Medicina e ricerca

Chirurgia: il segreto dell’appropriatezza è l’equilibrio tra innovazione e sapere medico

di Francesco Spinelli (direttore Chirurgia vascolare, Policlinico Campus Bio-Medico di Roma)

Il tema dell'appropriatezza terapeutica è tornato in questi mesi al centro dell'agenda sanitaria. Si tratta di un esempio lampante di come l'uso appropriato delle nuove tecnologie possa garantire migliori standard di cura e risparmi per il nostro sistema pubblico, viene dal trattamento delle malattie cardiovascolari. Qui, come in tutte le branche della chirurgia, la necessità di offrire modalità di trattamento sempre meno invasive e quindi più adatte a una popolazione anziana e fragile, ha favorito lo sviluppo delle tecnologie endovascolari e di ogni altra metodica mini invasiva, non sempre utilizzate in modo appropriato. La tecnologia endovascolare, basata sul principio di curare i vasi sanguigni dall'interno con l'ausilio di fili guida, cateteri e stent, evitando le grandi incisioni chirurgiche e le pesanti operazioni frequentemente utilizzate in passato, si è imposta sostituendo quasi totalmente la chirurgia tradizionale nel trattamento delle più comuni malattie vascolari come le arteriopatie ostruttive degli arti, gli aneurismi e le arteriopatie dei vasi destinati al cervello.
La disponibilità di nuovi e versatili strumenti di cura, utilizzabili anche in pazienti particolarmente anziani e in grave stato di deperimento, ha comportato così un progressivo e incontrollato aumento del numero di interventi, favorito anche dal Sistema sanitario nazionale che, con la modalità di rimborso a Drg, tiene conto solo della quantità e complessità degli interventi, ma non della loro reale necessità e della qualità dei risultati ottenuti. Si è assistito così a un continuo ed incontrollabile aumento della spesa sanitaria, che ha obbligato in molti casi a tagli traumatici e scelte dolorose, spesso effettuate a discapito di altri pazienti, mentre al largo impiego di nuovi mezzi e costose tecnologie non sempre è corrisposto un miglioramento degli esiti della patologia trattata. L'avvento delle nuove tecnologie nel trattamento dell'arteriopatia periferica non ha, infatti, portato ad una sensibile diminuzione delle amputazioni degli arti, né ad una evidente riduzione dei ricoveri per ictus. Più promettente è l'impatto sulla mortalità per aneurisma, ma l'esito finale è ancora tutto da verificare. Ciò che è sicuro è che la spesa sanitaria lievita fuori controllo.
La necessità di far collimare standard di cura elevati e alta tecnologia con la limitazione della spesa sanitaria è la principale sfida della Medicina di oggi, in tutti i Paesi del mondo.
Il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, struttura giovane, amministrata con agilità e animata da una forte spinta etica, si trova nelle condizioni migliori per rispondere a questa sfida e la chirurgia vascolare è uno dei terreni di prova più interessanti.

L'azione intrapresa si basa sui seguenti principi:

1. utilizzare l'esperienza e la competenza dei sanitari per rendere più veloci e meno invasivi i percorsi clinici, ad esempio impiegando al massimo ecografia e altri esami non invasivi per stabilire le indicazioni e modalità di trattamento dei pazienti;

2. sviluppare, oltre alle costose tecniche endovascolari, anche tutte le tecniche di chirurgia aperta, favorendo però un approccio mini-invasivo;

3. integrare i tipi di trattamento (endovascolare e chirurgia aperta) selezionando i pazienti in base ai criteri predittivi di successo dei singoli trattamenti, in modo da ridurre al minimo le possibilità d'insuccesso;

4. addestrare le équipe operatorie alle tecniche di risparmio e di recupero intraoperatorio di sangue e alle tecniche ultrasonografiche non invasive di controllo intraoperatorio dei risultati;

5. addestrare tutto il personale sanitario al gestire il periodo post-operatorio secondo la modalità “fast track”;

6. creare un collegamento con strutture riabilitative esterne per i lungodegenti.

7. mantenere liste d'attesa agili e snelle, evitando l'ingolfamento degli spazi per i pazienti.

Ciò si ottiene attuando un programma di controllo ambulatoriale per tutti i pazienti asintomatici o che non necessitino di intervento immediato e possano essere seguiti nel tempo, limitando così l'accesso alla lista d'attesa ai pazienti tecnicamente più urgenti, in un numero compatibile con le disponibilità di sala operatoria ed emodinamica: inutile mettere in lista d'attesa pazienti che non potranno mai essere operati.
La Chirurgia vascolare al Campus Bio-Medico ha iniziato l'attività nel maggio 2014, effettuando in un anno oltre 300 interventi con un case mix di 2,65, con mortalità globale dello 0,6%, degenza media 3,5 giorni e un saldo attivo del 38% in media, quindi con un risparmio di oltre un terzo rispetto al rimborso elargito dal Ssn, una cifra che viene reinvestita a vantaggio dell'istituzione. Dati certamente migliorabili, ma che rappresentano un interessante modello di medicina sostenibile.


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