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Celiachia, in Italia oltre 250mila pazienti già diagnosticati ma il 56% della popolazione si dichiara poco o per nulla informato

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24 Esclusivo per Sanità24

«La celiachia e il diabete di tipo 1 hanno un impatto sulla salute e sul servizio sanitario che non deve essere sottovalutato e l’Italia con il programma di screening nazionale per la popolazione pediatrica sta dando un segnale rilevante di attenzione e di impegno. Un impegno continuo e costante, in sinergia con le associazioni e il Parlamento, che va dalla prevenzione ai contributi per la dieta, dalla formazione all’informazione fino alla ricerca». Con queste parole il ministro della Salute Orazio Schillaci ha aperto i lavori di un incontro a Roma in vista concomitanza con la Giornata Mondiale della Celiachia che si celebrerà il prossimo 16 maggio. Un evento promosso a Palazzo Giustiniani dalla senatrice Elena Murelli, presidente dell’Intergruppo Parlamentare Malattia Celiaca, Allergie Alimentari e Alimenti ai Fini Medici Speciali che ha visto il confronto tra rappresentanti delle istituzioni, clinici, esponenti delle associazioni di pazienti e del mondo advocacy, oltre a un’ampia rappresentanza della filiera dei produttori, della distribuzione e dei negozi specializzati.
In Italia il 56% della popolazione dichiara di essere affatto o poco informato sulla celiachia e il 30% ritiene che questa condizione patologica non sempre può essere grave. Una fotografia, offerta da un’analisi condotta dall’Istituto Bhave, in collaborazione con la rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief (IHPB), che conferma la sottovalutazione nel percepito di questa malattia cronica autoimmune e che, in buona parte, ci dice del molto che ancora resta da fare per informare, sensibilizzare, organizzare e formare. Tutti presupposti, questi, per rendere più omogeneo ed efficiente in tutte le regioni la risposta sanitaria e innalzare il livello della qualità della vita di oltre 250 mila pazienti celiaci già diagnosticati, ma anche per favorire l’identificazione e la diagnosi certa di un segmento di popolazione – si stima che sia di almeno 350mila persone - che non è mai stato diagnosticato. Una malattia che, secondo la relazione al Parlamento del Ministero della Salute, registra 9/10.000 casi ogni anno, colpendo il 70 per cento della popolazione femminile e il restante 30 per cento di quella maschile, con una tendenza in crescita costante.
Scopo dell’incontro, a un anno dalla costituzione dell’Intergruppo Parlamentare, dare conto delle attività sviluppate da questo organismo alla luce di un preciso patto di legislatura e dello stato dell’arte del Disegno di Legge 623 (Protezione dei soggetti malati di celiachia e disposizioni per la prevenzione e l’informazione in merito alla malattia) attualmente all’esame del Senato - del quale la stessa Sen. Murelli è prima firmataria – ma anche valutare lo stato di attuazione della Legge 130/2023 in materia di programmi diagnostici per l’individuazione della celiachia e del diabete in età pediatrica, oltre a raccogliere elementi per l’attività da sviluppare in futuro da parte dei membri del Comitato Tecnico-scientifico e Sociale (Ctss) che affianca il lavoro dell’Intergruppo Parlamentare.
«La celiachia è una malattia autoimmune sempre più frequente e i casi non diagnosticati sono molti, come molte e in aumento sono le allergie alimentari. Queste problematiche nutrizionali hanno estrema necessità di una nuova stagione basata su una convergenza sociale sempre più ampia tra sanità, azioni educativo-scolastiche, formazione e, più in generale, cultura dell’intervento - ha dichiarato Murelli in apertura dei lavori –. Sono queste le direttrici alla base dell’impegno del nostro intergruppo parlamentare, concepite all’insegna di una costruttiva collaborazione con il Ministero della Salute e il Governo. Per quanto riguarda il Disegno di legge di cui sono prima firmataria – ha proseguito – è prevista la circolarità, sull’intero territorio nazionale dei buoni utilizzati mensilmente dai celiaci per comprare prodotti senza glutine, che ora hanno valenza regionale. Inoltre, è prevista la dematerializzazione dei buoni nelle quattro Regioni che ancora li utilizzano in modo cartaceo. Riteniamo poi fondamentale l’informazione, non solo nelle scuole, ma soprattutto la formazione, in primis quella degli operatori HO.RE.CA. È anche previsto l’inserimento nella certificazione HACCP di un modulo specifico per la celiachia, in modo tale che siano tutti informati sul pericolo della contaminazione nel processo di preparazione e somministrazione dei cibi per garantire un pasto senza glutine per tutti. Abbiamo fatto passi avanti, molti sono i negozi specializzati e le aziende che hanno diversificato la produzione, aprendo ai prodotti gluten free. L’opera di sensibilizzazione è importante – ha aggiunto la senatrice - specie per i più giovani, per non subire discriminazioni con possibili ricadute psicologiche».
