Lavoro e professione

AlmaLaurea, nel 2016 balzo in avanti dell’occupazione per i professionisti sanitari

di Rosanna Magnano

Dopo tre anni di relativo stallo, deciso balzo in avanti dell’occupazione per le professioni sanitarie: il numero di laureati che trova lavoro a un anno dal conseguimento del titolo di studio è passato infatti dal 63,4% dello scorso anno al 66,7% attuale (laureati 2015 censiti nel 2016) con un aumento di 3,3 punti percentuali. Gli incrementi maggiori in infermieristica (+5,5%). Per i medici il tasso più elevato (93,9%) in assoluto, anche se in calo dell’1,5% (il dato però è a cinque anni dalla laurea): di fatto al termine delle specializzazioni, che vanno da 3 anni (Medici di base) a 5-6 anni (universitarie), alla fine lavorano quasi tutti. Molto forte la presenza delle donne (69%), ruolo di tutto rilievo per il tirocinio, che rappresenta un momento clou per la maggior parte degli studenti. La presenza di studenti lavoratori è rilevante anche se in misura inferiore rispetto ad altre discipline. Assidua la partecipazione alle attività didattiche, pochissimi i fuori corso, voto di laurea mediamente piuttosto elevato, ma anche un punto di vista molto critico sul percorso svolto. È questo l’identikit del professionista sanitario nella sua fase di formazione che emerge dal rapporto 2017 sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati promosso dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea.

«i dati occupazionali pubblicati da Almalaurea - spiega Angelo Mastrillo, esperto di professioni sanitarie - sono davvero significativi e in positivo. Dopo la crisi partita nel 2011 tornano i valori di allora con il 66,7% dell'insieme delle 22 professioni sanitarie.
In recupero di 3,3 punti percentuali fra il 63,4% del 2014 al 66,7% del 2015. L'incremento maggiore, pari a +5,5 punti percentuali riguarda Infermieristica che balza in un anno dal 62,3% al 67,8%. Segue la classe della prevenzione con +2,7 punti percentuali, dal 42,7 al 45,4%. Infine con +1,9 punti percentuali sia la riabilitazione, dal 78.9 all' 80,8% (come era nel 2010), che la classe tecnica dal 49,2% a, 51%. Questo a fronte di una stabilità sul tasso del 38,2%, che vedrebbe l'insieme di tutte le aree disciplinari e occupazionali».

In generale le rilevazioni AlmaLaurea segnalano una crescita del numero di laureati che trovano lavoro dopo un anno dal termine degli studi. Sono il 68% dei laureati triennali e il 71% dei laureati magistrali biennali. Per i laureati aumentano i contratti a tempo indeterminato a scapito delle attività autonome; anche le retribuzioni sono in aumento, anche se di poco.

Nel 2016 è diminuita invece l'età media della laurea, pari a 26,1. Un dato che è calato in maniera apprezzabile rispetto alla situazione pre-riforma e continua a diminuire negli anni. Insomma la regolarità negli studi ha registrato negli ultimi anni un marcato miglioramento. Un trend in cui si inseriscono perfettamente anche gli aspiranti professionisti sanitari: concludono nei tre anni previsti ben il 70% dei laureati delle professioni sanitarie. All'estremo opposto, laurearsi in corso riesce soltanto a 27 laureati su cento del gruppo giuridico dove quasi un laureato su 3 ha terminato gli studi con almeno 4 anni di ritardo.

Il 10,6% dei laureati nel 2016 ha poi svolto esperienze di studio all'estero riconosciute dal corso di provenienza e per quanto riguarda l'estero quasi la metà dei laureati si dice pronta a trasferirsi per lavoro lontano dall'Italia.

Mondo universitario italiano che in generale soddisfa, mentre il livello di soddisfazione è piuttosto basso tra e professioni sanitarie, dove gli studenti sono tra i più scontenti. In generale, sono decisamente soddisfatti del corso di laurea 41 laureati magistrali biennali su cento; altri 48 esprimono comunque una valutazione positiva. Si tratta di un livello di appagamento complessivo, per la più recente esperienza universitaria, superiore a quello registrato fra gli altri tipi di laureati (89%). I più soddisfatti sono i laureati dei gruppi scientifico, chimico-farmaceutico e ingegneria (tutti con il 92%), i più critici invece i laureati delle professioni sanitarie (78%).

