Europa e mondo

Hta per i farmaci in Europa: così utile e indispensabile?

di Livio Garattini *, Bruno Finazzi *, Alessandro Nobili *

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24 Esclusivo per Sanità24

Da almeno due decenni l’Hta (Health Technology Assessment) è considerato un po’ in tutto il mondo l’approccio più completo e flessibile per supportare le decisioni di politica sanitaria riferite a specifiche tecnologie. Molte società scientifiche sono state fondate in tutto il mondo e nell’ultimo decennio sono circa un migliaio le pubblicazioni che includono il termine Hta nel titolo. Dopo le primissime definizioni americane di Hta alla fine degli anni ‘70, ne sono seguite molte altre (una anche dell’Oms) e recentemente è stato addirittura proposto un consulto aperto a tutti gli esperti di Hta per condividere un’unica definizione globalmente riconosciuta. In base a questa proposta una tecnologia sottoposta a Hta può essere un medicinale, un test, un dispositivo, una procedura o addirittura un programma/sistema e la valutazione di Hta deve essere multidisciplinare, includendo gli aspetti clinici, economici, sociali, etici e legali. I risultati attesi dalle analisi di Hta sono raccomandazioni per supportare decisioni di politica sanitaria basate sulle evidenze disponibili. Qui di seguito viene esposta una sintesi dell’esperienza dell’Hta nella Ue nel corso dei due ultimi decenni, a cui seguono delle riflessioni finali per una possibile strategia futura in materia di registrazione e rimborsabilità dei farmaci nella Ue.
• Il primo atto per il coordinamento dell’Hta in Europa è stato il progetto EUR-ASSESS, finanziato dalla Commissione Europea verso la metà degli anni '90, seguito poi da altri due progetti (sempre finanziati dalla CE), che hanno condotto nel 2006 alla costituzione di EUnetHTA; supportato finanziariamente dalla CE fin dall’inizio, questo network di organizzazioni europee ha avuto come obiettivo quello di sviluppare l’Hta come strumento decisionale nella UE.
• Nel 2016 la CE ha pubblicato uno stato dell’arte dell’Hta in Europa, in cui è stata riconosciuta la validità del Core Model messo a punto da EUnetHTA per effettuare analisi di Hta. Il modello include nove "domini-chiave" per valutare una tecnologia, che possono essere suddivisi in due gruppi: i) ‘tecnici’ (aspetti tecnici, di sicurezza ed efficacia clinica), ii) ‘altri’ (aspetti economici, etici, organizzativi, sociali e legali). In base a questo modello, studi di ‘Hta rapido’ possono essere finalizzati in sei mesi, mentre studi di ‘mini HTA’ possono fornire informazioni utili al processo decisionale addirittura in poche settimane limitatamente a un mix di quattro domini (tecnici, sociali, organizzativi e economici).
• Nel 2017 il Parlamento Europeo ha dato mandato alla CE di predisporre una regolamentazione Hta in Europa per valutare il valore terapeutico di nuove tecnologie, in particolare i farmaci, raccomandando che le future normative UE siano limitate alle valutazioni cliniche. Di conseguenza, nel 2018 la CE ha formulato la proposta di regolamentazione Hta, supportando l’ipotesi di una singola valutazione europea per l’efficacia dei farmaci (e alcuni tipi di dispositivi medici) effettuata da un gruppo di coordinamento degli stati membri, ma lasciando al contempo le decisioni in materia di prezzi e rimborsabilità alle singole nazioni. In pratica, l’analisi del primo gruppo di variabili tecnico-scientifiche e cliniche verrebbe affidata a una nuova agenzia europea, mentre i singoli stati membri rimarrebbero responsabili del secondo gruppo di variabili dell’Hta più specificamente locali.
L’Hta può essere metaforicamente equiparato a un ‘crogiolo’ di discipline varie, i cui attori principali sono epidemiologi, medici, farmacisti e economisti sanitari che collaborano per valutare le singole tecnologie a supporto degli organi decisori di politica sanitaria. L’approccio multidisciplinare è stato probabilmente il vero fattore critico di successo dell’Hta, a prescindere dal contributo reale fornito dalle singole discipline teoricamente incluse. Ad esempio, i contributi decisionali sugli aspetti etici sono sempre stati di fatto irrilevanti, con riflessioni teoriche di gran lunga prevalenti su quelle pratiche. La spiegazione più plausibile di tale discrasia è la problematicità (per non dire impossibilità) di valutare empiricamente le conseguenze etiche di ogni singola tecnologia, essendo l’etica una disciplina che sottende per definizione problematiche filosofiche di carattere generale. Sebbene assai meno dibattuti in letteratura, a grandi linee lo stesso ragionamento vale per gli aspetti legali, con la raccomandazione di non sottoporre a Hta i farmaci prossimi alla scadenza brevettuale come esempio tipico di indicazione concreta assai banale. In pratica, i risultati principali delle analisi Hta in Europa (e non solo) sono quasi sempre riconducibili a analisi di efficacia relativa (Relative Effectiveness Analysis, Rea) e costo-efficacia (Cost-Effectiveness Analysis, Cea).
