Medicina e ricerca

Giornata della memoria/ Tatiana Bucci, la stanza dei giochi e la riparazione dell'orrore

di Ilaria Dufour *

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Il Centro Benedetta D’Intino si dedica alla cura di bambini e ragazzi feriti da traumi fisici e psichici. Ma vuole anche sensibilizzare e diffondere cultura sui temi del disagio e della elaborazione e trasformazione delle ferite psicologiche. Per questo ho raccolto le memorie di Tatiana Bucci che, superstite dell’Olocausto e testimone attiva della Shoah, è riuscita a riemergere dall’inferno e a vivere una vita piena. Internata a 6 anni con la sorellina ad Aushwitz-Birkenau nell’aprile '44, ne uscì il 27 gennaio '45. Dei 230mila bambini deportati a Auschwitz ne sopravvissero solo 50. Le sorelle Bucci dopo l’orrore furono accolte nella struttura di accoglienza di Lingfield, nata dalla passione sociale ed etica della psicoanalisi e coordinata da Anna Freud, già nota per gli studi sulla psicoanalisi infantile. Operatori formati si presero cura dei 24 bambini ebrei, reduci dai campi di sterminio o orfani, senza indirizzo, nazionalità e data di nascita. Lì Tatiana Bucci tornò a vivere. «Sentii subito un senso di famiglia. Tornai a essere la bambina che non avevo potuto essere. Lingfield è stata la vita. Il campo la morte. Giocavo fra i cadaveri nel fumo grigio. Avevo capito cosa succedeva nel camino, ma l’incoscienza dell’età non mi faceva avvertire la paura di morire. Pensavo solo a sopravvivere». A Lingfield si sosteneva il legame con gli adulti, sostituti genitoriali, e quello fra i pari con attività di gioco, spettacoli, lezioni, recite, gite. Si favoriva il diritto di vivere l’infanzia, incoraggiando i piccoli a lasciare l’adultizzazione, a rompere il silenzio avvicinando grovigli di memorie traumatiche da riparare riannodando i fili di sé. Tatiana fu subito portata nella stanza dei giochi. Incredula, si sentì a casa tra bambole, casette, trenini, cavalli a dondolo. «A Lingfield mi sentii molto amata e giocare fu fondamentale per me. Lingfield era un paradiso e partire fu traumatico».
Il gioco, come il sogno, è terapeutico in quanto processo attivo, creativo e trasformativo di sé. Nel gioco si sogna la propria vita dando forma al dolore.
Tatiana Bucci, che ebbe figli e nipoti, nel '95 tornò ad Auschwitz e nel '96 iniziò a testimoniare. «Mi porto dentro Lingfield sempre, ancora oggi, perché lì sono nata di nuovo. Ce l’ho fatta, non sono diventata un oggetto come volevano loro; i miei amati nipoti sono qui per ricordarmi che la vita, nonostante tutto, continua, è bella e io mi sento molto fortunata. Vado spesso con la mente ad Auschwitz ma ne sono uscita davvero ed è anche per questo che riesco a tornarci per testimoniare. I giovani mi danno la forza di farlo. Ho il dolore nel cuore per tutti quei morti ma quando esco di lì torno a essere la donna che sono oggi».
L’orrore, se resta muto, è memoria traumatica. L’elaborazione del trauma permette che la memoria diventi narrativa, e si trasformi in testimonianza. Come l’esperienza di Tatiana Bucci insegna, è la memoria, la narrazione e la cura del trauma che ci trasforma. La testimonianza, che connette il trauma alla storia, rompe il silenzio e assolve una funzione riparativa, educativa, civile, etica e politica. E noi vogliamo tener viva la memoria.

* psicologa e psicoterapeuta psicoanalitica, coordinatrice del settore di psicoterapia del Centro Benedetta D'Intino


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