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Linfoma diffuso a grandi cellule B: sono le Car-T e gli anticorpi bispecifici le nuove armi terapeutiche

di Pierluigi Zinzani*

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24 Esclusivo per Sanità24

Sebbene sia ancora presto per dire definitivamente addio alla chemioterapia, le speranze di poter trattare in modo efficace i pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) anche in linee terapeutiche oltre la prima o la seconda, stanno aumentando. Nuovi farmaci e nuove molecole hanno rafforzato, negli ultimi anni, le armi per combattere questa malattia. Ne è un esempio il trattamento Car-T. Ma, ed è questa la novità più recente, stanno arrivando nuovi anticorpi bispecifici, come epcoritamab.
Il linfoma diffuso a grandi cellule B è il tipo più comune di linfoma non Hodgkin, rappresentando infatti circa il 30% di tutti i linfomi non Hodgkin dell’adulto, e si manifesta in una forma aggressiva, caratterizzata da una rapida crescita dei linfociti B, un tipo di globuli bianchi.
Il tasso di sopravvivenza globale a 5 anni per i pazienti è del 64%. In Italia, si stima che circa 4.400 nuove persone, ogni anno, abbiano una nuova diagnosi di questa malattia. Tra questi pazienti, circa il 40% è refrattario alle terapie o va incontro a recidiva dopo aver mostrato una risposta completa.
Gli anticorpi bispecifici rappresentano l’evoluzione dello scenario terapeutico del DLBCL come anticipato durante la terza edizione di “BeCLose2 Hematology, creating new connections”, un evento organizzato da AbbVie per esplorare le nuove frontiere terapeutiche dell’ematologia e dei tumori del sangue attraverso una condivisione di esperienze e di evidenze scientifiche.
L’anticorpo bispecifico epcoritamab agisce legandosi da un lato all’antigene CD20 sulla cellula linfomatosa, e dall'altro lato ai linfociti T, attivandoli e suscitando una risposta immunitaria verso cellule bersaglio. Si crea un “ponte” tra l’antigene CD3 delle cellule T e CD20 delle cellule B e inducendo l'uccisione mediata dalle cellule T delle cellule CD20.
Nello studio di fase due, i risultati sono incoraggianti: il 40% dei pazienti con una malattia ricaduta o refrattari, trattati con epcoritamab, ha ottenuto una remissione completa. Al prossimo Congresso Europeo di Ematologia (EHA) saranno presentati i dati aggiornati dello studio con un più lungo follow-up.
Il profilo di sicurezza del farmaco permette la somministrazione in regime di day hospital, con notevoli vantaggi per il paziente ma anche per il Sistema sanitario nazionale. L'impatto maggiore di questo farmaco è che può essere infatti somministrato in comunità e non in un centro specializzato, consentendo un’ottima gestione del paziente anche in setting di pazienti che non hanno altre alternative terapeutiche.
Aspetteremo l’aggiornamento del follow-up, ma se i dati, in termini di sopravvivenza dovessero darci ragione avremo a disposizione un nuovo importantissimo strumento nel contrasto alla malattia.

*Professore ordinario di Ematologia all'Università di Bologna


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