Lavoro e professione

Manovra/ Lavoratori frontalieri con Ssn "tassato": si va verso una nuova imposta sul reddito

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Nell'ambito della manovra 2024 viene prevista una disposizione che costituisce una novità piuttosto singolare e merita un approfondimento. Si tratta dell'art. 49 rubricato "Disposizioni in materia di lavoratori frontalieri, contributo al Servizio sanitario nazionale e osservanza degli obblighi anagrafici". La norma introduce due distinti istituti di natura finanziaria: una specifica quota di compartecipazione al Ssn e la tassa di iscrizione al medesimo servizio pubblico per cittadini stranieri in particolari condizioni (contributo annuale a titolo di partecipazione alle spese). La parte che qui interessa sono i commi 1-4 che hanno la evidente finalità di fronteggiare l'esodo del personale sanitario verso la Svizzera. Sul piano generale intravedo possibili profili di incostituzionalità nell’imporre un ticket così specifico che non riguarda le prestazioni sanitarie oggettivamente intese bensì la condizione soggettiva di talune persone. È, inoltre, l’unica compartecipazione calcolata in percentuale e non in valore assoluto, come i ticket per il Ps o la specialistica; in pratica è un imposta sul reddito. Ma veniamo ai contenuti.
Le Regioni interessate sono, in ordine di apparizione, Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia e la Provincia autonoma di Bolzano ma, per entità del fenomeno migratorio, la più coinvolta è senz'altro la Lombardia, anche in ragione della facilità dei collegamenti: basti pensare che sul confine tra Lombardia e i Cantoni Ticino e Grigioni sono presenti una quarantina di valichi di frontiera mentre in Piemonte sono solo tre con il Vallese e ne hanno uno ciascuno la Valle d’Aosta e Bolzano. Da anni le aziende della parte nord di quella Regione incontrano grandi difficoltà a espletare i concorsi per medici e infermieri – come tutta Italia, peraltro - ma, contemporaneamente, hanno un tasso di dimissioni fuori norma. Negli ultimi mesi la stampa ha riportato molto spesso interventi dei presidenti degli Ordini professionali deglio infermieri lombardi che denunciano la situazione e per dare un'idea della portata del fenomeno, viene affermato che i quattromila infermieri transfrontalieri in Svizzera rappresentano una forza lavoro pari a circa il 30-35% degli organici delle aziende sanitarie delle città lombarde di confine, cioè Varese, Lecco, Como e Sondrio. Infatti, i destinatari finali della diposizione della legge di Bilancio dovrebbero essere le Ata Insubria, Brianza e della Montagna nonché le otto Asst che fanno riferimento alle citate agenzie. Come detto, la "compartecipazione" riguarderà anche la Azienda Usl Valle d’Aosta, le Asl di Vercelli e di Verbania, Cusio, Ossola e, per quanto sia improbabile, la Azienda sanitaria dell’Alto Adige.
Il Ddl Bilancio cosa prevede allora per dette criticità ? Che sono tenuti a versare questa quota di compartecipazione tutti coloro, unitamente ai loro familiari, che lavorano e soggiornano in Svizzera ma che utilizzano il Servizio sanitario nazionale nonchè i cosiddetti frontalieri. I primi sono coloro che presumibilmente si sono cancellati dal Ssn - altrimenti non si comprenderebbe l’utilizzo del termine "utilizzano" – e i secondi sono i frontalieri propriamente detti, cioè coloro che risiedono entro 20 km dal confine, oltre a quelli "fuori fascia".
Per come è scritta la disposizione, si dovrebbe intendere che devono versarla indistintamente tutti i lavoratori e non solo i medici e gli infermieri che lavorano negli ospedali e cliniche svizzere. La quota di compartecipazione familiare dovuta viene definita dalla Regione di residenza ed è compresa fra un valore minimo del 3% e un valore massimo del 6%, da applicare, a decorrere dal 2024 al salario netto percepito in Svizzera. In merito a quest’ultimo punto si potrebbero sollevare perplessità riguardo alla affidabilità e veridicità delle dichiarazioni, anche alla luce della nota riservatezza elvetica. Esiste, comunque, l’obbligo per il datore di lavoro svizzero di rilasciare nel mese di febbraio un "certificato di salario".
Interessante è quello che prevede il comma 2 in relazione alle somme incassate direttamente dalle Regioni interessate. Gli importi sono destinati "al sostegno del servizio sanitario delle aree di confine e prioritariamente a beneficio del personale medico e infermieristico, quale trattamento accessorio, in misura non superiore al 20 per cento dello stipendio tabellare lordo, i cui criteri di attribuzione sono definiti nell'ambito dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro nei limiti delle risorse che si rendono disponibili annualmente a partire dal 2024 per tale finalità ai sensi del comma 3". Dunque, le aziende beneficiarie sono quelle sopra indicate e il personale interessato sono soltanto medici e infermieri che potrebbero ottenere come premialità mirata, rispettivamente, fino a 9.400 euro e 4.660 euro lordi annui.
