In parlamento

Manovra/ In pensione con Quota 103 e 1/2. Medici "taglieggiati" con buona pace dei diritti acquisiti

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Dopo quattro/cinque stesure più o meno apocrife, finalmente, un testo legale del provvedimento del bilancio, la famosa manovra per il 2024, approda alle Camere. L’ultima stesura non modifica sostanzialmente quanto già conosciuto anche se in forma informale. Se rimangono invariate le regole (Fornero), per il pensionamento di vecchiaia previsto con 67 anni d’età e 20 anni di contribuzione per chi abbia almeno un contributo prima del 1996 e di anzianità (l’anticipata) con 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne per chi sia nel sistema "misto", viene adesso riesumata quota 103. Una quota già prevista per l’anno in corso che era stata accantonata, almeno nella prima stesura del provvedimento e nella conferenza stampa dei ministri che l’avevano specificata, con l’introduzione di una nuova quota: la 104. Come spesso accade, si è tentato di mantenere la nominatività della precedente per non essere additati di aver proceduto a modifiche ritenute elettoralmente negative, ma di fatto si è fatto solamente un passo a metà da 103 si è passati a 103 e mezzo...
Infatti la nuova condizione, se è vero che prevede, ancora, per andare in pensione anticipata il criterio di 62 anni di età e di 41 anni di contribuzione, come già per quota 103, introduce, innanzitutto, un incremento del periodo, le finestre, per uscire effettivamente dal lavoro. Dai 3 mesi di scivolo ai 6 mesi per i dipendenti privati e da 6 mesi a 9 mesi per pubblici dipendenti. In pratica quel mezzo di anno in più che dà il senso di una costante (103) ma modificata verso la quota 104. Inoltre , intervento ancora più grave per chi dovesse scegliere quota 103, il ricalcolo pensionistico sarà realizzato con esclusivamente il sistema contributivo annullando il metodo "misto" con cui si calcolavano anche gli anni retributivi di contributi ante 1996, e imponendo un limite all’importo delle pensione sino a quattro volte il minimo Inps ( 2.300 euro lordi mensili ) con il suo ricalcolo solamente al raggiungimento del 67 esimo anno d’età.
Ma dove il "delitto" ancora più grave è stato compiuto e confermato è nella revisione delle aliquote di rendimento delle pensioni per i dipendenti iscritti ad alcune Casse, già del Ministero del Tesoro, poi raccolte nell’Inpdap : la Cassa dei dipendenti degli enti locali (Cpdel), la Cassa degli insegnanti delle scuole elementari parificate ( Cpi ) e soprattutto la Cassa pensioni sanitari (Cps). Per i sanitari oltre al danno dato dalle modifiche arriva anche la beffa.
La loro Cassa è stata per decenni la più ricca di tutti gli enti previdenziali grazie all’elevato contributo versato nel tempo (sempre intorno al 33 per cento dello stipendio a fronte del 23/25 per cento degli altri istituti previdenziali), dell’ampio margine di attivi rispetto al più modesto numero di pensionati (grazie alla longevità lavorativa della categoria) che le ha consentito di avere, fino al suo assorbimento e annullamento da parte dell’Inps, oltre 14mila miliardi di lire di attivo e la proprietà di quarantamila immobili. Con un patrimonio così garantito la categoria, ancora oggi, potrebbe distribuire pensioni elevate e senza alcuna paura per il suo futuro.
Ma la nuova legge non ha risparmiato neanche i medici. Vengono taglieggiate le aliquote, già previste in passato, per gli anni di contribuzione calcolati con il sistema retributivo (i primi 15 anni sino al 1996) azzerando soprattutto il così detto "piede di partenza" che garantiva loro una rendita, soprattutto in caso di premorienza, relativamente più elevata che poi, però, veniva, comunque, riassorbita negli anni di lavoro successivi. L’enfatizzato risparmio per il Governo, che ovviamente dimentica il gravoso impegno economico e lavorativo prodotto dalla categoria, verrà realizzato con tagli alle pensioni che potranno oscillare, per tutta la vita post lavorativa dai 4mila e cinquecento ai 7 mila e cinquecento euro annui e sino al 25% dell’assegno pensionistico annuo. Tutto questo con buona pace di qualunque diritto acquisito.


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