Lavoro e professione

Terapia del dolore, sette italiani su 10 non sanno che c'è una legge

di Roberto Turno

Quasi un italiano su due non conosce i farmaci contro il dolore. Due medici di famiglia su tre non hanno prescritto una visita in un centro specialistico ad hoc. Quasi il 65% dei pazienti non sa che esiste una legge che garantisce l'accesso alla terapia per alleviare le sofferenze e che gli ospedali sono obbligate a misurarne il grado e ad annotare tutto sulla cartella clinica. La terapia del dolore e delle cure palliative, così come la rete specifica di assistenza in materia, resta una grande sconosciuta in Italia. Soprattutto nelle classi di popolazione meno istruite. E questo, nonostante chi abbia usufruito del servizio che la Sanità pubblica dovrebbe garantire dappertutto e sempre, abbia un giudizio anche altamente positivo delle cure prestate e dei centri dedicati a queste cure.

A quasi sette anni dalla sua entrata in vigore la legge 38 del 2010 che ha garantito (sulla carta) l'accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative, resta quanto meno una mezza incompiuta. Anche a prescindere dalla mai abbastanza sufficiente garanzia della concessione di oppiacei e derivati della morfina, purtroppo spesso indispensabili per alleviare le gravi sofferenze che spesso accompagnano le più gravi malattie.

E' stato l'Osservatorio per il monitoraggio della terapia del dolore e delle cure palliative, attraverso la Fondazione Gigi Ghirotti, a presentare oggi a Roma il check appena compiuto attraverso la somministrazione di oltre 13mila questionari (quelli risultati validi alla scrematura eseguita) con l'obiettivo conoscere sia lo status socio-anagrafico che l'accesso e il gradi di conoscenza della legge e di tutte le opportunità che essa offre – o dovrebbe offrire – ai pazienti. Lo scenario che ne è emerge - come spesso accade in situazioni così estreme, tanto più davanti a bisogni e diritti impellenti, ma anche a una legge relativamente ancora giovane – è fatto ancora di molte ombre, ma anche di qualche luce. Se mai bastasse. Perché il ritardo da colmare è ancora grande e grave.

Per l'87% le schede sono state compilate nel luogo, si potrebbe dire d'elezione in questi casi: in ospedale, appena il 4% invece nei Centri di terapia del dolore e il 3% negli hospice. Ma il dato eclatante che balza subito agli occhi dai risultati della ricerca, è che nel 46% dei casi, alla domanda “come considera i farmaci oppiacei (derivati dalla morfina)”, ha risposto di non conoscerli, mentre per il 43% sono utili per curare i molti tipi di dolore acuto o cronico. Tra i commenti a margine, spiccano ancora significative miscredenze dure a morire: li prendono i drogati o creano dipendenza, sono state alcune delle considerazioni espresse.
Intanto il 63% non ha conoscenza dell'esistenza di una legge contro il dolore e il 70% non sa che le strutture sanitarie sono tenute a misurare il dolore e ad annotarlo nella cartella clinica, unitamente alla terapia prescritta e ai risultati ottenuti dalla terapia stessa.

Un grado di conoscenza che è più alto tra i laureati (al 49% ne sono a conoscenza) e tra i diplomati (42%), ma bassissimo (22%) tra chi non possiede alcun titolo di studio. I più informati sono i pazienti tra i 45 e i 74 anni (42%). Resta il fatto che nel 65% delle risposte il medico di famiglia non ha prescritto una visita specialistica in un Centro di terapia del dolore, sebbene il 65% degli interpellati abbia parlato del proprio dolore col medico di famiglia, che a sua volta nel 65% delle situazioni ha prescritto farmaci o trattamenti specifici.
Risposte, queste ultime, che in qualche modo fanno il paio col giudizio positivo espresso dai pazienti che si sono ricolti ai servizi di cure palliative. Il 70% dei pazienti si sono detti soddisfatti e addirittura la percentuale sale al 78% tra chi è stato ricoverato in un hospice. Con un gradimento dell'80% per le cure ricevute. Come dire, quando il servizio funziona, funziona bene e piace. Ora si tratta di farne davvero un diritto di tutti. E sempre.


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