Medicina e ricerca

Beta Talassemia, 7mila pazienti in Italia e metà nelle Isole. Prevenzione cruciale fin dal periodo prenatale

di Aurelio Maggio *

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In Italia oltre 7.000 persone sono colpite da una malattia genetica rara del sangue: la Beta Talassemia. Più della metà dei pazienti vivono nelle nostre due isole maggiori: 2.700 in Sicilia e 1.100 in Sardegna. Fondamentale è il ruolo della prevenzione che evita ogni anno la diagnosi di più di 400 nuovi casi di malattia nel nostro Paese. Per questo deve essere incentivata, anche perché la malattia risulta ancora sottovalutata dai cittadini e dalle Istituzioni. Tuttavia l’Italia si conferma all’avanguardia in Europa per quanto riguarda l’innovazione nella diagnosi e nella terapia. Per ribadirlo con forza il prossimo 8 maggio, in concomitanza con la Giornata mondiale della Talassemia, si terrà a Palermo una Conferenza internazionale. Parteciperanno, all’evento, rappresentanti delle Istituzioni, dei clinici e dei pazienti. Sarà organizzata dalla Fondazione Franco e Piera Cutino e si terrano poi, nelle prossime settimane, cinque talk show on line per pazienti e caregiver dedicati ad altrettanti aspetti della patologia. A ogni incontro interverranno un clinico e un paziente dei centri distribuiti in tutta la Penisola. Come sottolinea Giuseppe Cutino (Presidente della Fondazione Franco e Piera Cutino) alla fine degli anni 90 l'età media dei pazienti era tra i 25 e i 30 anni. Ora grazie ai continui progressi della ricerca medico-scientifica la patologia è sempre più curabile. L’aspettativa di vita per un neonato, con talassemia, è la stessa di un bimbo senza malattia.
La Beta Talassemia è causata da alcuni difetti nei geni che regolano la produzione dell’emoglobina, la proteina responsabile del trasporto di ossigeno in tutto l’organismo. I portatori sani in Italia sono oltre 3 milioni e anche in questo caso le incidenze maggiori si riscontrano sempre nelle due isole e in Puglia. Come ricorda il prof. Gian Luca Forni (Direttore del Reparto di Microcitemia dell’Ospedale Galliera di Genova) se non viene curata il malato va incontro a una grave anemia dovuta alla mancata produzione della giusta quantità di emoglobina, la proteina contenuta nei globuli rossi deputata al trasporto di ossigeno nei tessuti, con pericolose conseguenze. Il malato necessita di continue trasfusioni di sangue, di solito una ogni 20 giorni. Vanno poi assunte anche delle terapie farmacologiche in grado di evitare i danni causati dall’accumulo di ferro, portato in eccesso dalle trasfusioni, ad organi vitali come pancreas, fegato e soprattutto al cuore. È inoltre dimostrato che nelle coppie a rischio, in cui entrambi i genitori sono portatori sani, un bambino su quattro può nascere talassemico.
Da alcuni anni è disponibile la celocentesi, un test di diagnosi prenatale messo a punto proprio in Sicilia. È in grado di individuare nelle coppie a rischio, già a 15 giorni dal test di gravidanza, lo stato di salute del feto e la presenza o meno della malattia. Al momento è disponibile presso l’Ospedale "Villa Sofia Cervello" di Palermo ma viene offerto gratuitamente a tutte le pazienti curate in altre strutture sanitarie italiane. Sempre all’intero dell’ospedale siciliano da 10 anni è anche attivo il Campus di Ematologia "Cutino". In media ogni anno vi accedono oltre 1.400 pazienti, sono eseguite più di 5.300 trasfusioni di sangue e si effettuano circa 2.000 studi del portatore sano di talassemia. Infine come ha sottolineato Clementine Pacmogda (paziente con anemia falciforme) la vita dei malati è oggettivamente migliorata nel corso degli anni. Tuttavia, la pandemia ha complicato e in parte compromesso l’assistenza socio-sanitaria. Soprattutto il Covid-19 ha ridotto ulteriormente in Italia il numero di donatori di sangue e questo può rendere più difficile la somministrazione delle fondamentali trasfusioni.

* Direttore Uoc Ematologia e malattie rare del sangue e degli organi ematopoietici - P.O. Cervello


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