Imprese e mercato

Federfarma: dalla Corte Ue l'ennesima conferma, i farmaci con ricetta devono rimanere in farmacia

di Filodiretto-Federfarma

«La sentenza depositata ieri dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea è in linea con una lunga serie di sentenze - europee e nazionali - che confermano che la normativa italiana che limita alla farmacia la distribuzione dei farmaci con obbligo di ricetta non solo è conforme al diritto comunitario, ma risponde pienamente alla necessità di tutelare la salute dei cittadini.
La scelta operata dal legislatore italiano, infatti, è coerente con il principio della programmazione, in base al quale le farmacie devono essere ripartite sul territorio in modo equilibrato per agevolare l'accesso al farmaco anche nelle zone disagiate e nei piccoli comuni. E questo dimostra che tale scelta è finalizzata ad assicurare il diritto alla tutela della salute dei cittadini, più importante del rispetto della tutela della concorrenza e del mercato». Lo afferma Annarosa Racca, presidente di Federfarma, commentando la sentenza della Corte che ha dichiarato irricevibile il ricorso del Tar Catania, anche in quanto privo di adeguate motivazioni.

«Questa ennesima sentenza sull'argomento conferma che la normativa italiana è orientata alla difesa della salute del singolo e della collettività e che qualsiasi intervento di deregolamentazione finirebbe per ridurre le garanzie per i cittadini» continua Racca, auspicando che il Parlamento voglia tenere conto di una giurisprudenza europea e italiana ormai consolidata, secondo la quale la ricetta in farmacia è un importante elemento di tutela per il cittadino.

I contenuti della sentenza
Sono «irricevibili» le questioni poste dal Tar Sicilia nella domanda di pronuncia pregiudiziale sulla compatibilità dei Trattati europei con le norme nazionali che vietano la vendita dei farmaci con ricetta al di fuori della farmacia. E' quanto recita la sentenza emanata dalla Corte di giustizia Ue sull'ultima delle cause aperte quattro anni fa dai titolari di parafarmacia per avere la fascia C.

Il procedimento è quello aperto nel 2011 a Catania da Davide Gullotta, oggi presidente della Fnpi (Federazione nazionale parafarmacie italiane) e propritario di diverse parafarmacie. I giudici del Tar – davanti ai quali il farmacista aveva presentato ricorso contro Asl e ministero della Salute – si erano rivolti ai colleghi europei perché valutassero se le norme italiane che vietano la vendita dei famaci di fascia C in esercizi diversi dalla farmacia non violassero le disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) e della Carta dei diritti fondamentali dell'Ue.

Come si ricorderà, nel dicembre 2013 la Corte di giustizia si era già espressa sulla questione in seguito a una doppia domanda di pronuncia pregiudiziale proveniente dal Tar Lombardia. Dopo quell'intervento, i giudici europei chiesero al Tribunale amministrativo catanese se le indicazioni fornite nell'occasione bastassero a dare risposta anche ai loro quesiti (con un velato invito a rispondere affermativamente), ma il Tar siciliano preferì riconfermare due delle tre questioni poste originariamente.

L'esito è che nella sentenza citata la Corte Ue “bacchetta” più volte il Tar di Catania. I suoi quesiti, dicono i magistrati europei confermando le conclusioni espresse a marzo dall'avvocatura generale, sono irricevibili perché nel suo rinvio il giudice nazionale non ha fornito alcuna spiegazione «circa i motivi per i quali ritiene che le norme legislative in discussione non siano compatibili» con il diritto dell'Unione. Ma la Corte Ue si permette anche qualche valutazione di merito: «secondo una giurisprudenza costante» si legge infatti nella sentenza, leggi nazionali che «concedono alle farmacie diritti speciali o esclusivi» non sono per questo solo fatto incompatibili con il Tfue. Lo diventano soltanto quando si determina un «abuso di posizione dominante», evenienza però alla quale il Tar siciliano non fa alcun riferimento.

«Con questa sentenza» commenta Massimo Luciani, docente di diritto costituzionale alla Sapienza di Roma e consulente legale di Federfarma «la Corte di giustizia conferma la piena armonia con il diritto Ue del regime di riserva italiano. La riserva, in particolare, è coerente con il principio della programmazione, in base al quale le farmacie devono essere “ripartite in modo equilibrato” per “colmare eventuali lacune nell'accesso alle prestazioni sanitarie”». Non solo: «Consentire la dispensazione dei farmaci di fascia C fuori dalle farmacie, dice la Corte, consentirebbe “una concentrazione di parafarmacie nelle località considerate più redditizie, e quindi più attraenti, con il rischio per le farmacie di vedere diminuire la propria clientela e, di conseguenza, essere private di una parte significativa dei loro introiti, tanto più che le farmacie sono soggette ad una serie di obblighi specifici riguardo alle modalità di gestione della loro attività commerciale”».


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