Medicina e ricerca

Tumore del polmone, rene e melanoma: cambia la pratica clinica

di Paolo Marchetti *

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L’efficacia agnostica, cioè trasversale e al di là del tipo di cancro, dell’immunoncologia è stata dimostrata dalla metanalisi, coordinata dall’Università La Sapienza di Roma e pubblicata sul ‘Journal of Translational Medicine’, che ha considerato 7 studi, condotti fra il 2010 e il 2020, su più di 2.420 pazienti colpiti da melanoma, tumore del polmone a piccole cellule e non a piccole cellule, della vescica, gastrico, sarcoma, mesotelioma. Nella metanalisi, la combinazione di due molecole immunoncologiche, nivolumab e ipilimumab, ha evidenziato risposte più veloci e durature. Questo approccio consente di ottenere un meccanismo d’azione completo e sinergico, perché diretto verso due diverse proteine che inibiscono l’attivazione del sistema immunitario (PD-1 e CTLA-4). E singoli studi hanno evidenziato che, grazie alla duplice immunoterapia, è possibile ottenere una sopravvivenza a lungo termine in diversi tipi di tumore particolarmente difficili da trattare in fase avanzata, rendendo sempre più concreta la possibilità di cronicizzarli.
Risultati importanti che hanno portato l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ad approvare la rimborsabilità della combinazione nivolumab e ipilimumab nel melanoma e nei tumori del rene e del polmone. In particolare, l’approvazione dell’ente regolatorio riguarda il trattamento in prima linea del melanoma avanzato, del carcinoma a cellule renali avanzato a rischio intermedio/sfavorevole e, in associazione con due cicli di chemioterapia a base di platino, del tumore del polmone non a piccole cellule metastatico (Nsclc) senza mutazione dei geni EGFR e ALK. L’Aifa, inoltre, ha approvato la monoterapia con nivolumab in seconda linea nel tumore dell’esofago. Siamo di fronte a cambiamenti sostanziali della pratica clinica quotidiana, a cui è stata dedicata oggi una conferenza stampa virtuale.
Nel 2020, in Italia, sono state stimate quasi 14.900 nuove diagnosi di melanoma. Come ha spiegato Paolo Ascierto (Direttore Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative del ‘Pascale’ di Napoli), questo tumore della pelle ha rappresentato il modello ideale per verificare l’efficacia dell’immunoncologia. Fino a pochi anni fa, non esistevano terapie realmente efficaci: prima dell’arrivo dell’immunoterapia la speranza di vita dei pazienti con la malattia metastatica era di circa 6 mesi e meno del 10% era vivo a un quinquennio. L’Italia ha contribuito in maniera decisiva alle ricerche che hanno permesso di rendere disponibili le terapie immunoncologiche alle persone colpite da neoplasie in fase molto avanzata. La decisione di Aifa rappresenta una conquista di civiltà e un passo in avanti nelle cure. Nello studio internazionale di fase 3, CheckMate -067, il 49% dei pazienti trattati con la combinazione nivolumab e ipilimumab in prima linea era vivo a 6 anni e mezzo. In particolare, la sopravvivenza globale mediana è risultata di 72,1 mesi, la più lunga finora riportata in uno studio di fase III nel melanoma avanzato. Inoltre, la duplice immunoterapia è efficace a lungo termine, visto che il 77% dei pazienti vivi a 5 anni e che hanno ricevuto la combinazione non ha più avuto necessità di ricevere un trattamento sistemico.
Grazie all’approvazione di Aifa, la combinazione di nivolumab e ipilimumab cambia le prospettive di cura anche nel tumore del rene. Nel 2020, in Italia, sono stati stimati 13.500 nuovi casi e più di 144mila persone vivono dopo la diagnosi. Come ha affermato Giuseppe Procopio (Responsabile Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano), la forma più frequente è quella a cellule chiare. Oltre il 50% dei pazienti con malattia in fase precoce guarisce. Però il 30% arriva alla diagnosi già in stadio avanzato e, in un terzo, la malattia può recidivare in forma metastatica dopo l’intervento chirurgico. Storicamente, la sopravvivenza a 5 anni nella malattia avanzata o metastatica non superava il 13%. Oggi invece, grazie alla combinazione di nivolumab e ipilimumab in prima linea, il 48% è vivo a 5 anni, come evidenziato dallo studio di fase 3 CheckMate -214.
Nel 2020 in Italia sono stati stimati quasi 41.000 nuovi casi di tumore del polmone e le diagnosi in fase avanzata raggiungono il 70%, con scarse opzioni di cura. Infatti la sopravvivenza a 5 anni nel carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico si aggira intorno al 15%. Da qui l’importanza della decisione di Aifa che rende disponibile una nuova arma molto efficace per i clinici e i pazienti del nostro Paese, come ha spiegato Cesare Gridelli (Direttore Dipartimento di Onco-Ematologia dell’Azienda Ospedaliera ‘Moscati’ di Avellino). Nella forma più comune di tumore del polmone, quella non a piccole cellule, la duplice immunoterapia con nivolumab più ipilimumab, associata a cicli limitati di chemioterapia, cioè due invece dei ‘classici’ quattro, riduce del 28% il rischio di morte e del 33% il rischio di progressione della malattia. Inoltre, come evidenziato nello studio di fase 3 CheckMate -9LA, il 38% dei pazienti che riceve questo schema terapeutico è vivo a due anni rispetto al 26% di quelli trattati con la sola chemioterapia.
Altra neoplasia troppo spesso individuata in fase avanzata è il tumore dell’esofago. Nel 2020, in Italia, sono stati stimati 2.400 nuovi casi, in costante aumento. Come ha affermato Stefano Cascinu (Direttore Cancer Center Irccs Ospedale San Raffaele di Milano e Professore di Oncologia Medica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele), circa la metà è diagnosticata in stadio avanzato, con un forte impatto sulla vita quotidiana del paziente, soprattutto sulla sua capacità di mangiare e bere. Oggi la chemioterapia è il trattamento standard per questi pazienti, ma la prognosi rimane sfavorevole perché la sopravvivenza non supera i 10 mesi. Da qui l’importanza di individuare nuove opzioni efficaci e tollerabili. Aifa ha stabilito la rimborsabilità di nivolumab per il trattamento del carcinoma esofageo a cellule squamose avanzato non resecabile, recidivo o metastatico in seconda linea, cioè dopo una precedente chemioterapia. Nivolumab è stata la prima immunoterapia approvata in Europa, a novembre 2020, nel tumore gastroesofageo in base ai risultati dello studio di fase 3 ATTRACTION-3, che ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza globale nei pazienti che hanno ricevuto nivolumab rispetto alla chemioterapia. La molecola immunoncologica ha ridotto il rischio di morte del 23% rispetto alla chemioterapia da sola. L’immunoterapia, inoltre, ha evidenziato un miglioramento della qualità di vita, aspetto molto importante in pazienti spesso fragili e colpiti da altre patologie. La sfida è portare i vantaggi dell’immunoterapia anche in adiuvante, cioè in fase precoce subito dopo la chirurgia. L’uso di nivolumab negli stadi iniziali del tumore, infatti, ha il potenziale di evitare le recidive.

* Ordinario di Oncologia all’Università La Sapienza di Roma e Presidente della Fondazione per la Medicina personalizzata


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