In disparte alla procedura alquanto complicata ("prioritariamente"), preoccupa il rinvio ai Ccnl perché quello della dirigenza sanitaria si sta ormai per chiudere e quello del comparto risale a un anno fa esatto. Dei rinnovi 2022-2024 sembra per ora del tutto prematuro anche l’accenno. Considerato poi che il successivo comma 3 delega ad un decreto del Ministero della Salute di concerto con il Mef, sentiti i Presidenti interessati, le modalità di riscossione e assegnazione delle somme e, soprattutto, la quota da destinare al personale e tenuto conto dei tempi biblici che si prendono le tecnostrutture ministeriali per l’adozione dei decreti attuativi (stavolta non hanno nemmeno indicato "entro"), c’è davvero da aspettarsi che questo benefit potrà andare concretamente nelle buste paga dei dipendenti quando medici e infermieri saranno ridotti a poche decine.
La Valle d'Aosta apripista... Si diceva che la norma è un tentativo di fronteggiare la carenza di personale sanitario e rendere più pesante la busta paga di chi resiste a lavorare nella Sanità pubblica. Una strategia non molto diversa – se non per la forma, ma per la sostanza – è stata quella adottata dalla Regione Valle d’Aosta con la legge regionale n. 35 del 22.12.2021 che con l’art. 18 introduce, in via sperimentale per il triennio 2022/2024, una "indennità di attrattività regionale" per il personale della dirigenza medica e il personale infermieristico, rispettivamente di 800 euro e 350 euro lordi mensili. Le vicende di questa legge sono assai complesse, anche alla luce della circostanza che già in precedenza una legge che introduceva una "indennità sanitaria valdostana" e una "indennità di disagio una tantum" era stata esaminata dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 5 del 17 gennaio 2022, aveva ritenuto non fondato il ricorso del Governo. Ma nella seduta del 24 febbraio 2022, il Consiglio dei ministri aveva impugnato la nuova legge valdostana (la citata n. 35/2021). Dopo una serrata trattativa tra organi del Governo e la Regione autonoma, si è giunti ad un compromesso e, con l’ulteriore legge n. 22/2022, la Valle d’Aosta ha modificato la precedente n. 35/2021 allo scopo di superare le censure di incostituzionalità che hanno motivato l’impugnazione. Sistemata così la vicenda, la Funzione pubblica ha ritenuto possibile la rinuncia al ricorso avverso l’art 18, rinuncia poi ratificata e approvata ufficialmente nel Consiglio dei Ministri del 1° dicembre 2022. Orbene, se le argomentazioni giuridiche siano state davvero convincenti ovvero se le politiche del nuovo Governo abbiano influenzato la decisione – cosa altro è questa "rinuncia" se non una epifania di autonomia differenziata ? - ciascuno può deciderlo secondo la propria cultura e sensibilità. Resta il fatto che sugli interventi legislativi valdostani pesa, a mio parere, un forte dubbio di incostituzionalità non solo riguardo all’art. 45 del d.lgs. 165/2001 (competenza esclusiva della contrattazione collettiva) ma anche il relazione all’art. 36 della Costituzione, laddove si sancisce che la retribuzione deve essere "proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro" e, in tutta franchezza, la carenza di sanitari e il loro esodo all’estero non ha nulla a che fare con i parametri costituzionali, visto che il concetto di attrattività è estraneo sia alla quantità che alla qualità del lavoro svolto.
...Ma i restano dei distinguo. In cosa si distinguono le due strategie per frenare la fuga di medici e infermieri di cui si è parlato? Quella della Regione autonoma ha invaso una competenza sovrana della contrattazione collettiva nazionale perché nessuna altra fonte può istituire una "indennità", comunque denominata e motivata. La decisione dell’odierno legislatore, invece, è del tutto corretta riguardo al riparto delle competenze, perché individua una fonte di finanziamento per il trattamento accessorio e tale percorso è pienamente il linea con i vigenti contratti collettivi dove si prevede la possibilità di incrementare il fondo della premialità con "risorse derivanti da disposizioni di legge che prevedano specifici trattamenti economici in favore del personale, coerenti con le finalità del presente Fondo" (art. 103, comma 5, lettera c, del Ccnl del 2.11.2022, e la omologa clausola contrattuale per l’area dirigenziale). Se poi le risorse in questione dovessero risultare esigue o di difficile esigibilità, è un altro discorso.


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