•Le Rea dovrebbero confrontare i benefici e gli effetti collaterali delle nuove terapie con uno o più trattamenti già disponibili attraverso l’analisi del primo gruppo di domini del Core Model, al fine di valutare il loro valore terapeutico aggiunto. Dal momento che gli studi clinici randomizzati (Randomized Clinical Trial, Rct) sono unanimemente considerati lo standard di riferimento per valutare l’efficacia sia in condizioni ideali che nella pratica clinica, gli Rct sono tuttora indicati come fonte ideale delle Rea. Tuttavia, Rct rigorosi disegnati su solidi parametri clinici (ad esempio la sopravvivenza complessiva) sono molto costosi e a volte difficili da monitorare; in assenza di Rct che confrontano le nuove terapie con le alternative rilevanti, vengono sempre più frequentemente utilizzati studi assai più deboli dal punto di vista scientifico, con ampio ricorso al placebo e a endpoint surrogati. Nonostante i ben noti limiti dei dati disponibili sui database amministrativi e sanitari, vi è attualmente una crescente tendenza a far ricorso ai ‘big data’ per condurre studi (alternativi ai Rct) rapidi e a basso costo. Inoltre, quando i dati preliminari suggeriscono un effetto clinico positivo, vengono spesso sollevati arbitrariamente problemi etici a sfavore dei Rct head-to-head, soprattutto per i farmaci per malattie rare o per malattie potenzialmente letali come le neoplasie. Resta comunque il fatto che generare dimostrazioni solide in base a studi osservazionali (non controllati) o a braccio singolo rimane un esercizio discutibile e queste analisi possono essere sfruttate tutt’al più per confermare o rafforzare (ma non sostituire) i risultati dei Rct.
•Diversamente dalle Rea, basate su risultati clinici che dovrebbero essere teoricamente estrapolabili a molteplici realtà geografiche, il valore aggiunto principale delle Cea è la stima dei costi, che sono fortemente influenzati da variabili locali quali i percorsi diagnostico-terapeutici e le tipologie di sistemi sanitari. I risultati delle Cea sono quindi difficilmente estendibili da una nazione all’altra, motivo per cui le linee-guida della CE non raccomandano Cea europee e delegano queste analisi ai singoli stati. Le Cea, che in pratica aggiungono gli aspetti economici a quelli clinici delle Rea, sono una disciplina storicamente recente in sanità e il consenso sulle loro metodologie è tuttora piuttosto scarso. Ad esempio, i costi unitari, una delle due variabili (l’altra sono le risorse consumate) necessarie per calcolare qualsiasi voce di costo, sono spesso soltanto un’approssimazione grossolana dei costi sanitari reali, elemento fondante di qualsiasi Cea. Ciò accade soprattutto per i servizi ospedalieri, la componente di gran lunga più rilevante della spesa sanitaria totale, qualora i costi unitari vengano ricavati dai tariffari come spesso accade nelle Cea europee. Rimanendo in Italia, i valori delle tariffe Drg sono stati originariamente ricavati da un campione molto limitato di strutture ospedaliere e successivamente assai raramente aggiornati. In generale, qualsiasi stima di costo è comunque molto discrezionale e può dar luogo a risultati assai diversi in funzione del metodo utilizzato per monetizzarli.
Dopo quasi trent’anni dal riconoscimento formale dell’Hta nella UE, la sua applicazione stenta ancora a decollare e il risultato più incoraggiante di tutti questi sforzi sembra essere tuttora lo stimolo alla collaborazione fra esperti di diverse nazioni e discipline, coinvolti in progetti finanziati in tutta Europa. Tuttavia, a prescindere dal fatto che l’Hta fosse originariamente considerato una tipologia di ricerca di politica sanitaria piuttosto che una tecnica in grado di sintetizzare le informazioni esistenti a fini decisionali, l’Hta è stato comunque proposto alla UE nella seconda versione, cioè come strumento ideale per la presa di decisioni in materia di politica sanitaria. D’altronde, se l’Hta non avesse sollevato forti aspettative a livello decisionale, difficilmente avrebbe giustificato gli ingenti investimenti fin qui effettuati dalla UE. E anche dispiacersi del fatto che il paradigma dominante sia divenuta la Cea al posto della Rea, per quanto concettualmente condivisibile, appare un ulteriore argomento per prolungare la ‘storia infinita’ dell’Hta fra esperti del settore.
