Medicina e ricerca

Cancer Day 2018/ Salvare la fertilità dopo il cancro

di Daniela Galliano (direttrice Centro IVI di Roma)


Se ogni anno in Italia i casi di tumore diagnosticati aumentano (369mila nel 2017) e sono oltre 3,3 milioni le persone che, oggi, vivono con una diagnosi di tumore. Complessivamente la sopravvivenza a 5 anni fa registrare dati decisamente più alti nelle donne (63%) rispetto ai valori riportati per gli uomini (54%), va considerato in maniera più decisiva il tema della fertilità di chi riesce a battere il cancro.

Dieci pazienti su cento sono donne under 45, in età ancora fertile, che hanno il diritto e il legittimo desiderio di preservare il proprio potenziale riproduttivo. Una richiesta in costante aumento proprio perché sono aumentati i tassi di sopravvivenza ai tumori.

Tecniche per conservare la fertilità
Tra le principali tecniche a cui le pazienti possono fare ricorso, la più diffusa è la vitrificazione degli ovociti che ormai garantisce tassi di successo nelle gravidanze analoghi all'utilizzo di ovociti freschi: attraverso la vitrificazione gli ovociti vengono conservati mediante un raffreddamento ultrarapido che evita la formazione di cristalli di ghiaccio, proteggendo così gli ovuli per il tempo necessario. Per accedere a questa procedura è necessaria l'autorizzazione dell'oncologo, oltre all'analisi di alcuni fattori come l'età, la funzionalità ovarica, la riserva follicolare e il tempo a disposizione prima dell'inizio delle terapie tumorali.
Proprio su questa tecnica IVI, in collaborazione con INCLIVA – Università di Valencia, ha condotto uno studio pubblicato recentemente su Fertility and Sterility che mette in luce come la qualità degli embrioni ottenuti a partire dagli ovociti vitrificati non risulti alterata, visto che la classificazione morfocinetica degli stessi risulta simile a quella osservata negli embrioni derivanti da ovociti freschi.
Un'altra tecnica molto utilizzata è quella della crio-preservazione della corteccia ovarica. Si consiglia alle pazienti oncologiche in età prepuberale che ancora non hanno avuto il ciclo mestruale e per le quali risulta complicata la stimolazione ovarica e, quindi, il recupero degli ovociti. Anche nelle pazienti con tumori molto aggressivi che non permettono di aspettare il tempo necessario a stimolare le ovaie prima della chemioterapia.
Consiste nell'estrarre un frammento della superficie delle ovaie mediante laparoscopia per poi congelarlo. Il procedimento dura più o meno 20 minuti, e la paziente può tornare a casa o iniziare la chemioterapia già alcune ore dopo. Dopo la guarigione, se la paziente presenta un problema alle ovaie, si potrà tornare ad impiantare lo stesso tessuto con una nuova operazione, recuperando nuovamente la sua funzionalità, sia dal punto di vista della fertilità sia dal punto di vista della produzione di ormoni (farebbe regredire la menopausa conseguente a molti trattamenti oncologici). Allo stesso tempo consente la gestazione spontanea, senza dover ricorrere a tecniche di fecondazione in vitro.
Infine, la trasposizione delle ovaie (ooforopessia) consiste in una procedura chirurgica finalizzata all'allontanamento delle ovaie dell'area di irraggiamento della radioterapia, per evitare i danni che quest'ultima può produrre alle gonadi. Poiché le ovaie possono spostarsi nel corso del tempo, è opportuno procedere con questa tecnica prima dell'irradiazione, in modo che le probabilità di un riposizionamento nella zona interessata dalla radioterapia siano basse

Genitori dopo il cancro
IVI già dal 2007 promuove un programma gratuito di preservazione della fertilità dopo eventi di carattere oncologico dal titolo “Madre dopo il cancro, Padre dopo il cancro”, al quale hanno aderito 908 donne che hanno deciso di vitrificare i propri ovociti e che ha permesso la nascita di 25 bambini sani. Le donne, infatti, una volta guarite possono sottoporsi a una fecondazione in vitro con gli ovociti scongelati; è importante sottolineare che il programma IVI non impone nessun vincolo all'utilizzo degli ovociti vitrificati.
Tutti questi risultati raggiunti dalla ricerca scientifica e dalla pratica clinica nella preservazione della fertilità, incoraggiano le pazienti che si ammalano di tumore a sperare in un dopo-malattia con possibilità di una futura gravidanza.


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