei pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale».

Un futuro più favorevole alle esigenze della persona

Così fa diventare il farmacista - in quanto professionista operante in una farmacia purché «opportunamente formati a seguito del superamento di specifico corso abilitante e di successivi aggiornamenti annuali, organizzati dall’Istituto superiore di sanità» - un erogatore privilegiato di pratiche vaccinali individuate dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale nei confronti dei soggetti di età non inferiore a dodici anni. Va ben oltre, attribuendo al medesimo una attività inerente alla diagnostica chimico clinica autorizzandolo a «l’effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo», a patto che le anzidette fasi del prelievo vengano effettuare «in aree, locali o strutture dotate di apprestamenti idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza». I detti locali possono essere anche esterni ma comunque rientranti nella circoscrizione territoriale della farmacia, in quanto tali preventivamente autorizzati anche in relazione alla loro componentistica fisica.

Una novità in assoluto è rappresentata dalla competenza e il ruolo assegnati alla farmacia di pronta ed efficace utilità per l’utenza tutta, peraltro determinante sul piano delle aspettative delle buone pratiche da estendere anche alla medicina di famiglia, con forte tendenza al miglioramento del servizio. Riguarda «l’effettuazione da parte del farmacista dei test diagnostici per il contrasto all’antibiotico-resistenza, a supporto del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta ai fini dell’appropriatezza prescrittiva». Un servizio pregevole e di tutela all’errato consumo degli antibiotici funzionale a mantenere la loro efficacia al bisogno reale. Un servizio precauzionale pronto a tradursi in collante assistenziale tra le due maggiori figure vicine al domicilio della persona da assistere.

Una attenzione al cittadino che ha portato il legislatore a regolare la possibilità per l’utenza di potere esercitare in farmacia la libera scelta del medico di medicina generale e i pediatri convenzionati con il SSN.

Un tale riconosciuto accrescimento delle competenze esercitabili nelle farmacie appartiene di certo all’effettuazione, a cura di un farmacista operante in essa e nei limiti fissati dalle relative competenze professionali, dei servizi di telemedicina in conformità del possesso dei requisiti funzionali e nel rispetto dei «livelli di servizio indicati nelle linee guida nazionali». Quanto agli obblighi inerenti, principalmente a quelli afferenti all’informazione utile a consentire all’utenza la gamma dei servizi offerti dalla farmacia, i titolari di farmacia hanno l’obbligo di apporre, «oltre alla croce verde identificativa della farmacia, un’insegna riportante la denominazione «Farmacia dei servizi» e forniscono idonea informazione sulla esatta identificazione dei soggetti titolari di farmacia che offrono i servizi».

Allo scopo di evitare che si generino catene “industriali” di offerta in tal senso, riferibili ad un unico centro di interessi economici, è consentito a più farmacie, ma di proprietà di soggetti differenti, l’utilizzo di medesimi locali separati dalle farmacie interessate, «previa stipula del contratto di rete di cui all’articolo 3, comma 4-quater, del decreto-legge 10 febbraio 2009 n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009 n. 33». La prevista autorizzazione ad un detto servizio comune è rilasciato in capo al rappresentante della rete.

Un DDL da promuovere, a condizione che non ci si fermi qui

Diventa innegabile condividere una simile opzione legislativa che porterà benefici enormi alla comunità nazionale, specie a quella dimorante nelle periferie, dal momento che la scelta favorisce l’erogazione dei servizi diffusa orizzontalmente.

Tuttavia viene a porsi al riguardo una legittima domanda. Quanto deciso dal legislatore, è da considerarsi un punto di arrivo ovvero di partenza, di una assistenza primaria segnatamente più integrata? Di certo, sarà più che indispensabile individuare un ruolo attivo nell’esercizio delle case di comunità, degli ospedali di comunità e dei COT. Altrimenti, la continuità assistenziale, che comprende la somministrazione del farmaco urgente e un attento esercizio della farmaco-vigilanza, andranno a farsi friggere. Ciò in quanto, con l’allargamento del servizio strutturale in quanto tale che andrà sempre di più a fare scomparire il rapporto intimo tra medico di famiglia/utente, il farmacista posto a presidio del territorio sarà l’unico professionista intimamente riconoscibile dall’utente, specie di quello anziano in incremento notevole.


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