Lavoro e professione

Logopedisti, in Italia ne mancano 10 mila rispetto alla media europea, +30% di richieste di intervento per sintomi post Covid

di Tiziana Rossetto *

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24 Esclusivo per Sanità24

Con la pandemia le richieste di intervento riabilitativo del logopedista sono schizzate alle stelle (+30%) per la riabilitazione del linguaggio dei pazienti dimessi dalle terapie intensive. Per tutta risposta i logopedisti si sono subito attrezzati attivando un sistema di logopedia a distanza e tele-assistenza molto efficace e varando per primi delle linee guida che sono state subito prese a modello all’estero. Ma tutto questo è avvenuto sulle spalle di una categoria drammaticamente sottodimensionata per numeri: basti pensare che nel nostro Paese ci sono circa 15 mila specialisti, 24 ogni 100 mila abitanti, contro una media europea di 40 per 100 mila. Calcolando i consueti 60 milioni di abitanti, parliamo di 10 mila professionisti mancanti. Le difficoltà per la categoria dunque sono aumentate, nonostante medici, pazienti e caregiver siano consapevoli dell’importanza cruciale di questa figura per la salute del cittadino. La nostra professione è anche ai primi posti nella scelta delle giovani matricole tra le 22 professioni sanitarie. Ma i circa 840 laureati che si registrano ogni anno in Italia non sono abbastanza per colmare il divario con gli altri Paesi. Per fare solo due esempi, le liste d’attesa superano ormai un anno; inoltre adulti e anziani in fase acuta e cronica (quali post ictus con afasia, malattie croniche degenerative, demenze) non possono essere presi in carico malgrado le evidenze scientifiche dimostrino l’efficacia dell’intervento di cura da parte del logopedista. Questi sono solo alcuni dei motivi che ci hanno spinto ad analizzare il nostro "territorio di compenza" attraverso un’indagine sul modo in cui viene vissuto il ruolo del logopedista sia dalle altre professioni sanitarie sia dal management del sistema sanitario. Datanalysis, ha coinvolto 2.100 tra medici di famiglia, pediatri, geriatri, neurologi e fisiatri e 200 tra direttori generali e direttori sanitari di Asl e Aziende ospedaliere, in tutta Italia ed è nato il nostro primo Libro Bianco. E siamo all’inizio del lavoro.
Entrando nel dettaglio del “Libro Bianco della Logopedia”, sono diversi i risultati che balzano agli occhi. Per quanto riguarda per esempio i medici che ricorrono più spesso al supporto di un logopedista, il primato va ai pediatri di famiglia (il 91% degli intervistati) seguiti dai neurologi ambulatoriali (75%) e dai medici di famiglia (70%). Le problematiche per le quali si è reso necessario l’intervento del logopedista sono state anzitutto i disturbi primari del linguaggio e quelli specifici dell’apprendimento, su sollecitazione del 25% dei pediatri di famiglia; malattie croniche e degenerative (come il Parkinson o la SLA) sono state invece il motivo per cui circa il 40% dei fisiatri ha chiesto aiuto a uno specialista dei disturbi fonetici. Circa uno su quattro dei geriatri ambulatoriali intervistati, invece, ha ritenuto opportuno avere un supporto di fronte a pazienti affetti da Alzheimer o altre demenze.
Da notare come la maggior parte dei medici di famiglia e degli altri specialisti intervistati (oltre il 50% del campione) sia sostanzialmente concorde nell’individuare il motivo di fondo per cui si ricorre al supporto di un logopedista: evitare un aggravamento progressivo della patologia del paziente.
Anche l’impatto della pandemia sulla collaborazione tra medici e logopedisti si riflette nei numeri dell’indagine: tutte le categorie di specialisti chiamati a rispondere hanno riconosciuto che il rapporto ha subìto una forte frenata (più di tutti, i geriatri ambulatoriali con il 64%); piccole percentuali hanno invece dichiarato di non aver registrato variazioni di rilievo nel loro lavoro a quattro mani (per esempio i pediatri di famiglia, 16%, e i neurologi ambulatoriali, 13%).
Sempre restando al capitolo delle ripercussioni del Covid-19, il 43% dei medici di famiglia e la stessa percentuale dei fisiatri segnala che il rapporto logopedista-paziente si è interrotto proprio in conseguenza della pandemia, mentre il 51% dei geriatri ambulatoriali racconta di continue sospensioni e riavvii che hanno complicato il percorso di riabilitazione.
La carenza di organico dei logopedisti rappresenta un problema concreto per circa un terzo dei medici di famiglia, che pur sottolineando l’importanza di questa figura professionale, lamenta il fatto che non sempre sono disponibili proprio perché non in numero sufficiente. E di questa stessa idea è anche una cospicua percentuale di pediatri di famiglia e geriatri ambulatoriali (26%).
Per quanto riguarda invece il campione di intervistati appartenenti al management sanitario, la grande maggioranza (circa il 75%) dei direttori generali e sanitari ritiene “molto importante” o “abbastanza importante” la figura del logopedista; in particolare per far fronte a problematiche quali le malattie croniche degenerative (Parkinson, Sla) o l’afasia conseguente a un ictus o a interventi chirurgici. Il 58% dei direttori generali e il 57% dei direttori sanitari afferma che l’intervento di un logopedista sia strategico per evitare, in prospettiva, un aggravamento progressivo della patologia del paziente. Ma uno su quattro dei manager intervistati è costretto a notare che l’attività del logopedista durante la pandemia si è interrotta o ha subito pause e riprese che hanno causato problemi alla riabilitazione.

* Presidente Federazione Logopedisti Italiani


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