Medicina e ricerca

Covid: una strategia vaccinale ‘mix and match’ può aiutare a trovare una protezione ottimale per l’inverno

di Alasdair (Ally) Munro*

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24 Esclusivo per Sanità24

A oltre due anni e mezzo dall'inizio della pandemia, il mondo sta facendo i conti con il fatto che il COVID-19 è qui per restare. La comunità scientifica continua a confrontarsi con la natura mutevole di questo virus e la conseguente minaccia di nuove varianti che potrebbero alterare gli scenari epidemiologici in poche settimane. Considerate le recenti stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che parlano di un bilancio globale di quasi 15 milioni di morti, la sfida di riconquistare uno status pre-pandemico è tutt'altro che conclusa. La vaccinazione rimane lo strumento migliore a nostra disposizione per prevenire l'insorgenza della malattia grave e la mortalità, soprattutto in vista di una stagione invernale che sarà caratterizzata dal ritorno del virus influenzale.
Nel corso della pandemia, abbiamo adattato il nostro modo di lavorare per tracciare, misurare e affrontare la progressione del virus in un momento di emergenza che non ha precedenti. Grazie alla disponibilità di numerosi vaccini anti COVID-19, ora abbiamo un’ampia scelta, sia qualitativa che quantitativa.
Come ricercatori, il nostro obiettivo è quello di trovare il modo di anticipare il virus, non solo studiando l'efficacia dei vaccini, ma anche identificando le differenze specifiche nelle risposte anticorpali e delle cellule T, e come queste evolvono nel tempo.
È importante riconoscere il vantaggio e il valore di avere più opzioni vaccinali che sfruttano tecnologie differenti per attivare la risposta immunitaria dell’organismo contro la proteina spike di SARS-CoV2. Gli ormai noti vaccini a RNA messaggero (mRNA), come quelli sviluppati da Pfizer-BioNTech e Moderna, funzionano fornendo istruzioni molecolari alle cellule dell'organismo per creare una versione modificata della proteina spike. Ci sono poi i vaccini con vettori virali, come quelli sviluppati da Oxford-AstraZeneca e Janssen, che funzionano utilizzando un virus modificato e innocuo che porta anch'esso le istruzioni alle nostre cellule su come creare la proteina spike. Abbiamo poi i vaccini a cui viene aggiunto un adiuvante proteico per aumentare la risposta immunitaria, come quello sviluppato da Novavax che veicola direttamente una versione modificata della proteina spike, insegnando all'organismo come riconoscere e attaccare il virus che causa la COVID-19.
Nell'ultimo anno, abbiamo assistito a varie discussioni in merito alla possibilità di una vaccinazione eterologa ovvero l'utilizzo di due diversi vaccini per sostenere la risposta immunitaria – la cosiddetta strategia "mix and match". Lo studio COV- BOOST2, pubblicato di recente e condotto dall'University Hospital Southampton National Health Service (NHS) Foundation Trust, è il più grande studio finora condotto proprio con l'obiettivo di valutare l'efficacia dell’utilizzo di vaccini diversi come dosi di richiamo. I risultati, pubblicati per la prima volta nel dicembre 2021 su The Lancet, con un follow-up sul Journal of Infection nell'aprile 2022, hanno fornito i primi dati al mondo sulla sicurezza e l'immunogenicità di una dose di richiamo di un vaccino COVID-19 in programmi eterologhi ‘mix and match’. Nel maggio 2022 è stato pubblicato su The Lancet il nostro studio che ha valutato la sicurezza e l'immunogenicità della quarta dose di richiamo. I dati hanno rivelato che è ancora possibile osservare forti risposte immunitarie ottantaquattro giorni dopo la terza dose, con cinque dei vaccini COVID-19 attualmente approvati nel Regno Unito (Oxford- AstraZeneca, Janssen, Moderna, Novavax e Pfizer-BioNTech). Ognuno di questi cinque vaccini ha inoltre potenziato le risposte anticorpali e neutralizzanti dopo un ciclo primario con i vaccini Oxford-AstraZeneca o Pfizer-BioNTech, senza evidenziare problemi di sicurezza. Lo studio, al quale collaboro sotto la guida del professor Saul Faust, continua invece ad indagare l'impatto di sette diversi vaccini COVID-19 dopo 2 dosi di vaccini a mRNA.
Mentre i governi si interrogano su come affrontare l’arrivo della stagione influenzale e potenziali nuove ondate di COVID-19, spero che le intuizioni del nostro lavoro forniscano dati preziosi per la pianificazione dei programmi di richiamo e per garantire una maggiore scelta e flessibilità delle opzioni vaccinali.
Le ricerche condotte finora hanno dimostrato che la somministrazione di un vaccino diverso rispetto a quello utilizzato per il ciclo primario come richiamo può portare vantaggi immunologici, tra cui una più elevata risposta anticorpale e un declino più lento del livello di protezione. Un dato importante se si considera che in alcuni Paesi la disponibilità vaccinale può essere limitata o intermittente.
Con una maggiore comprensione dei possibili benefici derivanti dalla possibilità di combinare le diverse piattaforme vaccinali, la nostra speranza è quella di fornire informazioni essenziali e poter contribuire alla definizione dei programmi di immunizzazione di tutto il mondo.

*Senior Clinical Research Fellow in Malattie infettive pediatriche presso l’NHR Clinical Research Facility Southampton e Università di Southampton


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