Dal governo

Psichiatri italiani con il lutto al braccio in ricordo di Barbara Capovani uccisa un anno fa

di Emi Bondi*, Liliana Dell’Osso** e Guido Di Sciascio***

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24 Esclusivo per Sanità24

Domenica è l’anniversario dell’aggressione a Barbara Capovani, la psichiatra di Pisa uccisa da un ‘paziente’ all’esterno dell’ospedale dove lavorava. Aggredita il 21 aprile 2023 e morta il 23 aprile poco prima di mezzanotte. Per questo domani, sabato, gli psichiatri indosseranno la fascia nera di lutto al braccio. Un gesto, l’ultimo, di un anno passato a lavorare per cercare di fare in modo che episodi come questo non capitino più. Un anno in cui ci siamo resi conto come Società Italiana di Psichiatria che non sono bastate una fiaccolata con migliaia di psichiatri e operatori sanitari nelle più importanti piazze d’Italia per Barbara e contro la violenza agli operatori della sanità. Non sono bastate le lettere, le interviste e gli appelli alle Istituzioni e al Presidente della Repubblica in occasione della Giornata Nazionale della Salute mentale lo scorso 20 ottobre. Fino ad oggi nessuna risposta concreta. Una seconda lettera al Presidente Mattarella è stata inviata recentemente da 450 psichiatri. Anche qui, per ora, nessuna risposta. Per un tema, tra l’altro, che si allarga a tutto l’ambito medico: secondo l’Inail, ogni anno sono oltre 2 mila i casi di violenza in sanità. Seimila nel triennio 2020-2022, con un incremento del 14% sul triennio precedente consentendo un conto facile sul 2023: circa 2300 casi, di cui altrettanti più lievi e non denunciati ma non per questo meno importanti. Di tutti questi il 34% avviene in ambito psichiatrico con un 21 al pronto soccorso secondo i dati di Anaao-Assomed. La violenza quotidiana cui sono sottoposti operatori, infermieri, psicologi e medici psichiatri ormai è diventata impossibile da quantificare, visto che le denunce non danno alcun riscontro, salvo in casi drammatici come questo o in caso di ricovero.

Tra le problematiche aperte, ma non certo l’unica, l’abolizione della Circolare Lamorgese sul divieto di intervento delle forze dell’ordine negli ambiti di pronto soccorso e nei reparti, una decisione che ha deluso e lasciato soli i medici e i sanitari di fronte alle aggressioni e reso ulteriormente difficile la gestione dei pazienti violenti nei reparti di psichiatria. A fianco si trovano i problemi di gestione del pronto soccorso, dell’emergenza e delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), scambiate per ospedali psichiatrici giudiziari, come se la legge 81, che ne ha decretato la chiusura, non fosse mai esistita. Insomma, il ruolo che si sta tornando a dare alla psichiatria di gestore dell’aggressività, fa sì che sempre più spesso i sanitari siano chiamati ad occuparsi di tutta la devianza sociale, senza discriminazione fra chi è veramente un malato psichico che ha bisogno di cure rispetto a chi e solo un violento. In sostanza una Legge piena di buone intenzioni ma applicata poco e male, e peggio gestita nonostante l’impegno del personale medico e infermieristico.

A fare da denominatore comune l’attribuzione allo psichiatra del ruolo di ‘carceriere’ con compito di controllo ‘sociale’ del paziente. Tutto ciò che Basaglia, nella sua lucida lungimiranza, aveva fatto in modo di cancellare per sempre con la sua Legge. Certo oggi la società è cambiata, enormemente, le patologie psichiche sono cresciute di numero, poiché vengono diagnosticate con più precisione e più precocemente. Le cure sono state rivoluzionate, eppure le risorse sono rimaste ferme, almeno rispetto ai bisogni di salute mentale di questa nuova società. E così si chiudono i servizi territoriali e ospedalieri per la salute mentale, si contraggono i posti letto nei reparti sempre pieni, con il risultato di una fuga sempre più marcata dal servizio pubblico, che non riesce più a trovare il personale, soprattutto medici e infermieri necessario a mantenere i servizi in grado di rispondere alle esigenze dei pazienti.

*Presidente SIP
** Presidente eletto SIP
***Segretario nazionale SIP


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