Lavoro e professione

Interruzione volontaria di gravidanza farmacologica... senza farmaco

di Emiliano Calabrese

Da luglio il servizio sanitario nazionale (Ssn) potrebbe non erogare più una delle specialità medicinali più dibattute in questi anni: il Mifegyne. Si tratta dell'antiormonale, che in molti conoscono con la sigla RU-486, che interrompe l'annidamento dell'embrione nell'utero provocando quello che viene definito l'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) farmacologica.

Potrebbe essere questo, infatti, il risultato della scelta della Nordic Pharma, concessionario in Italia del principio attivo, di sospendere per motivi commerciali la distribuzione del farmaco in compresse da 200 mg (prezzo ex factory 1 compressa 20 euro).

In realtà l'Aifa, già due anni fa (Determina 19 giugno 2015 n. 1241), ha autorizzato l'immissione in commercio dello stesso medicinale nella forma di compresse da 600 mg, inserendolo però nella classe denominata C(nn) ovvero non ancora negoziata e dunque in attesa della valutazione che ne permetta la rimborsabilità da parte del Ssn.

La questione potrebbe avere anche risvolti politici dal momento che nei mesi scorsi la giunta della regione Lazio ha approvato una determinazione (la n. G03244 del 16 marzo 2017) con la quale dovrebbe avviarsi un progetto sperimentale per eseguire l'Ivg farmacologica – dunque tramite RU-486 - in regime ambulatoriale anche all'interno dei consultori.

Il provvedimento assunto dal presidente Zingaretti non è certo passato inosservato in quanto considerato in contrapposizione con la normativa sulla tutela sociale della maternità e l'Ivg (Legge 22 maggio 1978 n. 194). In proposito è utile riportare lo stralcio della risposta del ministro Lorenzin ad una recente interrogazione sul tema dell'Ivg farmacologica nei consultori regionali (leggi qui http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0781&tipo=stenografico#sed0781.stenografico.tit00070.sub00010 ) presentata dalla parlamentare Eugenia Roccella:
«le condizioni per effettuare l'aborto farmacologico in coerenza con la legge 194 sono innanzitutto quelle indicate dalla legge stessa, che ha previsto che esso debba avvenire presso gli ospedali, le case di cura autorizzate dalla Regione e presso i poliambulatori pubblici, adeguatamente attrezzati e funzionalmente collegati agli ospedali, parimenti autorizzati dalla Regione. La legge 194 non sembra prevedere, quindi, che i consultori possano essere considerati fra le sedi in cui effettuare interventi di interruzione volontaria di gravidanza».

Insomma, come nel 2009, quando intervenne direttamente il ministro della Salute di allora - Maurizio Sacconi - con una lettera inviata ai vertici Aifa per fissare i dettagli di somministrazione della RU-486 e garantire il rispetto della Legge 194/78, potrebbe rendersi necessario un intervento ministeriale per sbrogliare la matassa riguardo l'utilizzo di un farmaco che nel 2015 in Italia ha visto coinvolte oltre 13.000 donne.


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