Medicina e ricerca

Terapia del dolore, complessità di gestione e intercambiabilità dei trattamenti

di Silvia Natoli*

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24 Esclusivo per Sanità24

“I farmaci non funzionano se non li prendi”; così recitava il titolo di un noto articolo sull’aderenza alla terapia, la quale passa attraverso diversi elementi: rapporto di fiducia tra medico e paziente, caratteristiche del paziente, efficacia della terapia, quantità di pillole e facilità di assunzione dei farmaci.
Per il dolore cronico - persistente o ricorrente per più di 12 settimane e, di fatto, conseguente ad una modificazione del processamento e della percezione dello stimolo sensoriale nel sistema nervoso - l’approccio deve anche tenere in conto le componenti psicologiche e sociali nelle quali il paziente si ritrova, secondo un modello di cura biopsicosociale del dolore cronico, come indicato dall’OMS.
Nella piramide di questa complessità c’è anche la rilevanza sociale della terapia del dolore che ricerca la riduzione di morbilità, il recupero della funzionalità e la reintroduzione nella vita lavorativa, con auspicabile impatto sui costi.
Nell’ambito di un approccio multimodale al dolore cronico, gli oppiacei sono particolari alleati, purché sia mantenuto il principio della continuità, dell’appropriatezza terapeutica e si riconosca che la medicina degli oppiacei richiede attenzione in termini di sicurezza e semplicità per il paziente. È noto, infatti, che non si può prevedere a priori quale sia la sensibilità in quel singolo paziente per quel singolo farmaco oppiaceo; pertanto, non esiste una dose fissa che va bene per tutti ma va tarata su quel momento, su quel paziente con quello specifico farmaco. È’ quindi necessario partire con basse dosi, incrementandole gradualmente fino trovare l’equilibrio tra dose efficace e tollerabilità. Si tratta di un percorso di titolazione del farmaco indispensabile e delicato per il paziente e per il medico, che comporta un monitoraggio nel tempo. Inoltre, la terapia con questi farmaci non è sempre lineare: il sistema si abitua, infatti, al farmaco e a volte è necessario fare uno switch, ovvero cambiare il tipo di molecola, resettando il sistema, e rendendo necessario il confronto con il medico per cambi di terapia in corso d’opera.
È necessario, quindi, lavorare sul principio di compliance terapeutica, per garantire sicurezza, efficacia e appropriatezza. In questo scenario dare la possibilità di effettuare una intercambiabilità tra farmaco originatore e generico o tra generico e generico non a cura del medico o dello specialista, come richiesto da recenti misure di contenimento della spesa, significa porre un ulteriore ostacolo e aggiungere confusione. Come SIAARTI ci siamo espressi sui principi di sicurezza, semplicità e alleanza medico-paziente quali elementi fondamentali della terapia con oppiacei, al di là del concetto di bioequivalenza. Facilitare l’utilizzo più appropriato di un farmaco è fondamentale nella gestione del dolore, sia esso acuto, se correlato a una patologia o a una lesione di un tessuto, sia esso cronico, la cui la terapia è più lunga e complessa.
Nel contesto dell’appropriatezza, è utile riconoscere l’elevata prevalenza di pazienti cronicamente affetti da dolore nel nostro paese, che si potrebbero giovare di un trattamento multimodale ed equo nell’ambito di una programmazione sanitaria che indirizzi le giuste risorse alle strutture sanitarie, e includa il dolore in un piano cronicità senza per questo ridurre l’accesso a tecnologie e trattamenti avanzati quando indicati. In questo il nostro sistema sanitario è ancora molto indietro.

*Professore Associato di Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore Università di Roma Tor Vergata
UO Terapia del Dolore, IRCCS Maugeri, Pavia
Coordinatore Sezione Dolore Cronico - SIAARTI


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