Lavoro e professione

Quando la fiction in tv può indurre una percezione distorta del servizio pubblico ospedaliero

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Non c’è alcun dubbio che per i cittadini italiani attualmente l’aspetto della società e della vita pubblica cui viene data maggiore importanza e attenzione è quello della sanità pubblica: più dell’economia, più delle vicende internazionali e, sicuramente, più della politica interna. La valutazione della qualità del Servizio sanitario è ovviamente molto soggettiva se, per esempio, si è appena stati al CUP è si è avuto un appuntamento per una RMN a sei mesi di distanza ovvero se si è appena stati dimessi dopo un delicato e riuscito intervento di cardiochirurgia. Esistono sacche di inefficienza e molte cose da migliorare ma la percezione generale da parte degli utenti è di grande affidamento e si fonda, forse, più sulla professionalità degli operatori che sugli aspetti strutturali e logistici delle aziende sanitarie.
Tanto premesso, vorrei qui affrontare un tema piuttosto insolito che è quello della rappresentazione della sanità che hanno i cittadini attraverso i programmi televisivi, ma non quelli giornalistici o di attualità bensì quello che si ricava dalle fiction di ambientazione ospedaliera che sono diventate popolarissime, forse anche per effetto indotto dalla paura della pandemia. Il pensiero corre inevitabilmente a “Doc – nelle tue mani”, fiction di grande successo di RAI 1, venduta in più di 100 Paesi. Lo sceneggiato (così si chiamavano ai miei tempi) è fatto bene, è intrigante nella sceneggiatura, gli attori sono all’altezza e va riconosciuto che Luca Argentero, con una empatia e un fascino unici, impersona il medico che tutti vorrebbero avere accanto nella malattia. Tuttavia, ad un addetto ai lavori non possono essere sfuggite alcune sottigliezze che non sono rappresentative della realtà del Servizio sanitario nazionale e potrebbero indurre una percezione distorta o non completamente esatta del nostro sistema ospedaliero. Con grande bonarietà e con una ribadita, personale passione per le puntate di “Doc”, provo a segnalare quegli aspetti che sono frutto di licenze di sceneggiatura.

Innanzitutto va detto – ma questo è stato sicuramente compreso da tutto il pubblico dei telespettatori – che il “Policlinico Ambrosiano” non esiste e il nome è di fantasia. Quello che però credo abbiano capito in pochi è che la struttura dove lavorano i nostri eroi è una struttura privata, benché presidio del Servizio sanitario pubblico. Decine di indizi lo indicavano nelle prime puntate ma se ne è avuta una evidente conferma quando nell’episodio 12 appare un paio di volte il misterioso personaggio che vuole rovinare Fanti. Ebbene, il soggetto in questione è il CEO di una ditta privata e, pertanto, non solo l’Ambrosiano è privato ma risponde ad una proprietà che è plausibilmente americana e che si comporta e, forse è di fatto, da vera padrona del Policlinico: quando il Direttore amministrativo – di cui si dirà oltre – telefona per comunicare il fallimento del complotto per non riprendere Fanti appare per un attimo sul display del cellulare la scritta “CEO PNS Diagnostica”, particolare forse insignificante nel plot ma chiarissimo rispetto a quanto detto sopra. Insomma, i cittadini milanesi non dovrebbero poterlo scambiare per il Niguarda, il Sacco o il San Carlo.

Altri aspetti piuttosto singolari riguardano il personale: non si vede un solo infermiere e l’unica presenza non medica è la caposala (sic !), vera coscienza materna di tutto il team. L’asse portante del reparto sono i medici specializzandi che fanno di tutto. Nella realtà non è così frequente o scontato che i prelievi o la somministrazione dei farmaci venga fatta da medici.

E veniamo alla parte più “fantasiosa”. Le vicende personali e professionali di Fanti sono raccontate con grande libertà e creatività quando, ad esempio, si parla di come ha perso e come potrebbe riacquisire il primariato: test di valutazione e una prova orale, il nuovo primario che aspetta docilmente gli esiti della “ordalia”, addirittura un giorno di prova simulata da primario. In un passaggio viene perfino detto che “Caruso vuole radiare Fanti”. Che poi la nomina o la valutazione di un primario medico sia effettuata da una “commissione” composta da un avvocato e una psicologa dovrebbe far inorridire i sindacati medici.

Infine, la figura del Direttore amministrativo Caruso che è il padre-padrone dell’ospedale e risponde solo alla proprietà-ombra. Si sarà notato che non esiste un Direttore generale e nemmeno un Direttore sanitario aziendale e la struttura manageriale è esattamente quella degli ospedali americani. Il personaggio di Caruso è una via di mezzo tra un gangster e un colonnello del KGB perché spia, sabota, indirizza gli acquisti delle apparecchiature elettromedicali e dispone dei dipendenti in modo a dir poco padronale. I Direttori amministrativi delle aziende sanitarie pubbliche dovrebbero fare una lettera aperta di protesta per la figura che viene rappresentata e percepita dal pubblico ma che nella stragrande maggioranza dei casi non è quella che lavora nella Sanità pubblica. Tra i circa 200 Direttori amministrativi sono senz’altro presenti molti burocrati, c’è qualche incapace e taluni, forse, hanno problemi con il principio di legalità; ma un personaggio mostruoso come Caruso è impensabile nella realtà e potrebbe davvero ingenerare convinzioni errate, vista la potenza comunicativa e suggestiva del mezzo televisivo.

In chiusura un dato particolare riguarda le locations della fiction. Come detto il “Policlinico ambrosiano” non esiste ma il set dove è stato girato non è nemmeno a Milano perché le riprese generali sono fatte nel Campus biomedico di Roma, guarda caso un'altra struttura privata, che è di proprietà dell’Opus Dei. In quell’ospedale universitario di grande prestigio e qualità è peraltro noto che non vengono in ogni caso applicate alcune leggi dello Stato italiano.

Il programma è appassionante ma, proprio per questo, il pubblico televisivo potrebbe ricavarne convinzioni che non trovano riscontro nella realtà, quantomeno della Sanità pubblica e forse la RAI, come rete televisiva di servizio pubblico, dovrebbe per correttezza precisare che le vicende narrate si svolgono in un ospedale privato.


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