Medicina e ricerca

Insufficienza cardiaca, il trapianto salva-vita

di Domenico Gabrielli *

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24 Esclusivo per Sanità24

Con il termine di insufficienza cardiaca o scompenso cardiaco si indica la manifestazione clinica caratterizzata da una cattiva funzione del cuore, che, nonostante una corretta terapia, non è più in grado di assicurare un adeguato apporto di sangue all’intero organismo. L’insufficienza cardiaca rappresenta lo stadio terminale di molte cardiopatie, interessando circa il 2% della popolazione generale; in Europa sono quasi 15 milioni i pazienti affetti da questa patologia, oltre un milione in Italia. Nonostante i grandi progressi terapeutici ottenuti negli ultimi anni la sua prevalenza è in continua crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione e dei successi conseguiti nella cura delle malattie nella loro fase acuta. La prognosi di tale condizione è ancora molto sfavorevole con un tasso di mortalità a 5 anni di circa il 50%. L’insufficienza cardiaca rappresenta, inoltre, una importante quota della spesa sanitaria in tutti i paesi occidentali. Nei suoi stadi più avanzati, è caratterizzata da continue ospedalizzazioni e da un peggioramento della qualità di vita, fino a sfociare in uno stadio terminale fatale.
I pazienti affetti da insufficienza cardiaca che non rispondono e diventano refrattari alle terapie convenzionali, possono essere candidati ad una terapia cosiddetta sostitutiva, ovvero al trapianto di cuore. Il trapianto cardiaco è, ad oggi, infatti il trattamento di scelta per lo scompenso cardiaco avanzato e refrattario alle cure mediche, è un intervento chirurgico ormai consolidato che presenta ottimi risultati di sopravvivenza.
Bisogna però rendersi conto che la possibilità di effettuare un trapianto cardiaco dipende dalla possibilità che ci sia un donatore e che il cuore del donatore sia un organo sano e compatibile con il paziente che dovrà riceverlo. Infatti il cuore di un donatore non sempre è abbinabile ad ogni paziente in lista di attesa per il trapianto a causa di incompatibilità tra donatore e ricevente per differenza di gruppo sanguigno o per importante differenza di costituzione fisica.
In base alle linee guida proposte dalle società scientifiche e condivise dai Centri di Trapianto di cuore, esistono poi delle controindicazioni al trapianto legate alla presenza di patologie o fattori clinici che influenzano negativamente l’esito dell’intervento chirurgico e la sopravvivenza a breve termine.
Ancora oggi il numero di donatori è di molto inferiore rispetto ai pazienti che aspettano il trapianto e i tempi di attesa possono essere molto lunghi, soprattutto in assenza di urgenza. Ne consegue che la mortalità dei pazienti in lista è molto alta. È pertanto necessario promuovere campagne di sensibilizzazione alla donazione per potere offrire una maggiore possibilità di sopravvivenza a pazienti drammaticamente segnati dall’inesorabile decadimento della funzionalità del proprio cuore. Donare i propri organi dopo la morte consente di salvare tante vite.
Sebbene con un trend in aumento solo il 21.6% dei maggiorenni ha registrato la propria volontà al Comune con una proporzione più bassa nelle regioni meridionali. Quello che è più grave notare è il consistente tasso di opposizione alla donazione registrato che continua ad essere alto soprattutto nelle regioni meridionali. Nel 2021 questo dato si attesta al 28,6% delle segnalazioni e ha determinato l’esclusione di 730 potenziali donatori.
Concludendo si può affermare che il trapianto di cuore è la terapia salvavita di scelta in molti casi di insufficienza cardiaca avanzata. La sopravvivenza a 10 anni dal trapianto è oggi del 60%, con il 90% dei pazienti che torna ad una normale qualità di vita.

* Presidente Fondazione per il Tuo cuore dell’Anmco e Direttore Cardiologia dell’Ospedale S. Camillo di Roma


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