Medicina e ricerca

Hiv: la ricerca è il motore del cambiamento, ma servono più informazioni e prevenzione

di Stefano Vella*

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24 Esclusivo per Sanità24

L’HIV non ha mai smesso di circolare. In Italia ancora esiste un sommerso di pazienti che non sanno di essere infetti e per questo arrivano tardi alle cure. È importante essere coscienti di questo: l’HIV esiste ancora, meno di un tempo, ma c’è. In attesa di un vaccino, bisogna dunque fare informazione ed educare le persone rispetto ai comportamenti a rischio e all’importanza dello screening. È importante che i medici di famiglia sappiano cogliere i segnali e indirizzino i pazienti verso il test ed è necessario che nelle scuole venga potenziata la formazione alla salute.
Se è vero che l’HIV esiste, è pur vero che tanti sono i progressi fatti negli ultimi decenni. Basti pensare che in Italia sono anni che non si assiste alla nascita di un bambino sieropositivo, proprio grazie alla possibilità di intervenire sulla trasmissione materno-fetale. La ricerca scientifica ha fatto progressi incredibili, dal punto di vista della prevenzione tramite Profilassi Pre-esposizione, rimborsata anche in Italia, al cosiddetto concetto di U=U (undetectable equals untransmittable), da cui deriva il tema di Treatment as Prevention. Grazie ai nuovi farmaci antiretrovirali è infatti ormai possibile tenere sotto controllo il virus, rendendolo non più rilevabile e quindi non più trasmissibile. Viene cioè azzerata la carica virale. Un salto in avanti che ha portato risultati concreti e inimmaginabili, riducendo drasticamente il numero di infezioni da HIV, ovunque.
Nonostante questi straordinari progressi scientifici, non bisogna abbassare la guardia, come emerge chiaramente dal numero delle nuove infezioni annue che si attestano a circa 1,5 milioni nel mondo. In Italia, negli ultimi anni la pericolosità dell’HIV è stata sottovalutata, soprattutto dai giovani. Infatti, le nuove infezioni che ogni anno si registrano nel nostro Paese si mantengono elevate fra i 25 e i 29 anni. Non solo, è ancora forte lo stigma intorno alla malattia, un velo che risente di retaggi del passato e di cui non riusciamo a liberarci. In Italia, infine, c’è ancora molto da lavorare a livello di diagnosi precoci, perché i ritardi diagnostici si riflettono – evidentemente – in un ritardo nei trattamenti.
Secondo un’indagine condotta da Gilead Sciences e presentata nell’ambito della Cerimonia dei Bandi Fellowship e Community Award Program, di cui sono Commissario, gli Italiani hanno ancora radicata l’idea che la trasmissione sia possibile con un bacio (66,7% del campione). Questo è un dato allarmante che evidenzia la necessità di maggiore informazione e di un più ampio accesso al test, soprattutto per chi ha avuto comportamenti a rischio. I test si possono fare in maniera gratuita e anonima in ospedali, centri specializzati, consultori, ma anche in farmacia e nei check-point gestiti dalle Associazioni di pazienti e dalla Community, dove inoltre è disponibile un servizio di counselling importante sui comportamenti a rischio e sulle modalità di prevenzione del rischio. Questo è un messaggio che dobbiamo diffondere il più possibile, anche fuori dai centri clinici, per farlo arrivare a tutti.
La ricerca in HIV è stata il motore del cambiamento. Negli ultimi anni abbiamo assistito allo sviluppo di farmaci che hanno abbattuto la mortalità, anche nei Paesi in via di sviluppo. Ed è proprio la ricerca in HIV che ha permesso di mettere insieme l’innovazione farmaceutica, grazie all’industria, ma anche uno sforzo per l’accesso a queste terapie a vantaggio di tutta l’umanità, con programmi specifici per i Paesi in via di sviluppo. E questa è un’unicità dell’area HIV: un modello virtuoso, straordinario, che dovrebbe essere applicato ad altre aree.
I Bandi Gilead rientrano nell’ambito di quelle attività di Social responsibility di grande valore. Sono iniziative indipendenti mirate a migliorare la qualità di vita dei pazienti e, contestualmente, l’accesso. Da questa iniziativa, che va avanti da diversi anni, emerge la volontà di reinvestire parte degli utili in una partnership con il pubblico. Perché non c’è dubbio che il futuro della ricerca sta nella partnership pubblico-privato di valore. I nostri ricercatori sono tra i primi al mondo e un’ulteriore dimostrazione è il valore dei progetti presentati quest’anno. Ho avuto molta difficoltà a scegliere tra progetti straordinariamente buoni. Sono tutti di altissimo livello. Interessante l’attenzione rilevata nei progetti all’approccio multidisciplinare, fondamentale per i pazienti con HIV e non solo. Nel selezionare i vincitori di questa XII Edizione del Fellowship, dedicato a ricercatrici e ricercatori italiani, ha giocato un ruolo importante l’originalità dei progetti, che spaziavano da quelli mirati a migliorare la qualità della vita dei pazienti e la loro salute mentale a quelli sulla cura del malato oncologico con HIV, fino a quelli di screening e prevenzione nei Pronto soccorso.

*professore di Salute globale dell’università Cattolica del Sacro cuore di Roma


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