Limitandoci ai farmaci, il problema cruciale da affrontare in Europa è quello del ruolo attualmente svolto dall’Agenzia Europea dei Farmaci (Ema). Tale ruolo è stato circoscritto fin dall’inizio alle valutazioni rischio-beneficio di efficacia e sicurezza assoluta, senza includere la valutazione del valore terapeutico aggiunto dei nuovi farmaci, che rimane interamente devoluta alle autorità regolatorie nazionali di ogni stato membro della UE. Questo limite è stato ulteriormente ingigantito dalla recente tendenza di Ema ad autorizzare rapidamente i nuovi farmaci tramite l’‘adaptive licensing’. La strategia sottostante è alimentata dal (popolare) "credo" che i nuovi farmaci debbano essere resi disponibili ai pazienti nel minor tempo possibile, dando quasi per scontato un valore terapeutico incrementale a ciascuno di essi. L’esempio più emblematico è quello dei nuovi farmaci antitumorali, i cui benefici aggiunti sono molto variabili e spesso fondati su deboli endpoint surrogati. In pratica, una volta valutate preliminarmente l’efficacia e la sicurezza assoluta, le REA sono interamente devolute alle autorità nazionali e conducono a decisioni spesso difformi fra stati, principalmente dovute a un livello elevato di incertezza clinica. Le REA condotte in parallelo sullo stesso farmaco da parte delle agenzie nazionali sono tuttora prassi diffusa, dando luogo a duplicazioni di lavoro e spreco di risorse a livello europeo. Sic rebus stantibus l’attuale frammentazione persisterà, forse anche ulteriormente rafforzata dal timore degli stati membri di perdere la propria sovranità in materia.
Alla luce dell’analisi svolta, la vera priorità da affrontare nella politica del farmaco in Europa è a nostro avviso la valutazione del valore terapeutico aggiunto dei nuovi farmaci, compito ulteriormente traslato in fase post-marketing da Ema con la strategia attuale di fast tracking. Ema appare sempre più un’agenzia che agisce come una sorta di (costoso) segretariato specialistico di alto livello, caratterizzata da un numero consistente di professionisti di rilievo, a cui però non fa da contraltare una riduzione dei carichi di lavoro nelle varie autorità nazionali; una situazione assai discutibile e difficile da sostenere per gli stati membri in prospettiva. Diversamente da quanto raccomandato dalla CE, non siamo affatto convinti che una nuova agenzia europea di Hta sia la giusta soluzione alla luce dell’esperienza di Ema, ma piuttosto un ulteriore probabile doppione di quest’ultima. Una strategia molto più di buon senso sarebbe quella di modificare radicalmente i compiti di Ema, aggiungendo le Rea a quelli (insufficienti) attuali. In questa logica, sarebbe quanto mai raccomandabile che Ema tornasse a richiedere alle aziende di condurre RCT per la registrazione dei nuovi farmaci, per il semplice motivo che non esistono alternative ai RCT credibili, rapide e a basso costo per valutarne il valore terapeutico aggiunto. Ciò dovrebbe generare anche notevoli risparmi a livello nazionale, sia per le autorità regolatorie che per le aziende farmaceutiche. Quanto ai pazienti, è lecito domandarsi perché mai dovrebbe essere considerato meno etico partecipare a RCT head-to-head piuttosto che a studi clinici di non inferiorità mirati a ottenere la registrazione di nuovi farmaci attraverso confronti con placebo qualora già esistano delle alternative terapeutiche.
Concludendo, siamo convinti che questo cambiamento radicale di ruolo e strategia da parte di Ema sia necessario per colmare il gap di evidenza clinica esistente fra registrazione e rimborsabilità dei farmaci in tutte le nazioni europee, così contribuendo concretamente a una politica del farmaco veramente comune nella Ue, ponendo fine di converso allo spreco di risorse in materia di Hta a livello regolatorio.* Istituto Mario Negri Irccs


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