In parlamento

Risk. I radiologi chiedono cambiamenti su responsabilità omissiva e screening mammografici

di Lucilla Vazza

L’audizione del sindacato dei radiologi (Snr), che riunisce 4mila medici, davanti alla Commissione Igiene e sanità del Senato, con i rilievi al testo del ddl sulla responsabilità professionale dei sanitari ha messo in luce due richieste fondamentali. La prima è la revisione delle regole sulla responsabilità omissiva, la seconda è una norma ad hoc sugli screening mammografici che devono essere considerati «attività prevenzionali che per le caratteristiche insite non possono determinare responsabilità per il medico».

Il segretario del Snr, Corrado Bibbolino, ha spiegato ai senatori che «Il giudizio sul provvedimento approvato dalla Camera dei Deputati nella seduta del 28 gennaio 2016 è fortemente positivo» e in linea con quanto espresso dalla Fnomceo a partire dal «necessario riconoscimento del ruolo medico sottoposto oggi da più parti ad attacchi poco comprensibili sul piano culturale prima ancora che su quello professionale ed organizzativo». I radiologi puntano il dito contro «l’ imbarazzante distinzione tra esami radiologici semplici ed esami complessi».

Responsabilità omissiva e screening mammografici al check
L’audizione si è soffermata su due punti del Ddl: l'articolo 5 sulla responsabilità omissiva dei radiologi, e l'altro - non affrontato finora da altri - circa gli aspetti connessi alla attività di screening mammografico facente parte dei Lea.

Per Bibbolino: «La tipicità del nostro lavoro fa sì che circa l'80% delle cause legali verso i radiologi siano basate sulla responsabilità omissiva (cioè non aver fatto diagnosi quando questa era possibile o di non aver eseguito ulteriori indagini) rispetto alla responsabilità commissiva (tipica dell'attività chirurgica e della radiologia interventistica)». Il punto dunque è l’attuale formulazione delle linee guida, che, per come sono formulate, «non si prestano a una difesa del medico dalla responsabilità omissiva e pertanto dovranno occuparsi, per evitare ciò, oltre che di cosa fare anche di cosa non fare, fermando la lunga catena degli accertamenti che non risulta abbiano una comprovata validità per la diagnosi finale».

La trappola giudiziaria in cui incappano i radiologi è contenuta nella semplice domanda che viene formulata dal giudice nella stragrande maggioranza dei casi sugli esami radiologici: «Vi erano altre indagini diagnostiche che avrebbero permesso il rilevamento della patologia?», domanda finalizzata a indagare su una seconda presunta responsabilità omissiva. Per questo, i radiologi concludono nell’audizione: «Riteniamo adeguata e rispondente alla nostra esperienza la proposta già da altri formulata di costituire un organismo ad hoc comprendente istituzioni e società scientifiche deputato alla stesura finale delle Linee Guida».

Secondo punto dell’audizione quello riguardante gli screening mammografici, presenti nei Lea e a cui nel solo 2013 hanno aderito oltre un milione e mezzo di donne tra i 50 e 70 anni. Ha illustrato Bibbolino: «un radiologo in screening ha l'obbligo di leggere almeno 5mila mammografie, quindi ogni anno, con l'attuale stato giuridico, ha la certezza di rischiare almeno 5-10 procedimenti per cancro intervallo ed altrettanti per tumori correttamente diagnosticati, a causa del famoso “ma qualcosina si vedeva già due anni prima».
L'omessa diagnosi determina una chiara responsabilità del medico e della struttura posto che rappresenta quello che la giurisprudenza definisce “errore diagnostico”. E la partecipazione al programma determina una aggravante. E dunque, evidenziano: «Le norme e la qualificazione giuridica del medico quale debitore qualificato impedisce di affrontare serenamente l'attività di screening che, come anzidetto, è rivolta alla popolazione e non al paziente che, al momento dell'invito a partecipare allo screening stesso, tale non è». La richiesta dei radiologi ai senatori è di definire «con apposita norma» le attività di screening come «attività prevenzionali che per le caratteristiche insite non possono determinare responsabilità per il medico, i sanitari e la struttura sanitaria del servizio sanitario nazionale».


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