Medicina e ricerca

Tumore alla vescica: con un test sensibile e non invasivo possibile una diagnosi precoce

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Un nuovo metodo per la diagnosi del tumore alla vescica. È stato introdotto nella pratica clinica per la prima volta in Italia, all’ospedale San Carlo di Nancy di Roma, una struttura del Gvm Care & Research. L’innovativo test, che prende il nome di “ADX Bladder”, consiste in un semplice esame delle urine ma si basa sulla rilevazione di una specifica proteina: la “Mcm5”, rilasciata dalle sole cellule tumorali. Gli studi confermano che questa analisi permette di identificare un tumore di origine uroteliale (vescica e via escretica) di alto grado nel 97% dei casi, una percentuale di riuscita nettamente maggiore a quella dei protocolli abituali che hanno una precisione del 55%.
“Il test può essere utilizzato sia nella diagnosi precoce del tumore alla vescica sia nei pazienti già trattati che devono sottoporsi ai rigidi controlli che questo tipo di patologia impone” spiega il professor Pierluigi Bove, direttore della U.O.C. di Urologia dell’ospedale San Carlo di Nancy di Roma, che ha al suo attivo oltre 2mila interventi l’anno di chirurgia urologica.
“Si tratta di una metodologia molto semplice perché consiste nella raccolta di un unico campione di urine - sottolinea Bove -. Il dato principale che abbiamo osservato è l’elevato potere predittivo negativo di questo esame che è del 99% per le neoplasie di alto grado. In parole povere questo significa che, se il test risulta negativo, la possibilità di avere un tumore significativo è prossima allo zero”.
Il tradizionale percorso diagnostico dei tumori vescicali inizia solitamente quando il paziente presenta sangue nelle urine (ematuria macroscopica o microscopica). Il primo controllo che si effettua è un’ecografia renale e vescicale seguita da un esame specifico, la “citologia urinaria”, finalizzata a individuare eventuali cellule tumorali contenute nelle urine. “Un test che - prosegue il professor Bove - pur avendo una elevata specificità, ha una scarsa sensibilità e quindi una ridotta capacità di trovare le cellule tumorali (circa 70%)”. L’esame conclusivo è poi la cistoscopia che, aggiunge l’esperto, “consente di vedere direttamente l’interno della vescica ma, sebbene oggi routinario ed eseguito ambulatorialmente con strumenti flessibili, rappresenta una procedura invasiva che crea per il paziente un significativo discomfort che si accentua ancora di più nei protocolli di follow-up dove ci si sottopone a cistoscopia ogni 3-6 mesi”.
L’ADX Bladder consente invece una diagnosi più precisa limitando l’esecuzione della cistoscopia solo ai casi effettivamente necessari. Inoltre “il risultato dell’analisi del campione di urine sarà disponibile in pochi giorni ed esprimerà un valore numerico facile da interpretare - spiega ancora Bove -. Questo dato è molto importante perché, rispetto ad altri test come la citologia urinaria, proprio la possibilità di avere un valore numerico riduce il rischio di riscontrare falsi positivi relativi a diverse condizioni cliniche - come le infezioni urinarie o la calcolosi che possono alterare le cellule uroteliali rendendole simili a cellule tumorali - e abbassa anche le possibilità di ottenere risultati falsamente positivi relativi all’esperienza dell’osservatore”.
Circa il 3% dei tumori diagnosticati riguarda la vescica: in Italia nel 2020 sono state 20.500 le nuove diagnosi negli uomini e 5.000 nelle donne secondo i “Numeri del cancro in Italia 2021”.
Il rischio di recidiva è alto: la neoplasia può rimanifestarsi in una percentuale compresa tra il 30% e il 70% nel caso di tumore alla vescica non muscolo invasivo. Da qui l’importanza di diagnosi precoci e tempestive, per individuare la patologia e predisporre un intervento efficace che riduca il più possibile l’impatto sul paziente.


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