Medicina e ricerca

Epatite B: i riflettori non si spengono

di Nicola Caporaso (ordinario di Gastroenterologia -Direttore della Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia Università di Napoli Federico II)

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Fino a oltre la metà del secolo scorso i virus epatitici erano del tutto ignoti. Bisogna aspettare gli anni Sessanta per giungere alla svolta epocale, con Blumberg che nel 1968 scopre che il responsabile dell'epatite B è un virus a DNA: «Un genoma che può produrre solo poche proteine, e di dimensioni modeste» sottolinea Blumberg «Ma, per quanto semplice dal punto di vista biochimico, il virus dell'epatite B mostra un comportamento ben lontano dalla semplicità».
Da allora i riflettori si accendono e la ricerca intorno al virus dell'epatite B non si è più arrestata. Nel corso degli anni gli studi sull'epatite B hanno portato ad una serie di scoperte epocali che hanno progressivamente permesso di controllare e contrastare la malattia. In ordine cronologico: la scoperta del virus Delta, l'allestimento del vaccino, le prime terapie con interferone e poi l'introduzione dei farmaci antivirali, che consentono di controllare la replica del virus e prevenire la progressione della malattia verso la cirrosi e l'epatocarcinoma, ed infine l'identificazione dell'infezione B occulta. In tale contesto l'Italia ha avuto un ruolo di particolare rilevanza con la scoperta del virus Delta da parte dell'italiano prof. Mario Rizzetto. Inoltre, nell'ambito della vaccinazione per l'epatite B, l'Italia è stata un modello per tutto il mondo: l'idea di vaccinare i bambini, alla nascita e i dodicenni, si è rivelata una strategia epidemiologicamente vincente. In dodici anni, infatti, si è ottenuta la “copertura” di tutta la popolazione al di sotto del ventiquattresimo anno di età. Un successo che tutti ci riconoscono. Grazie a questi risultati l'epidemiologia dell'HBV è enormemente cambiata nel corso di questi ultimi 30 anni: la prevalenza dell'HBV si è ridotta da oltre il 2% degli anni '70 a meno dell'1% di oggi, così come la prevalenza della confezione Delta è passata dal 25-30% al 6-8%, e in questi anni sono cambiate anche le modalità di trasmissione, passando da una trasmissione prevalentemente intrafamiliare, ad una principalmente sessuale (tabella 1).

A tal proposito il SEIEVA (Sistema Epidemiologico Integrato dell'Epatite Virale Acuta), il sistema di sorveglianza attivo in Italia da oltre 30 anni, ha recentemente identificato come principali fattori di rischio di trasmissione dell'infezione la presenza di partner sessuali multipli (> 1 nell'ultimo anno) e le esposizioni parenterali “inapparenti” come piercing, tatuaggi, agopuntura, manicure/pedicure, rasatura dal barbiere.
Questi ottimi risultati non devono tuttavia spingere ad abbassare la guardia e a spegnere i riflettori. La strada da percorrere è ancora lunga e molti sono gli ostacoli da superare, a partire dal problema legato ai flussi migratori dai paesi ad alta endemia, come la Cina e il Sud-Est asiatico, verso quelli a bassa endemia, come l'Europa occidentale e l'Italia. Ciò favorisce la creazione di veri e propri serbatoi di virus dell'epatite B, con comparsa di genotipi di altre regioni geografiche, nel passato inesistenti in Italia. Infine c'è il problema dell'infezione “occulta” da virus B e il rischio di riattivazione virale in corso di terapie immunosoppressive. L'infezione occulta è caratterizzata dalla persistenza del genoma dell'HBV nel tessuto epatico in soggetti negativi per l'antigene Australia. Le manifestazioni cliniche legate alla riacutizzazione possono spaziare da forme asintomatiche autolimitantesi, sino ad epatiti fulminanti. La compromissione della funzione epatica in alcuni casi può influenzare il proseguimento di terapie specifiche e la sopravvivenza dei pazienti immunodepressi o trapiantati. Per tutti questi motivi le linee guida indicano l'esecuzione di screening per infezione da HBV in tutti i pazienti da avviare a terapie immunosoppressive o chemioterapiche.
Al momento ancora molto resta da fare per sconfiggere l'HBV. Una nuova serie di farmaci basati su principi diversi (immunoterapia) dagli antivirali oggi disponibili, si stanno affacciando nello scenario di ricerca dedicato all'HBV nella speranza di identificare modalità di eradicazione dell'infezione, allo stato non ancora ottenibile.


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