Lavoro e professione

Medici e infermieri: i contributi maturati all’estero sono validi anche per la pensione in Italia

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Dai dati forniti dalla FnomCeo , la Federazione degli Ordini dei medici, sono mille all’anno i medici italiani che richiedono i certificati per trasferirsi all’estero.
Negli ultimi 20 anni tra medici e infermieri sono “ fuggiti ” all’estero quasi in 180mila. Secondo un’elaborazione dei dati contenuti nel Database Ocse è questa una stima verosimile dei professionisti sanitari che nel nuovo millennio hanno scelto di lavorare fuori dall’Italia. Si tratta di circa 131mila medici e di circa 48mila infermieri.
I numeri non segnalano quanti siano poi tornati o quanti invece siano andati in pensione ma evidenziano in ogni caso come il fenomeno, soprattutto a partire dal 2009, con l’inizio del blocco del turnover e dei contratti, sia molto rilevante e abbia impattato sulla carenza di personale che oggi vive il Servizio sanitario.
Sono molti i medici che hanno una doppia posizione previdenziale, una in Italia ed una seconda in un altro paese straniero. Parliamo sia di medici di origine italiana, che magari hanno svolto all’estero un’altra attività di durata più o meno lunga, sia di medici stranieri trasferitisi in Italia, che hanno trovato qui una definitiva realizzazione professionale. Questi medici, quindi, godono di una doppia posizione previdenziale una presso un Ente previdenziale italiano, generalmente Inps o Enpam, oppure entrambi, l’altra presso un altro Stato. Le due posizioni viaggiano separatamente e producono due pensioni separate. Così come accadeva ai nostri emigrati che tornavano in Italia per la vecchiaia, e magari avevano una pensione tedesca ed una pensione di inabilità italiana. I problemi sorgono quando una delle due posizioni previdenziali è insufficiente a generare una pensione autonoma. In questo caso entra in gioco la cosiddetta totalizzazione internazionale. In sostanza la posizione contributiva dell’altro Paese consente di raggiungere i requisiti pensionistici nel Paese dove l’anzianità contributiva è insufficiente. È prevista infatti la possibilità di totalizzare i contributi maturati in tutti i Paesi a cui si applica la normativa UE.
La totalizzazione internazionale non comporta il trasferimento dei contributi da uno Stato all’altro, ma consente di tener conto, ai soli fini dell’accertamento del diritto alla pensione, dei periodi assicurativi maturati nei Paesi convenzionati nei quali l’interessato ha prestato attività lavorativa. La totalizzazione internazionale è utile ai fini del diritto alla prestazione, ma non incide sulla sua misura. La totalizzazione internazionale è ammessa a condizione che il lavoratore possa far valere un periodo minimo di assicurazione e contribuzione nel Paese che deve effettuare il cumulo dei contributi per concedere la pensione. In base ai Regolamenti UE il periodo minimo richiesto ai fini della totalizzazione è pari ad un anno (52 settimane), mentre nelle Convenzioni bilaterali questo periodo è stabilito da ogni singola Convenzione. Alcune convenzioni bilaterali prevedono la totalizzazione multipla, cioè la possibilità di sommare i contributi versati in Paesi terzi che risultano legati a loro volta da accordi internazionali sia all’Italia sia all’altro Stato contraente. I periodi esteri da prendere in considerazione ai fini della totalizzazione internazionale non devono essere sovrapposti temporalmente ai periodi accreditati in Italia,
Una condizione particolare e di grande importanza è rappresentata ( Circolare INPS n. 50/2022 ) dalla determinazione da parte della stessa Inps per cui non è rilevante, per attivare la totalizzazione internazionale, il fatto di essere già percettori di pensione presso uno dei due Stati coinvolti. Quella che conta è la posizione contributiva. E quindi la presenza di pensione straniera già in godimento non ostacola l’utilizzo dei contributi ad essa sottostanti per acquisire il diritto alla pensione italiana e viceversa. I titolari di pensioni maturate presso enti stranieri appartenenti al territorio dell’Unione Europea o della Svizzera, possono usufruire anche del cumulo gratuito dei contributi versati in più di una gestione. Condizione, invece, preclusa in caso di essere già titolari di pensione in Italia . La titolarità del trattamento pensionistico maturato all’estero non preclude, infatti, il diritto sia al cumulo, sia alla totalizzazione Questo anche in relazione al chiarimento fornito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il quale ha precisato come deve considerarsi corretta l’interpretazione favorevole alla compatibilità tra la titolarità della sola pensione estera e la possibilità sia di totalizzare e anche di cumulare essendo istituti giuridici molto simili.


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