Medicina e ricerca

Fondazione Aiom/ Il diritto all'oblio oncologico anche in Italia

di Giordano Beretta

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Quasi un milione di persone in Italia sono guarite da un tumore, ma per la burocrazia sono ancora malate e rischiano discriminazioni nell’accesso a servizi come l’ottenimento di mutui, la stipula di assicurazioni sulla vita, l’assunzione in un posto di lavoro e l’adozione di un figlio. Sul modello di Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo, come Fondazione Aiom lanciamo la prima campagna per il riconoscimento del Diritto all’oblio oncologico, presentata oggi in conferenza stampa. L’obiettivo è ottenere una legge che tuteli le persone che hanno avuto una neoplasia e che ora, per questo, vivono discriminazioni sociali. Oggi, infatti, per richiedere molti servizi è necessario dichiarare se si è avuto il cancro, anche se si è già guariti. A sostegno dell’iniziativa abbiamo realizzato la prima guida sul Diritto all’oblio oncologico, un portale web (dirittoallobliotumori.org ) e una forte campagna social, per promuovere la raccolta firme. Lo scopo è raggiungere 100 mila adesioni, che porteremo al Presidente del Consiglio per chiedere l’approvazione di una legge specifica. Tutti potranno contribuire lasciando il proprio nome, sia online che nei reparti di oncologia e nelle piazze: caregiver, familiari, cittadini e pazienti, con le associazioni in prima linea, come hanno sottolineato Antonella Campana di IncontraDonna, Monica Forchetta di Apaim Associazione Pazienti Italia Melanoma e Ornella Campanella di aBRCAdabra, presenti nel consiglio di amministrazione di Fondazione Aiom. La guida è scaricabile dal sito e sarà distribuita negli ospedali, per informare chi ancora non è a conoscenza di questa opportunità e invitarlo ad agire perché le cose possano cambiare. Il portale offre inoltre ai pazienti la possibilità di raccontare la propria storia, per mettere in luce il problema e condividere le esperienze.
Le persone guarite dal cancro devono essere libere di guardare al futuro senza convivere con l’ombra della malattia. Oggi sono 3,6 milioni i cittadini che vivono con una diagnosi di tumore. Il 27% di loro, circa un milione, è guarito. C’è una forte discriminazione sociale nei loro confronti, che deve essere combattuta. Come Fondazione Aiom abbiamo deciso di provare a cambiare le cose: con la campagna ‘Io non sono il mio tumore’, vogliamo portare attenzione su un tema così importante. Abbiamo bisogno di trovare il consenso delle forze politiche per l’approvazione di questo essenziale provvedimento. È una battaglia di civiltà che tutti dobbiamo combattere uniti. La legge permetterebbe di non essere più considerati pazienti dopo 5 anni dal termine delle cure se la neoplasia è insorta in età pediatrica e dopo 10 se ci si è ammalati in età adulta. Oggi, grazie all’innovazione dei percorsi terapeutici, molti tumori vengono curati e altri possono essere cronicizzati: per questa ragione i pazienti che vivono anche a molti anni di distanza da una diagnosi sono aumentati e così le persone che trarranno benefici da questo provvedimento. Ogni neoplasia richiede un tempo diverso perché chi ne soffre sia definito ‘guarito’: per il cancro della tiroide sono necessari meno di 5 anni dalla conclusione delle cure, per il melanoma e il tumore del colon meno di 10. Molti linfomi, mielomi e leucemie e i tumori della vescica e del rene richiedono 15 anni. Per essere ‘guariti’ dalle malattie della mammella e della prostata ne servono fino a 20. Il riconoscimento del diritto rappresenta la condizione essenziale per il ritorno a una vita dignitosa ed è necessario all’abbattimento del connubio ‘cancro significa morte’, che crea barriere spesso insormontabili. L’Italia deve assolutamente seguire l’esempio dei Paesi europei che hanno già emanato questa legge. Mobiliteremo tutte le associazioni dei pazienti, in particolare quelle che hanno partecipato alla conferenza stampa.

Presidente Fondazione AIOM


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