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Farmindustria: la revisione della legislazione è una disfatta europea su innovazione, salute e competitività
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“Nonostante la netta presa di posizione del Governo italiano e l’impegno di molti gruppi parlamentari, il voto del Parlamento europeo sulla revisione della legislazione farmaceutica Ue è da considerare negativo. Sia per l’accesso dei cittadini ai farmaci e all’innovazione continua nelle terapie. Sia per la competitività, già minata da tempo, dell’industria in Europa rispetto ai suoi grandi competitor internazionali: Stati Uniti, Cina, Giappone, India e più recentemente Paesi Arabi”. Lo afferma il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani, parlato di “una giornata nera per la salute dei pazienti e per il patrimonio industriale delle Life Sciences”.
“Dopo questo primo passaggio - aggiunge - ci auguriamo che, con il rinnovo del Parlamento europeo di giugno, si possa correggere la linea tutelando innanzitutto la proprietà intellettuale che incredibilmente viene ridotta in Europa, mentre in altre grandi nazioni è ampliata”. Insomma, per Cattani “è necessario un veloce cambiamento culturale che riporti l’innovazione e l’industria al centro, evitando gli estremismi ideologici”.
Il pacchetto legislativo adottato dal Parlamento europeo è relativo ai medicinali per uso umano e include una direttiva (approvata con 495 voti favorevoli, 57 contrari e 45 astensioni) e un regolamento (488 voti favorevoli, 67 contrari e 34 astensioni). Da qui partirà la prossima legislatura per avviare il negoziato con gli Stati membri al Consiglio Ue.
I deputati vogliono introdurre un periodo normativo minimo di protezione dei brevetti (durante il quale altre imprese non possono accedere ai dati dei medicinali) di sette anni e mezzo, oltre a due anni di protezione del mercato (durante i quali prodotti generici, ibridi o biosimilari non possono essere venduti), calcolati dal momento dell’autorizzazione all’immissione in commercio.
Le aziende farmaceutiche potrebbero beneficiare di ulteriori periodi di protezione dei dati se il loro particolare prodotto risponde a un’esigenza medica non soddisfatta (+ 12 mesi), se sono in corso sperimentazioni cliniche comparative sul prodotto (+ 6 mesi) e se una quota significativa della ricerca e dello sviluppo del prodotto si svolge nell’Ue e almeno in parte in collaborazione con gli enti di ricerca dell’Ue (+ 6 mesi). I deputati chiedono inoltre un massimale per il periodo combinato di protezione di otto anni e mezzo.
Una proroga una tantum (+ 12 mesi) del periodo di protezione del mercato di due anni potrebbe essere concessa se l’impresa dovesse ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio per un’ulteriore indicazione terapeutica che fornisce benefici clinici significativi rispetto alle terapie esistenti. I farmaci orfani (medicinali sviluppati per trattare le malattie rare) potrebbero beneficiare di un massimo di 11 anni di esclusività di mercato se dovessero rispondere a un “elevato bisogno medico non soddisfatto”.
Per stimolare la ricerca e lo sviluppo di nuovi antimicrobici, i deputati vogliono introdurre premi per l’ingresso nel mercato e premi per il raggiungimento di tappe di sviluppo intermedie, come ad esempio un sostegno finanziario in fase iniziale nel caso siano stati raggiunti determinati obiettivi di R&D (Ricerca e Sviluppo) prima dell’approvazione di immissione nel mercato. Questi saranno integrati da modello di sottoscrizione, mediante accordi volontari, di appalti congiunti per incoraggiare gli investimenti in antimicrobici.
Il Parlamento sostiene anche l’introduzione di un “buono di esclusiva dati, trasferibile” per gli antimicrobici prioritari, che preveda un massimo di 12 mesi aggiuntivi di protezione dei dati per un prodotto autorizzato. Il “buono” non potrebbe essere utilizzato per un prodotto che ha già beneficiato della massima protezione dei dati normativi e sarebbe trasferibile una sola volta a un altro titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio.
Per Nathalie Moll, direttrice generale dell’associazione delle aziende farmaceutiche europee (Efpia) “è difficile capire come ridurre gli incentivi alla ricerca, allo sviluppo e alla produzione di nuovi farmaci e vaccini possa essere nel migliore interesse dell’Europa o dei pazienti europei, in particolare in un momento in cui l’Europa riconosce che deve aumentare la competitività per competere per gli investimenti globali con nazioni ambiziose come gli Stati Uniti e la Cina”. Secondo Moll, la riforma ha diverse note positive e contribuisce a “sviluppare un quadro normativo a prova di futuro”, in particolare nel campo della resistenza antimicrobica, dei farmaci orfani, nella riduzione dei tempi di approvazione per i farmaci innovativi. Restano, però, criticità: la riduzione della “protezione normativa dei dati di sei mesi” per le aziende è ciò che più pesa. Preoccupano anche le misure di tipo ambientale che “rafforzano la possibilità di revocare o rifiutare un’autorizzazione all’immissione in commercio sulla base di preoccupazioni ambientali”, aggiunge Moll. Margini di miglioramento anche nella valorizzazione dei vaccini e nella gestione della carenza di medicinali in Ue. “La sfida ora - conclude la direttrice generale Efpia - è che i responsabili politici allineino il prossimo step della legislazione farmaceutica con le ricorrenti richieste dei leader europei per rafforzare la competitività europea e costruire un futuro industriale resiliente. In quanto industria che contribuisce più di qualsiasi altro settore alla bilancia commerciale dell’Ue crediamo che la salute e le scienze della vita debbano essere al centro della costruzione di questo futuro”.
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