Dibattiti-e-Idee

«Ripartiamo dal genere per uscire da una sanità malata»

di Annarita Frullini (Coordinatrice Osservatorio Fnomceo della professione medica-odontoiatrica femminile

Mi piacerebbe che la stampa spalmasse nel corso di tanti giorni l'attenzione che dedica alle donne in alcuni date codificate. Lascio sullo sfondo sia la delusione per i mancati emendamenti alla nuova legge elettorale sulla rappresentanza di genere, sia il racconto del lavoro svolto, con tante colleghe, come Osservatorio Fnomceo della professione femminile .
Vorrei semplicemente parlare di progetti e sogni. In aprile a Reggio Emilia, in linea con le iniziative che il Parlamento Europeo ha proposto per l'otto marzo, come Federazione realizzeremo un incontro nazionale sulla semeiotica della violenza, per meglio individuare potenziali situazioni di violenza domestica e interagire con altre professionalità, istituzioni, associazioni.
Vorremmo anche creare una banca dati di competenze e capacità trasversali, dando per acquisito il sapere specialistico. Iniziativa già sperimentata in altri settori, nuova nel mondo medico. Nell'esercizio della nostra professione, si è passati dallo sperimentare un insieme di orgoglio/piacere/disagio nell'essere medici a un sentire ignorati bisogni legittimi. Il prezzo maggiore è pagato da medici donne, giovani e meno giovani. Proviamo a chiederci quanto le donne medico, utilizzando competenze acquisite in lunghi percorsi di studi, riescano a realizzare il proprio progetto di vita. Quanto i loro progetti, proposte, bisogni, siano stati schiacciati da precarietà, sovraccarichi di lavoro, eccessiva burocrazia e responsabilità. Quanto questa società impedisca, in una categoria considerata fino a pochi anni fa privilegiata, il bisogno di realizzazione e di crescita personale. Quando in un paese non è più possibile scegliere se avere o non avere figli, siamo preda di decisioni dicotomiche obbligate e penalizzanti, che creano crescente disagio verso la qualità della vita e tolgono il diritto al futuro.
Certo sono riflessioni comuni a tutte le donne, soprattutto a quelle che tanto hanno investito nella realizzazione professionale. Ma in questo caso, riuscire a coltivare al meglio se stesse, sviluppando interessi personali e professionali, è condizione necessaria per essere valido aiuto, per curare e prendersi cura di quanti, nello spazio nella relazione terapeutica, portano sofferenza e malattia come discontinuità della vita.
Sappiamo di vivere in un periodo senza certezze, con trasformazioni continue, spesso silenziose a volte dirompenti. Non limitiamoci a ripetere analisi note. Costruiamo con determinazione e continuità modelli che consentano di tenere insieme bisogni, solo apparentemente opposti e inconciliabili. Andiamo oltre il baratro di sfiducia e rassegnazione; modifichiamo quelli schemi che finora non hanno prodotto il cambiamento auspicato mettendo in campo nuove regole e nuove opportunità.
Vorrei che ci autorizzassimo un sentire femminile, consapevoli del valore della diversità, riconoscendoci la possibilità di avere dei sogni per rigenerare noi stesse e realizzare innovazione nelle barriere organizzative.
È necessario lavorare verso un'evoluzione complessiva della società, abbandonando sguardi settoriali.
Vorrei in questo otto marzo lanciare una sfida: impegniamoci a trovare sponsor e raccogliere fondi per realizzare un confronto di più giorni, con agio di tempi pensieri e sollecitazioni, dove sviluppare insieme, operatori e fruitori, qualificate politiche sanitarie fondate sul genere, usando con consapevolezza pratiche, saperi, conoscenza e nuovi paradigmi per uscire da una sanità malata.
Attivando quella competenza narrativa che bene si sviluppa nella complessità della medicina creeremo rimandi fra storie di pazienti e medici. E segnaleremo, così, dall'interno, quegli aspetti che limitano funzionalità ed efficacia.