Medicina e ricerca

Sindrome da rientro, tecnologia e sport per ristabilire l’equilibrio psicofisico

di Marco Iosa *

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24 Esclusivo per Sanità24

Ansia, tristezza, nervosismo e stanchezza: sono questi i principali sintomi della cosiddetta sindrome da rientro o "Post vacation blues", un malessere psicofisico che alla fine delle vacanze arriva a colpire fino al 45% della popolazione italiana secondo le stime della Società italiana di endocrinologia. Tale sindrome è la risposta psicofisica che sopraggiunge al ritorno alla quotidianità, fatta di lavoro, routine familiari, responsabilità, orari predefiniti, ritmi incalzanti, preoccupazioni e doveri, diversa dai ritmi rilassati della vacanza. Sintomi di per sé comuni come apatia, mancanza di concentrazione e malumore si traducono sul piano fisico in irritabilità, cefalea, insonnia, tensioni muscolari o problemi digestivi che durano solitamente qualche giorno. Oggi numerosi studi dimostrano che sport e movimento possono aiutare a risolvere questo disagio. I recenti studi di neuroscienze stanno evidenziando sempre più quanto sia complesso il legame corpo-mente. Inoltre, in un approccio biopsicosociale, come quello suggerito dall’Organizzazione mondiale della sanità, bisogna considerare le modifiche biologiche indotte dall’attività fisica a livello sia del sistema nervoso centrale sia degli altri sistemi fisiologici, così come lo sviluppo di competenze e l’interazione sociale che spesso l’attività fisica porta con sé. Chi svolge un lavoro sedentario spesso risulta maggiormente colpito da stress ed esaurimento emotivo, fenomeno incrementato con la diffusione dell’home-working come conseguenza del Covid. Questa casistica negli ultimi anni ha rappresentato un dato di fatto e un buon indicatore della necessità di svolgere maggiore attività fisica da parte delle persone, preferibilmente in compagnia di altri per sviluppare relazioni sociali e con un’adeguata intensità di allenamento almeno una volta a settimana. Il beneficio inoltre è maggiore se l’esercizio avviene all'aperto, possibilmente a contatto con la natura, in un contesto esteticamente gradevole e stimolante a livello sensoriale, percettivo, cognitivo e anche motorio.
Occorre considerare che oggi, per la prima volta, le tecnologie più innovative consentono di misurare i dati relativi al sistema nervoso periferico per stabilire una correlazione mente-corpo. È il caso dell’embodimetria il cui obiettivo è ripristinare la sincronia tra il corpo e la mente. In Italia un ambizioso progetto di sviluppo della disciplina è stato avviato da Andrea Chellini, bodyworker del movimento. Il presupposto su cui poggia le basi si ispira alla moderna letteratura scientifica per cui i processi cognitivi sono incarnati nel corpo, ovvero influenzati dalle strutture e funzioni corporee e da processi esterni che stimolano il cervello. Numerosi test basati su questa tecnologia che analizza il sistema nervoso periferico sono stati realizzati su oltre 500 soggetti tra atleti, sportivi, dirigenti d’azienda e in generale persone in stato d’ansia, testimoniando quanto lo stress emotivo si traduca in un diffuso malessere fisico. I test vengono condotti, secondo uno specifico protocollo scientifico che studia un indice di abilità cognitiva, e che consente valutazioni oggettive grazie all’uso di strumentazioni tecnologicamente avanzate Motustech disponibili presso laboratori di embodimetria. In questo modo è possibile correlare l’energia legata all’attività fisica e al movimento con gli stati emotivi della persona. L’embodimetria, infatti, ha lo scopo di misurare sostanzialmente quanto forti siano le relazioni tra mente e corpo in ogni singolo individuo al fine di un intervento mirato che considera l’individuo nella sua interezza. Da un approccio personalizzato derivano buone pratiche, esercizi e una programmazione di movimento attivo definito ad hoc per ognuno, in grado di ristabilire l’equilibrio delle emozioni, superando lo stato d’ansia. Bisogna però considerare la relazione tra stress e attività fisica come bidirezionale: lo stress può peggiorare le prestazioni durante l’attività fisica, generando ulteriore stress. Data dunque la complessità della relazione, è fondamentale che anche l’intervento sia multidimensionale per una maggiore efficacia. Come? Affiancando all’attività fisica un’educazione alla stessa, quantificando attraverso le suddette tecnologie gli effetti negativi di una vita sedentaria e mostrando l’importanza di una corretta nutrizione.

* professore del dipartimento di Psicologia dell’Università Sapienza di Roma e responsabile dello Smart Lab dell’Ospedale Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma


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