Lavoro e professione

Welfare: Itinerari previdenziali, 157 mld di costo nel 2022 (+126% in 10 anni). L'indicazione: Razionalizzare spesa e separare assistenza da previdenza

di Fabio Bonanni

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24 Esclusivo per Sanità24

Sono 157 i miliardi assegnati a oneri assistenziali nel 2022, con una spesa, a carico della fiscalità generale, cresciuta del 126% nell'arco di un decennio. È il dato evidenziato da 'Itinerari previdenziali' attraverso l'ultimo rapporto sul 'Bilancio del sistema previdenziale italiano', presentato alla Camera. "Tutto sommato stabile invece - sintetizza il centro studi - la spesa per le prestazioni previdenziali, che vale il 12,97% del Pil: un valore in linea con la media europea ma distante da quello davvero comunicato a Bruxelles. Generando confusione ed esponendo il Paese al rischio di una nuova dura riforma". Il rapporto torna a suggerire, pertanto, "una corretta separazione tra previdenza e assistenza, e quindi una razionalizzazione della spesa assistenziale, che ormai da troppo tempo appesantisce le casse dello Stato, generando debito e sottraendo risorse a investimenti e sviluppo". In particolare, rileva il rapporto, "nel 2022 l'Italia ha complessivamente destinato a pensioni, sanità e assistenza 559,513 miliardi di euro, con un incremento del 6,2% rispetto all'anno precedente (32,656 miliardi): la spesa per prestazione sociali ha assorbito oltre la metà di quella pubblica totale, il 51,65 per cento. Rispetto al 2012, e dunque nell'arco di un decennio, la spesa per welfare è aumentata di ben 127,5 miliardi strutturali (+29,4%); aumento ascrivibile soprattutto agli oneri assistenziali a carico della fiscalità generale, cresciuti del 126,3% a fronte dei "soli" 37 miliardi della spesa previdenziale (+17%) e del 18% del nostro Pil". Per il presidente di 'Itinerari', Alberto Brambilla, «la corretta determinazione di questi dati è fondamentale per evitare che eccessive sovrastime convincano l'Europa a imporre tagli alle pensioni che, come evidenziano questi numeri, presentano invece una spesa tutto sommato sotto controllo».
Nel documento si segnalano tra gli altri, "i dati comunicati dalle nostre istituzioni in sede europea, con le prime stime Eurostat sul 2022 relative a pensioni di vecchiaia, anticipate e superstiti che ammontano per l'Italia al 16,7%, contro il 12,6% della media Ue".
Lo scenario. Grazie a un'occupazione in ripresa seppur distante dai livelli europei, secondo l'undicesimo rapporto Rapporto di Itinerari previdenziali continua a migliorare il rapporto attivi-pensionati, indicatore di tenuta della previdenza italiana: nel 2022 il valore si attesta a quota 1,4443. «La "soglia della semi-sicurezza' dell'1,5 è ancora lontana ma, nel complesso, il sistema regge e continuera' a farlo, a patto di saper compiere - sottolinea il centro studi - in un Paese che invecchia, scelte oculate su politiche attive per il lavoro, anticipi ed età di pensionamento". Nel dettaglio, aumenta il numero di pensionati, che salgono a 16.131.414 nel 2022 (il 51,7% rappresentato da donne), a fronte dei 16.098.748 dell'anno prima (+32.666 unità, pari allo 0,20% in più). "Un incremento ascrivibile - osserva 'Itinerari previdenziali' -nonostante le pur numerose cancellazioni di prestazioni in pagamento da 35 anni e più, alle molteplici vie d'uscita in deroga alla Fornero introdotte dal 2014 in poi e culminate negli ultimi anni con l'approvazione dapprima di Quota 100 nel 2019 e, quindi a seguire, di Quota 102. Cresce poi anche il tasso di pensionamento grezzo rilevato dalla pubblicazione: su 3,65 residenti italiani almeno uno è pensionato, dato obiettivamente molto elevato se si tiene conto che il picco dell'invecchiamento della nostra popolazione verrà toccato nel 2045".
Quanto al numero di prestazioni pensionistiche, al 2022 ne risultano in pagamento 22.772.004, +0,06% rispetto al 2021, pari a 13.207 trattamenti. Si tratta, spiega il Rapporto, di 17.710.006 prestazioni erogate nella tipologia invalidità, vecchiaia, superstiti, cui vanno aggiunte 4.420.837 pensioni assistenziali Inps e 641.161 prestazioni indennitarie dell'Inail. In media ogni pensionato riceve 1,411 prestazioni, il livello più basso dal 2006 (e risulta in pagamento una prestazione ogni 2,584 abitanti, vale a dire, sottolinea il centro studi, circa una per famiglia).
Un sottile equilibrio. «Volendo trarre qualche prima conclusione - ha sottolineato ancora il presidente Alberto Brambilla - a oggi il sistema è sostenibile e lo sarà anche tra 10-15 anni, nel 2035/40, quando la maggior parte dei baby boomer nati dal dopoguerra al 1980, in termini previdenziali assai significativa data la loro numerosità, si sarà pensionata». Ma, avvisa, «perché si mantenga questo sottile equilibrio, sarà indispensabile intervenire in maniera stabile e duratura, tenendo conto di alcuni principi fondamentali: le età di pensionamento, attualmente tra le più basse d'Europa, circa 63 anni l'età effettiva di uscita dal lavoro in Italia nonostante un'aspettativa di vita tra le più elevate a livello mondiale, e che dovranno dunque gradualmente aumentare evitando il ricorso a eccessive anticipazioni; l'invecchiamento attivo dei lavoratori, attraverso misure volte a favorire un'adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più senior della popolazione; le politiche attive del lavoro, da realizzare di pari passo con un'intensificazione della formazione professionale, anche on the job;la prevenzione, intesa in senso più ampio come capacità di progettare una vecchiaia in buona salute». Per Brambilla, dunque, è necessario «un serio cambio di rotta da parte del nostro Paese, che al momento naviga a vista, senza una bussola, dinanzi alla più grande transizione demografica di tutti i tempi, con grande parte della spesa pubblica indirizzata verso sussidi e assistenzialismo, frenando le possibilità di crescita, quando invece, anche alla luce di un debito pubblico che a breve potrebbe sfondare la soglia dei 3.000 miliardi di euro, la doverosa priorità sembrerebbe essere una seria revisione dei propri modelli produttivi e del proprio mercato del lavoro».


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