Linee guida concepite con un riferimento alle più avanzate esperienze internazionali e definite in sintonia con le associazioni dei pazienti, formazione e sensibilizzazione nel mondo della scuola, oltre che nel settore dell’hospitality e della ristorazione, semplificazione/sburocratizzazione e omogeneità di accesso sul territorio ai cibi gluten-free, potenziamento e valorizzazione dell’attività di screening per una diagnosi precoce sulla popolazione, specie in ambito pediatrico, grazie ad una solida formazione dei clinici. «Questi sono i pilastri sui quali deve poggiare la nuova stagione di un più efficiente contrasto della celiachia – ha dichiarato Rossella Valmarana, Presidente dell’Associazione italiana celiachia – un tema di salute pubblica che interessa la vasta platea dei pazienti celiaci, oltre a due milioni di persone colpite da allergie alimentari in Italia».
Dell’importanza dell’adeguata formazione dei clinici ai fini di una diagnosi precoce si è occupata Antonella Polimeni, rettrice della Sapienza Università di Roma, che nel corso del suo intervento ha messo in evidenza come la formazione basata sulla conoscenza scientifica della malattia celiaca nella medicina specialistica sia il vero traguardo per lo screening precoce della malattia e come le lesioni sentinella possano talora essere l’unica osservazione clinica della stessa.
Formazione e informazione a 360 gradi sono quindi ingredienti fondamentali di un più efficace contrasto della celiachia e delle allergie alimentari che devono interessare anche i diversi ma importanti ruoli degli operatori scolastici – docenti, collaboratori addetti ai servizi di mensa ecc.- come ha evidenziato Giuseppe Cerrone, capo Ufficio legislativo del ministero del Merito e Pubblica Istruzione e membro del Ctss dell’Intergruppo Parlamentare, sottolineando che «l’obiettivo del ministero dell’istruzione e del merito è, da un lato, quello di rafforzare la formazione professionale dei docenti prevedendo, grazie ad uno specifico intervento previsto nel Disegno di legge 623, che durante il percorso annuale di formazione e prova del personale docente ed educativo vengano svolte attività formative e di sensibilizzazione sulla celiachia e sulla dieta senza glutine e, dall’altro, quello di favorire la promozione di attività e iniziative didattiche all’interno di tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione che rendano consapevoli i giovani studenti sulla rilevanza delle intolleranze alimentari. Con particolare riguardo, poi, agli istituti alberghieri, il Ministero dell’istruzione e del merito si impegnerà, altresì, a supportare la previsione del Disegno di legge 623 affinché i relativi percorsi di studio prevedano il rafforzamento da parte degli studenti di specifiche competenze relative alla preparazione e al servizio di prodotti per la malattia celiaca e la dieta senza glutine».
La centralità della formazione riguarda ovviamente anche il segmento sociale di coloro che sono impegnati nel variegato mondo degli operatori/preparatori/somministratori alimentari, dal cui operato dipende la sicurezza delle persone con celiachia. L’attenzione su questo delicato aspetto è stata portata da Umberto Scognamiglio della Società Italiana di Nutrizione Umana: «Tutti i professionisti della nutrizione - ha affermato - hanno l’importante compito di educare non solo i pazienti affetti da celiachia o i loro familiari, ma anche quanti a vario titolo sono responsabili delle offerte alimentari nel settore pubblico e commerciale. Ci riferiamo alla aziende di ristorazione collettiva così come alla ristorazione commerciale i cui operatori devono avere contezza delle buone pratiche per la gestione degli alimenti per i soggetti celiaci, della loro preparazione e conservazione, al fine di limitare il più possibile i pericoli legati alla contaminazione di glutine nell’alimento consumato dal celiaco».
L’indagine condotta dall’Istituto Bhave, ha posto in evidenza anche un altro dato piuttosto interessante: tra le preoccupazioni dei genitori di bambini celiaci si pone al primo posto – 26 per cento – il rischio che il bambino possa mangiare qualcosa di non idoneo alla sua dieta, condividendo il cibo con altri bambini; un esempio, questo, che indica una volta di più quali e quante siano le problematiche che caratterizzano la quotidianità di pazienti e famiglie; problematiche che troverebbero buona parte della soluzione con attività di sensibilizzazione nelle scuole, contribuendo alla crescita di cittadini capaci di accettare le differenze alimentari. In questo l’attività quotidiana delle associazioni pazienti può essere un valido aiuto per le istituzioni e gli enti pubblici.


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