Lavoro e professione
Covid cartina di tornasole dei gap di un'emergenza territoriale tutta da riformare
di Andrea Andreucci *
24 Esclusivo per Sanità24
Il servizio di emergenza pre ospedaliero è in sofferenza, oramai lo sanno tutti. Le lunghe code di ambulanze davanti alle strutture di accoglienza e i recenti casi di cronaca dimostrano che la mancata programmazione di risposte ad una seconda ondata ampiamente prevista è la prima causa di un sistema fallace. Nella fattispecie, l’assenza di soluzioni predefinite per far fronte al crowding che si è verificato ha evidenziato quanto il sistema in sé abbia necessità di una riforma radicale nei contenuti, nei professionisti che vi operano e nella sua mission.
Arrivano con cadenza quotidiana alla nostra segreteria, segnalazioni da parte dei nostri iscritti di situazioni che non possono che essere denunciate. E queste, purtroppo, riguardano soprattutto dalle Regioni del centro-sud Italia.
Il diritto alla salute, grazie al Titolo V della Costituzione, è diventato quanto più disomogeneo sul territorio nazionale e proprio nel corso di questa pandemia tali differenze si sono amplificate.
Agli infermieri che operano nel setting di emergenza pre-ospedaliero, seppur appartenenti tutti allo stesso profilo, vengono riconosciute specifiche competenze in maniera assolutamente differente tra regioni o addirittura all’interno delle stesse.
Tutto ciò è palesato da protocolli, quando presenti, assolutamente non sovrapponibili.
Basti pensare alle differenze che insistono nell’operato dell’infermiere che in alcune realtà provinciali di Regioni come la Puglia, la Campania e la Sardegna, non ha la possibilità di somministrare in autonomia mediante l’applicazione di procedure (riconosciute a livello internazionale) i farmaci salvavita o di effettuare il trattamento del dolore.
L’attuazione di tali prestazioni sono osteggiate da Direttori di unità operative che, arbitrariamente, decidono il livello di soccorso che deve essere erogato. Ecco, qui si verificano i recenti casi di cronaca, uno per tutti, la morte in attesa dell’ambulanza della signora di Noci (Bari), perfetta sintesi di un sistema da rivedere completamente.
L’indisponibilità immediata di mezzi di soccorso perché tutti "occupati" in altri servizi deriva da scelte assurde, come il mancato approvvigionamento di barelle nelle strutture di pronto soccorso o la mancata riprogrammazione logistica delle strutture, l’assenza di una campagna di assunzioni di personale sanitario e tecnico, dalla scelta di istituire centrali uniche di sanificazione delle ambulanze non capillari sul territorio e spesso con tempi di attesa di ore per l’espletamento di tale servizio.
E purtroppo quando il mezzo di soccorso è finalmente disponibile, il personale infermieristico che arriva sul luogo non può erogare le prestazioni salvavita necessarie (prima mission del sistema stesso) perché esiste una carenza di procedure operative che non consente la somministrazione di tutti quei farmaci indispensabili per tentare una concreta risoluzione del quadro.
Redigere tali istruzioni operative, che tra l’altro sono già ampiamente in essere in tante regioni del nord Italia, garantirebbe la qualità delle cure conferendo migliori chance al paziente stesso.
In tutto ciò si assiste, spesso inermi, all’utilizzo costretto e improprio da parte della cittadinanza del sistema di emergenza pre-ospedaliero per una cronica assenza della medicina del territorio, oggi ancor più assente soprattutto nelle sue forme di risposta negli orari notturni e nei festivi.
Il servizio di Guardia Medica in molte parti della penisola oramai eroga soprattutto una sorta di consulenza telefonica e solo in pochi casi si reca a domicilio del cittadino per eseguire la visita richiesta. Tutto il resto viene demandato al 118, togliendo così mezzi di soccorso dalla disponibilità di utilizzo in quei casi che, invece, rientrano nel regime di emergenza.
In un quadro del genere, parrebbe ovvio fermare il sistema per ripensarlo, ma nel corso di una pandemia questo non è proponibile.
Allora cerchiamo di migliorare in fretta ciò che può essere migliorato, utilizzando le strutture e i professionisti in modo ottimale per garantire una risposta doverosa ai nostri concittadini.
In futuro avremo modo ripensare agli errori fatti, per non commetterne più.
* Infermiere, Vice Presidente Nazionale della Società Italiana degli Infermieri di Emergenza Territoriale
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