Imprese e mercato

Biotech, sfida aperta al futuro

di Alessandro Sidoli, presidente Assobiotec (Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie-Federchimica)

Dal 12 al 18 ottobre si svolge in tutta Europa la terza edizione della settimana del biotech (“European Biotech Week”) . Sette giorni per raccontare a un pubblico vasto ed eterogeneo il biotech nei suoi diversi settori di applicazione e per celebrare il ruolo chiave che le biotecnologie hanno nel miglioramento della qualità della vita. La manifestazione, nata nel 2013 su iniziativa di EuropaBio - l’Associazione europea delle Biotecnologie - in occasione del 60° anniversario della scoperta della struttura dell’elica del Dna, anche quest’anno è coordinata e promossa a livello nazionale dalla nostra Associazione. In Italia sono in programma 48 iniziative che coinvolgeranno più di 20 città su tutta la penisola: 23 convegni, 8 laboratori, 4 playdecide, 1 performance artistica, 11 realtà che hanno aderito all’iniziativa “Porte Aperte”. Numeri che confermano anche quest’anno il nostro, come il Paese con il maggior numero di appuntamenti a livello europeo e che ci auspichiamo possano contribuire ad aumentare la consapevolezza di un sempre più vasto pubblico e l’attenzione delle istituzioni sull’impatto positivo che le biotecnologie hanno e avranno sempre di più su tutti gli aspetti della vita dell’uomo: dalla salute, all’alimentazione e all’ambiente senza tralasciare l’importante contributo fornito all’economia in termini di competitività, crescita e creazione di nuovi posti di lavoro altamente qualificati.

Già oggi, in termini di produzione, la bioeconomia vale in Italia più di 240 miliardi di euro, pari al 7,6% del valore totale della produzione nazionale, dando lavoro a oltre 1,5 milioni di persone, pari al 6,9% degli occupati, e contribuendo, con circa 44 miliardi di euro, al 12% dell’export totale. Uno straordinario modello di sviluppo per riagganciare la crescita, non solo per le nostre imprese biotech, ma per l’intero sistema italiano della ricerca e dell’industria innovativa. Sta però a noi creare le condizioni perché questo accada, mettendo a punto una strategia nazionale di medio lungo periodo, che definisca una visione condivisa del progetto di rilancio del sistema italiano dell’innovazione, individuando gli ambiti tecnologici e di ricerca prioritari. In questo contesto, la valorizzazione e il trasferimento dei risultati scientifici e tecnologici sviluppati nei centri di ricerca assume un ruolo sempre più rilevate per lo sviluppo economico ed è il motore per accompagnare la transizione da un tessuto produttivo manifatturiero all’economia della conoscenza.

Le imprese di biotecnologie in Italia
L’industria biotecnologica, anche nel nostro Paese, ha conosciuto un significativo sviluppo, e oggi l’Italia, grazie all’eccellenza dei nostri ricercatori e alla capacità delle imprese italiane di tradurre l’innovazione in prodotti di valore, è il terzo Paese in Europa per numero di imprese dedicate alle biotecnologie. Secondo i dati del Rapporto “Le imprese di biotecnologie in Italia” elaborati, quest’anno, direttamente dal Centro Studi Assobiotec, il settore è composto da 384 imprese e ha un fatturato complessivo che ammonta a circa 7,7 miliardi di euro (+4,2%). Nel suo complesso si caratterizza per un trend di crescita importante che, soprattutto a fronte di una lunga crisi economica e della quasi totale assenza di misure adeguate e continuative di supporto all’innovazione, conferma la natura anticiclica del settore. La maggioranza (66%) delle imprese nasce come start-up, spin-off accademico o spin-off industriale; percentuale che aumenta significativamente (84%) per il sottogruppo delle pure biotech italiane. Gli investimenti in R&S ammontano a più di 1,5 miliardi (+4,5%), mentre il numero degli addetti in R&S è prossimo alle 7.300 unità.

Red Biotech
L’eccezionale apporto dato dalle biotecnologie alla salute dell’uomo è sotto gli occhi di tutti. Dal segmento delle red biotech origina un numero crescente di progetti, sia sul fronte della diagnosi che della terapia, volti a migliorare l’intero percorso di cura dal punto di vista clinico e di sostenibilità economica. Il fatturato complessivo è cresciuto, in un anno, del 4,3%, mentre gli investimenti in R&S ammontano a 1,4 miliardi di euro (+4,2%) con un’incidenza sul fatturato che, per le pure biotech italiane, raggiunge il 33%. I farmaci biotecnologici permettono di affrontare in modo radicalmente nuovo il trattamento di importanti malattie prive di una cura efficace e rappresentano già oggi il 50% dei medicinali in fase di sviluppo.

La filiera del farmaco biotech conta in Italia ben 200 imprese.
Di queste, 104 sono pure biotech italiane, e per 44 di esse ci è stato possibile analizzare la pipeline dei progetti in corso. Questa conta complessivamente 158 progetti - dalla fase di discovery fino a quelle finali di sviluppo clinico - il 45% circa dei quali è costituito dai biofarmaci o farmaci biotecnologici: anticorpi monoclonali, proteine ricombinanti prodotti per Terapie Avanzate. Significativo è anche il numero dei progetti sviluppati dalle pure biotech italiane nei settori delle Malattie rare e delle Terapie avanzate.

Sono 9, infatti, le pure biotech italiane che hanno ottenuto almeno una Orphan Drug Designation; dei 14 progetti considerati, 12 sono in clinica e, di questi, 4 hanno già raggiunto la Fase III. Quanto ai progetti nel settore delle Terapie Avanzate, essi ammontano complessivamente a 22, e sono ripartiti tra: Terapia cellulare (7), Terapia genica (10), Medicina rigenerativa (5). Cinque di essi sono già in fase di sviluppo clinico. Sono inoltre 3 i prodotti frutto della ricerca biotech italiana che hanno recentemente ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio, prodotti innovativi per il trattamento della malattia veno-occlusiva epatica, per la cura di pazienti affetti dalla malattia di Parkinson e per i pazienti con gravi ustioni della cornea.
Voglio infine ricordare i traguardi raggiunti anche sotto un profilo finanziario. Negli ultimi due anni infatti sono state concluse diverse operazioni che hanno generato un valore complessivo di oltre 5 miliardi di euro, a fronte di investimenti di alcune centinaia di milioni a dimostrazione della capacità del comparto di sviluppare non solo prodotti ma anche di creare valore.

Alessandro Sidoli

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