In parlamento

La cannabis è terapeutica ma non è un farmaco

di Marco Perduca (Associazione Luca Coscioni)

Ildisegno di legge sulla “cannabis terapeutica ”, che dovrebbe approdare in Aula alla Camera all'inizio di ottobre, sistematizza un ventennio di stratificazione normativa, ma niente più. Da 10 anni infatti in Italia i medici possono prescrivere preparazioni magistrali contenenti sostanze attive vegetali a base di cannabis per uso medico da prepararsi in strutture preposte. Come già previsto dal Testo Unico sulle droghe 309 del 1990 , la sostanza può esser coltivata dietro autorizzazione di un organismo nazionale ad hoc.
Dal 2007 è possibile importare Bedrocan, Bediol, Bedrobinol, Bedrolite, Bedica e Sativex mentre, in virtù di un accordo firmato tra i Ministeri di Salute e Difesa del settembre 2014, le infiorescenze per le preparazioni galeniche possono essere prodotte anche dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze dove, dopo una fase sperimentale di un paio d'anni, all'inizio dell'anno sono stati raccolti 100 chili di una cannabis denominata FM2.
Il Ministero della Salute sottolinea che, non avendo tali preparazioni a base di cannabis indicazioni terapeutiche autorizzate, «Il medico deve ottenere il consenso del paziente al trattamento e specificare nella ricetta le esigenze particolari che giustificano il ricorso alla prescrizione estemporanea. Nella ricetta il medico trascrive, senza riportare le generalità del paziente, un riferimento di collegamento a dati d'archivio in proprio possesso che consenta, in caso di richiesta da parte dell'autorità sanitaria, di risalire all'identità del paziente trattato».
Prima della cannabis “Made in Italy”, per le preparazioni con prodotti a base di cannabis era possibile importare in Italia solo quelli commercializzati dall'Office of Medicinal cannabis (ufficio per la cannabis medica) del Ministero della Salute dei Paesi bassi.
Come previsto dal Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015 , la prescrizione di cannabis “a uso medico” in Italia è limitata al suo impegno nel «dolore cronico e quello associato a sclerosi multipla oltre che a lesioni del midollo spinale; alla nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell'appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell'appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell'anoressia nervosa; l'effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette».
Non trattandosi di farmaci riconosciuti, le prescrizioni si effettuano quando le terapie convenzionali risultano inefficaci, spesso dopo anni di costose sofferenze.
La legge in discussione alla Camera, uno stralcio voluto dall'Onorevole Anna Margherita Miotto rispetto al più ampio progetto di regolamentazione legale della cannabis per qualsiasi fine, è da considerarsi come un'armonizzazione amministrativa dell'esistente, non una normativa ex novo. Per far avanzare scienza e conoscenza sul tema occorreva promuovere ricerche e finanziare trial clinici coi prodotti prescrivibili oggi al fine di farli divenire vere e proprie medicine.
Il processo di registrazione dei farmaci in Italia è garantito dall'Agenzia Italiana per il Farmaco (Aifa) secondo le procedure previste dall'incrocio tra la normativa nazionale e quella europea. L'AIFA, in collaborazione con la Commissione Tecnico Scientifica e gli esperti dell'Istituto Superiore di Sanità effettua «valutazioni chimico farmaceutiche, biologiche, farmaco-tossicologiche e cliniche» volte ad «assicurare i requisiti di qualità, sicurezza ed efficacia di tutti i medicinali» - procedure concluse con successo a Firenze dove lo Stabilimento Farmaceutico Militare coltiva le talee preparate dal Centro di Rovigo nel pieno rispetto dei protocolli europei sull'Active Pharmaceutical Ingredients , la produzione di ingredienti attivi farmaceutici, oltre che secondo le cosiddette Good Manifacturing Practices certificate dall'AIFA.
Per registrare un farmaco, oltre a quanto sopra, occorrono “sperimentazioni cliniche” da effettuare con tempi e metodologie standard per consolidare l'ipotesi terapeutica della sostanza e proporla alla revisione pubblica tra esperti (peer review) al fine di dimostrare come l'impiego di determinate sostanze possa in effetti portare benefici per la salute individuale. Una sperimentazione clinica seria può arrivare a costare centinaia di migliaia di euro.
Per avere senso, lo “stralcio Miotto” non può essere a costo zero, dovrebbe includere finanziamenti per studi sulle sostanze prescrivibili oggi e trial clinici sui loro impieghi terapeutici. Sono molti i dipartimenti universitari pronti a collaborare, perché sprecare questa storica occasione?
Per contribuire all'iter normativo, l'Associazione Luca Coscioni ne parlerà in occasione del suo XIV Congresso che si tiene a Torino dal 29 settembre al 1° ottobre .


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