Piani di rientro: da Action Institute una proposta per farli (finalmente) funzionare

di Barbara Gobbi

I piani di rientro, così come sono stati impostati e gestiti fin dall'inizio, non funzionano. Il dato è sotto gli occhi di tutti: le Regioni interessate non riescono a essere adempienti sui Lea: su dieci realtà entrate in piano di rientro (pdr) otto non ne sono mai uscite, mentre cinque sono "nel guado" da oltre sei anni. Il processo di ristrutturazione industriale che avrebbe dovuto ridurre i costi diretti di produzione e riorganizzare i servizi langue. Da questi presupposti partono gli esperti del think thank "Action Institute" nel policy brief "Breaking the Vicious Cycle", l'indagine in cui presentano «un insieme organico di proposte per migliorare i piani di rientro».
«La convinzione - si legge nel brief - è che nelle condizioni attuali le ridotte risorse a disposizione si traducano in minori prestazioni senza aumento di appropriatezza con effetti perversi sui risultati di salute, la cui forbice tra Regioni in piano di rientro e le altre mostra negli ultimi anni un ampliamento». Colpa di una serie di elementi: una struttura centrata su misure di immediata applicazione e non su chiari obiettivi di performance e di sistema; una limitata responsabilizzazione del management e limitate capacità manageriali; infine, oneri straordinari che «appesantiscono la situazione corrente attraverso interessi di mora derivanti dalle posizioni finanziarie pregresse».
Da qui la proposta di Action Institute di "rompere il circolo vizioso" con una strategia alternativa che rientra nel quadro di riforme illustrato nel paper "Healthcare Roadmap 2030" (www.actioninstitute.org).

Una proposta in quattro mosse. Sul fronte della revisione della struttura, occorre agire in due direzioni: fissare chiaramente il livello di performance attesa, introducendo sistemi di verifica e controllo dei risultati di appropriatezza, efficacia, qualità ed efficienza; lavorare sulle determinanti della spesa dal lato dell'offerta e della domanda, valutandone costantemente l'impatto sulla performance di sistema e garantendo la sostenibilità economico-finanziaria anche nel medio-lungo periodo.
La performance del Ssr, intanto: la strategia giusta secondo gli esperti è articolarla in termini di risultati di salute, soddisfazione dei pazienti, protezione finanziaria - con il disinnesco delle tendenze che favoriscono l'"out of pocket" da parte delle famiglie - e contributo alla competitività del Paese (limitando l'exploit di Irap e Irpef). Sul fronte delle determinanti di spesa, occorre invece puntare alla «massimizzazione del valore (risultati in relazione a risorse allocate), a partire dai percorsi delle principali cronicità che pesano per il 70% della spesa».
Quanto alla governance del piano di rientro, Action Institute è per un "giro di vite" sia sulle modalità di entrata in pdr, sia sulle conseguenze dell'entrata in pdr o in commissariamento, sia sulla gestione della fase emergenziale. Tra i punti, la considerazione della performance complessiva del Ssr nella valutazione di entrata in Pdr; la totale autonomia e indipendenza degli advisor; la decadenza automatica - all'entrata in commissariamento - e la non candidabilità a cariche politiche per 10 anni del governatore che sia in carica da almeno 24 mesi, insieme a Dg, direttori sanitari e responsabili degli organi di controllo; la previsione di un sentiero vincolante di abbassamento delle aliquote massime previste di Irap e Irpef dopo i primi 24 mesi in Pdr/commissariamento.
Nel contesto del rafforzamento delle capacità manageriali, la proposta nuova è di inserire con adeguato supporto centrale risorse che non abbiano avuto incarico nella Regione in pdr per almeno due anni e che, nell'eventuale periodo di permanenza con incarichi dirigenziali all'interno della Regione, questa non fosse in pdr.
Doppio il piatto forte della proposta sulla revisione della gestione finanziaria: istituzione - dal momento dell'entrata in pdr - di una "bad bank" che includa i crediti scaduti dei fornitori e avvio di un piano di ristrutturazione per tali debiti. Entrambi affidati a una task force ad hoc presso il ministero dell'Economia e Finanze. La bad bank, con l'obiettivo di gestire e cristallizzare il debito pregresso, «includerebbe sia i crediti sanitari inclusi nei piani di risanamento del debito sanitario pregresso sia quelli pregressi successivi all'entrata della Regione in Pdr». Alla bad bank spetterebbe infine di lanciare un programma coordinato con le associazioni di categoria e di proporre una serie di accordi transattivi che prevedano la rinuncia dei fornitori agli interessi di mora, in cambio di un credito ristrutturato «che non sia solo nominalmente certo ma anche liquido ed esigibile».