Medicina e ricerca

Investire nella nutrizione clinica per risparmiare sulle spese sanitarie

di Riccardo Caccialanza*

S
24 Esclusivo per Sanità24

La malnutrizione è tutt’altro che una questione dei paesi poveri. Possiamo trovare persone malnutrite ogni giorno nelle corsie degli ospedali, nelle RSA o nelle case di pazienti affetti da diverse patologie.
Il deficit nutrizionale colpisce pazienti, spesso anziani, che a causa di patologie acute o croniche, non possono nutrirsi in modo adeguato. Può trattarsi di soggetti con patologie infiammatorie intestinali, neurologiche, sottoposti a interventi chirurgici o che faticano a deglutire; tuttavia, un’ampia percentuale di pazienti malnutriti è rappresentata anche da malati oncologici con un progressivo decadimento dello stato nutrizionale, sia a causa della neoplasia stessa, sia per gli effetti collaterali delle terapie.
La malnutrizione coinvolge diversi aspetti, clinici ed economici. Dal punto di vista clinico questi pazienti hanno un inferiore tasso di risposta alle cure, maggiore compromissione della risposta clinica, oltre che un peggioramento della qualità di vita. Dal punto di vista economico, un paziente malnutrito necessita di una degenza ospedaliera più lunga, con maggiore frequenza di complicanze post-operatorie, alto tasso di riospedalizzazione e costi più elevati per il SSN che, per i soggetti malnutriti, possono superare fino a 2-3 volte lo standard.
In Europa si stima una spesa di 170 miliardi di euro per oltre 30 milioni di pazienti. I servizi sanitari europei devono costantemente fronteggiare le conseguenze cliniche negative dovute alla piaga della malnutrizione che, con una presa in carico precoce del problema, potrebbero gravare decisamente meno.
Secondo recenti studi, svolti anche presso il Policlinico San Matteo di Pavia, i pazienti ospedalizzati a rischio malnutrizione sono il 40-50%, con maggiore incidenza tra i pazienti oncologici e anziani . Inoltre, tra quelli che entrano in ospedale, 1 su 3 è a rischio di sviluppare complicanze legate allo stato nutrizionale deteriorato o seriamente compromesso. Tra i trial coordinati al San Matteo di Pavia durante il primo periodo della pandemia, ne sono stati effettuati uno con il Policlinico di Milano su 220 ricoverati in terapia intensiva ed uno multicentrico su circa 1400 pazienti assistiti negli altri reparti di 11 ospedali italiani. Da entrambi i lavori scientifici è emerso che il deficit calorico è uno dei fattori prognostici negativi più importanti nei pazienti COVID e che il supporto nutrizionale deve esser preso in considerazione in modo sistematico e il più precocemente possibile. ,6
Nei pazienti oncologici sottoposti a chemio e radio terapia, i supplementi nutrizionali orali diminuiscono la sospensione dei trattamenti o la riduzione dei dosaggi. I costi legati alla nutrizione clinica a carico del SSN sarebbero minimi e potrebbero comportare una drastica diminuzione di ospedalizzazioni, tossicità e interruzione delle cure che invece richiedono una spesa pubblica molto più onerosa. Investire nello screening nutrizionale precoce e nella somministrazione di Alimenti a Fini Medici Speciali (AFMS), anche a domicilio, potrebbe consentire un risparmio pari a diversi milioni di euro.
Tuttavia, il panorama attuale reale richiede anche particolare attenzione alla disponibilità dell’accesso agli AFMS che attualmente è ancora disomogeneo su tutto il territorio nazionale. Ci sono regioni con percorsi delineati e procedure ben definite mentre altre in cui non è purtroppo possibile intercettare i bisogni nutrizionali dei pazienti. Servono azioni forti a livello ministeriale e regionale che facciano leva soprattutto sull’aspetto economico: investire 10 nella nutrizione clinica significa risparmiare 1000 nella gestione delle spese sanitarie.
Fa sicuramente ben sperare il recente decreto di Regione Lombardia (n.14274 del 25/10/2021), che rivoluzionerà la gestione della nutrizione clinica sia a livello ospedaliero sia domiciliare e garantirà la fornitura gratuita degli AFMS ai pazienti malnutriti, previa appropriata prescrizione specialistica.
Una risposta efficace ai bisogni nutrizionali può partire solo dall’introduzione di un protocollo con linee guida chiare come strumento di gestione per medici, ospedali e assistenza sul territorio. Serve però anche fare informazione. Da un lato generando consapevolezza presso le Istituzioni nazionali e locali per uniformare l’accesso nazionale agli AFMS e al monitoraggio dello stato nutrizionale dei pazienti, dall’altro sensibilizzando anche gli operatori sanitari affinché l’enorme gap formativo, anche a livello universitario, sia colmato e si arrivi a considerare la nutrizione clinica un supporto strategico in molti percorsi terapeutici.
Restano ancora tante azioni da compiere ma ci sono validi alleati che si impegnano in progetti di sensibilizzazione e educazione nella nutrizione clinica: le Società Scientifiche ma anche le Associazioni pazienti e di categoria, come Unione Italiana Food, associazione delle aziende che si occupano di AFMS e che da anni si dedica ad accrescere la cultura della nutrizione medica. Il suo impegno in prima linea è in una delle battaglie più concrete per raggiungere un modello equo di accesso per tutti: l’inserimento degli AFMS nei Livelli Essenziali di Assistenza per i malati oncologici. Questo sarebbe un punto di svolta per i pazienti malnutriti e un bel traguardo da raggiungere nel 2022, possibilmente abbinandolo all’obbligatorietà dello screening e del monitoraggio nutrizionale all’ingresso in ospedale e nel corso della degenza, vincolata al rimborso dei DRG.

*Direttore UOC Dietetica e Nutrizione Clinica Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia


© RIPRODUZIONE RISERVATA