Lavoro e professione

Previdenza: le principali riduzioni previste per l'assegno di reversibilità

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

La riforma Dini del 1995, con cui si è dato l’avvio al sistema di calcolo delle pensioni con il metodo contributivo, ha introdotto, anche, dei limiti alla cumulabilità delle reversibilità con eventuali redditi del coniuge superstite. La pensione di reversibilità è una forma di sostegno pensionistico dedicata ai familiari superstiti di un pensionato (o di un lavoratore) deceduto.
La pensione di reversibilità è collegata alla pensione diretta ricevuta dal pensionato prima del suo decesso. Possono accedere i familiari della persona deceduta a questo particolare trattamento quando il defunto era titolare di una pensione di vecchiaia, di anzianità, di invalidità o similari. Questo tipo di misura si differenzia dalla pensione indiretta in quanto quest’ultima è riservata ad un soggetto assicurato a favore dei familiari più vicini, purché questo soggetto non era titolare di una pensione di tipo diretto.
Il trattamento di reversibilità, per gli iscritti alla previdenza pubblica ( Inps – Inpdap ) è previsto per il coniuge sopravvissuto al 60 per cento della pensione goduta in vita dal titolare; al figlio unico superstite, minore, studente o inabile spetta il 70%; a ciascun figlio, se ne ha diritto anche il coniuge, spetta il 20%; a ciascun figlio, se il coniuge non ne ha diritto, spetta il 40%; a genitori o fratelli e sorelle, spetta il 15% per ciascuno.
Una realtà, particolarmente restrittiva, è però rappresentata anche dalla prevista condizione che l’importo della pensione ai superstiti venga correlata alla situazione economica del superstite.
La pensione viene ridotta del 25 per cento se si ha un reddito superiore a tre volte il minimo Inps pari a 22.315,42 euro (il minimo Inps per il 2023 è di 572,19 euro mensili e di 7.438,47 annuo); del 40 % se superiore a quattro sino a cinque volte il trattamento minimo pari 29.753,88 euro, e del 50 % se superiore a cinque volte il trattamento minimo pari ad oltre i 37.192,35euro . La condizione di ridotta cumulabilità rappresenta una grave discriminazione specie per il mondo professionale ( in particolare medico ) dove spessissimo il coniuge è anche esso un lavoratore e percepisce un reddito o addirittura una sua pensione costruita con propri contributi.
A fronte di questi ingiustificati tagli un unico contentino è stato dato dalla Corte Costituzionale che, accogliendo una questione sollevata dal Tar del Lazio sul cumulo tra pensione di reversibilità e redditi aggiuntivi del beneficiario, è intervenuta affermando che in caso di cumulo con ulteriori redditi del beneficiario, la pensione di reversibilità non può essere tagliata di un importo superiore all’ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi. Ridurre la pensione oltre la misura dei redditi conseguiti, si tradurrebbe, infatti in un danno per il superstite.
Diverso è il trattamento di reversibilità prodotto dall’Enpam, l’Ente di previdenza dei medici. La Fondazione prevede, infatti un trattamento per il solo coniuge del 70%; coniuge e un figlio l’80% (cioè 60% al coniuge e 20% al figlio); coniuge e due o più figli il 100% (cioè 60% al coniuge e 40% ai figli); solo un figlio l’80%; due figli il 90%; tre o più figli il 100%. Ma quello, che è più importante, non impone nessun taglio alla reversibilità nel caso di reddito del beneficiario, mantenendo il trattamento nelle percentuali previste dalle norme regolamentari dell’Ente.


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