Quegli avanzi di manicomio

di Silvia Jop *


Lo spazio era difficilmente accessibile: il tetto delle cellette disposte a raggiera rispetto al punto d'osservazione centrale adibito al controllo, era pericolante; le piante rampicanti e il muschio crescevano sulle pareti - ancora graffiate dalle unghie delle persone che vi erano state rinchiuse all'interno - impedendo alla luce di entrare libera tra le inferriate incastrate tra i perimetri delle finestre. Si trattava del Conolly: uno degli unici esempi architettonici di panopticon di tutta Europa, reparto agitati dell'ex Manicomio di Siena.
Nel corso del 2010 la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'ateneo senese, assieme a quella di Ingegneria, è stata trasferita all'interno del S.Niccolò, ex ospedale psichiatrico della città. La maggior parte delle strutture è stata completamente riqualificata ma a fianco al corpo centrale del comprensorio è sopravvissuto, in condizioni di totale abbandono, quel padiglione dai connotati feroci.

La necessità di indagare la memoria rimossa e intrappolata tra quegli spazi dimenticati assieme a quella di effettuare un'analisi del percorso che inversamente ha portato alla possibilità di ristrutturare altri padiglioni rendendoli oggi spazi di formazione, si è tradotta, nel febbraio 2011, in sPazzi: un festival multidisciplinare, organizzato da un gruppo di antropologhe e antropologi di scuola senese, dedicato alla memoria del manicomio e alle possibili riqualificazioni delle sue architetture. Per tre giorni la città di Siena ha avuto la possibilità di riflettere sul rapporto che intercorre tra la storia del manicomio e della sua distruzione, la gestione dei servizi di salute mentale e la possibilità di sviluppare una riqualificazione dei suoi spazi alla luce di una cultura che si fondi sulla pratica dei diritti di cittadinanza.

Nel marzo del 2013, a due anni di distanza, il padiglione Conolly - bloccato in un'eterna compravendita tra le istituzioni locali, che rende impossibile l'avvio delle pratiche di messa in sicurezza e tutela dell'immobile - versa sempre nelle stesse condizioni.
Il gruppo di studio che gli si era interessato invece, ormai composto da lavoratrici e lavoratori precari della conoscenza, sta proseguendo il proprio lavoro sia sul piano teorico che su quello pratico: dalla creazione di uno spazio di approfondimenti tematici dedicati al rapporto tra scienze sociali e realtà della salute mentale, alla definizione di un progetto sulla riqualificazione degli ex manicomi lungo tutta la penisola.

Costituitesi in rete sPazzi, le persone che hanno lavorato a Siena alla realizzazione delle tre giornate sviluppate attorno agli avanzi del Conolly, gestiscono oggi Reparto Agitati : un focus dedicato al tema della salute mentale, ospitato dal blog lavoroculturale.org. In continuità con la linea editoriale della redazione, caratterizzata da un utilizzo delle scienze umane come strumento di ascolto, lettura, comprensione e analisi del reale, Reparto Agitati si impegna a raccogliere periodici contributi di utenti dei servizi psichiatrici, reti dei familiari, esperienze di rifunzionalizzazione delle aree ex manicomiali e contributi di operatori che oggi lavorano dentro ai servizi. L'intento è quello di creare uno spazio di incontro, attraverso l'utilizzo del web e dei social-network, tra le realtà che in Italia si occupano di salute mentale e altre fasce della popolazione che, mosse da interessi o bisogni differenti, solitamente vi entrano difficilmente in contatto.
Le scienze umane in questo caso svelano il loro valore "strumentale": possono infatti restituire a questioni apparentemente parziali il loro rapporto diretto con l'organica eterogeneità della realtà.
Al contempo, sul fronte pratico della realizzazione di tale approccio, si sta sviluppando un progetto che si impegna a far emergere il filo che lega l'oblio di un luogo di negazione come i padiglioni di un ex manicomio, alla mancata elaborazione di un'eredità pesante costituita dalle tracce delle vite che lo hanno abitato.

Il percorso di tale progetto consisterà da un lato in una ricognizione dei materiali già prodotti sullo stato di vita e morte dei padiglioni degli ex-manicomi, la loro messa in relazione e il loro aggiornamento; dall'altro invece nel creare dei momenti di confronto con le realtà che, lungo la penisola, possono essere interessate ad avviare una riflessione partecipata sulle architetture della cittadinanza a partire dalla possibilità di una riqualificazione consapevole di questi spazi.

L'insieme delle stanze oggi abbandonate, in cui un tempo le persone anziché venir curate, venivano violate e intrappolate, è oggi il contenitore simbolico di una cultura - quella della contenzione - che è sopravvissuta a se stessa. Il manicomio continua a vivere nella retorica che spinge molte volte le prassi psichiatriche a occuparsi di protezione - e quindi contenzione nei suoi vari gradi e varie declinazioni - anziché di relazione, cura e salute.

La prospettiva di rete sPazzi, assieme a un quotidiano sostegno alla campagna Stop Opg, è quella di effettuare un lavoro, meno visibile ma altrettanto urgente, che si faccia carico della necessità di decostruire la cultura in cui quella stessa istituzione totale affonda le proprie radici. La lettura dello stato di abbandono dei padiglioni, un tempo organi del corpo manicomio, può aiutare proprio a fare questo, consentendo di mettere a fuoco l'architettura del paradigma che fa dell'esclusione e della reificazione i propri capisaldi.

L'Italia di oggi è costellata da padiglioni dismessi e abbandonati che, una volta liberati della storia che li ha intrappolati, potrebbero diventare fucine di nuove forme di cittadinanza attiva.
Perché questo accada nel migliore dei modi, è necessario che le comunità componenti la società civile, dentro e fuori il mondo della salute mentale, si assumano collettivamente la responsabilità di una relazione basata sull'accettazione delle differenze e non sulla loro rimozione.
Il progetto di rete sPazzi verrà presentato su lavoroculturale.org entro la fine di giugno.

* Redattrice de "il lavoro culturale"
Referente per il gruppo "rete sPazzi"
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Progetto fotografico persistenze - di Giacomo Doni

(Questo contributo è stato pubblicato sul Sole-24 Ore Sanità n. 13 del 9-15 aprile 2013)