Il Rapporto di AlmaLaurea conferma l’Italia delle caste. L'Università ancora non riesce ad esprimere al meglio il suo possibile ruolo di «ascensore sociale». Il background familiare ha infatti un forte effetto sulla opportunità di completare il percorso di istruzione universitaria: fra i laureati, infatti, si rivela una sovra-rappresentazione dei giovani provenienti da ambiti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale.

Le professioni sanitarie sono tra i cinque gruppi disciplinari più numerosi insieme a economico-statistico, ingegneria, politico-sociale e il letterario che rappresentano oltre il 50% dei laureati.

Si rileva una forte differenziazione nella composizione per genere dei vari ambiti disciplinari. Nei corsi di primo livello le donne costituiscono la forte maggioranza nei gruppi insegnamento (94%), linguistico (84%), psicologico (81%), professioni sanitarie (69%) e letterario (67%). Donne in minoranza invece nei gruppi ingegneria (25%), scientifico (29%) ed educazione fisica (35%).

I tirocini sono esperienze che entrano nel bagaglio formativo di oltre l'83% dei neodottori dei gruppi insegnamento, agraria e veterinaria e professioni sanitarie, mentre interessano solo una minoranza dei laureati dei gruppi ingegneria, letterario, scientifico e giuridico.

Anche in questo caso i gruppi delle professioni sanitarie, dell'insegnamento, geo-biologico e di educazione fisica si confermano più impegnati in queste attività professionalizzanti.

I laureati che hanno avuto esperienze di lavoro sono particolarmente numerosi nei gruppi di educazione fisica (82%), insegnamento (77%), giuridico (76%), e politico-sociale (74), mentre il contatto con il mercato del lavoro è relativamente più debole nei gruppi professioni sanitarie, chimico-farmaceutico, ingegneria, geo-biologico e scientifico (52-58%).

Particolarmente assidua la partecipazione alle attività didattiche nei gruppi delle professioni sanitarie (il 95%) e architettura (84%). Di converso, la presenza in aula è stata relativamente limitata fra i laureati del gruppo giuridico (41%), insegnamento (45) e psicologico (49).

L'età media dei laureati magistrali biennali si attesta, come si è detto, sui 27,5 anni: 31,5 anni per le professioni sanitarie, 30,1 per il gruppo insegnamento e, all'opposto, tra 26 e 27 anni per i gruppi chimico-farmaceutico, economico-statistico, scientifico e ingegneria.

La regolarità negli studi appare consolidata e continua a riguardare una quota elevata di laureati triennali (48%). Concludono nei tre anni previsti ben il 70% dei laureati delle professioni sanitarie; all'estremo opposto, laurearsi in corso riesce soltanto a 27 laureati su cento del gruppo giuridico dove quasi un laureato su 3 ha terminato gli studi con almeno 4 anni di ritardo.

Una regolarità ancora maggiore si registra per i laureati magistrali biennali dove risultano in corso 57 laureati su cento, con punte superiori all'80% per i laureati del gruppo di educazione fisica e delle professioni sanitarie.

Se il voto medio di laurea per i corsi triennali è pari, come detto, a 99,6, si osservano variazioni significative per gruppo disciplinare, con votazioni che vanno dal 104,8 del gruppo professioni sanitarie e 104,3 del letterario al 94,9 dell'economico-statistico e 96,3 di ingegneria.

La voglia di continuare a studiare per le professioni sanitarie è poca, ma il master attira una fetta rilevante di studenti. Tra i laureati triennali, il proposito di conseguire ulteriori qualifiche è particolarmente diffuso fra in neodottori in psicologia (93%), scienze geo-biologiche (89%) e ingegneria (88%).  Mentre dichiarano la convinzione di aver esaurito il loro percorso formativo relativamente molti laureati dei gruppi giuridico (51%), insegnamento (42%), delle professioni sanitarie (38%) e agraria (29%).

L'8% nei neodottori intende invece iscriversi ad un master universitario, un titolo che attrae soprattutto i laureati delle professioni sanitarie (27%) e, seppure in misura più contenuta, quelli dei gruppi politico-sociale (11%) e giuridico (8%).


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