Medicina e ricerca

Il genere condiziona la risposta all'immunoterapia

di Fabio Conforti *

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24 Esclusivo per Sanità24

Non solo personalizzazione. La moderna medicina punta a trattamenti che siano anche "precisi", targettizzati cioè alla patologia e soprattutto ai meccanismi, biologici e molecolari, che sottendono allo sviluppo di una specifica neoplasia. E ancora non basta: l’ambizione è di arrivare a essere "precisi" a tal punto da identificare e strutturare trattamenti terapeutici modulati anche sul genere del paziente cui sono indirizzati, uomo o donna. Un aspetto ad oggi trascurato, nonostante la sua valenza e rilevanza clinica, e l’evidenza dei differenti fattori che possono stimolare l’insorgenza di una medesima patologia nella popolazione maschile e femminile e di differenti risultati a parità di trattamento. Una evidenza in grado, dunque, di dare importanti indicazioni sulla modificazione "personalizzata" di approccio terapeutico al paziente, a beneficio del decorso e della storia di patologie importanti, quali ad esempio le neoplasie polmonari e melanoma in trattamento con immunoterapia. Su questi parametri si è sviluppato un nostro studio, premessa di un secondo che prenderà avvio in queste settimane, che intende chiarire i fenomeni alla base della maggiore resistenza terapeutica all’immunoterapia in pazienti di sesso femminile, rispetto alla popolazione maschile, ciò indipendentemente dal tumore solido trattato.
La scelta di indagare questi due parametri non è casuale: l’immunoterapia, una nuova classe di farmaci, prevalentemente anticorpi monoclonali, ha rivoluzionato l’approccio a numerosi tipi di tumore, tra cui il carcinoma polmonare, i tumori genitourinari e il melanoma, dimostrando una superiorità di efficacia in termini di sopravvivenza e qualità di vita dei pazienti, rispetto a terapie convenzionali come la chemioterapia. Dall’altro il tumore del polmone fa osservare dati in crescita nella popolazione generale, con circa 43.900 nuove diagnosi (uomini = 29.300, donne = 14.600) stimate nel 2022, a fronte delle 41.000 del 2020 (uomini = 27.550, donne = 13.300), secondo "I numeri del cancro in Italia" di Aiom (Associazione italiana di Oncologia medica). In un primo studio in cui abbiamo analizzato i dati di oltre 11.000 pazienti trattati con immunoterapia, uomini e donne, all’interno di 20 diversi studi clinici si osserva che le donne ottengono un beneficio, in termini di miglioramento della sopravvivenza, inferiore di circa la metà del beneficio ottenuto nei pazienti maschi. Tale significativa differenza, emersa in prima istanza dalla nostra ricerca, trova spiegazione in due fattori: la sotto-rappresentazione delle donne in tutti gli studi clinici considerati, pari a poco più del 30% di tutta la popolazione arruolata e l’attuale assenza, in termini di identificazione e caratterizzazione dei meccanismi biologici, che condizionano la risposta di genere.
Quest’ultimo aspetto, non ancora indagato, sarà il focus del prosieguo della nostra ricerca - grazie a un finanziamento di Fondazione Humanitas per la ricerca - che intende studiare in maniera prospettica pazienti, uomini e donne, affette da una neoplasia polmonare con identiche caratteristiche molecolari, al fine di arrivare a comprendere i meccanismi che influenzano risposta e risultato terapeutico e dunque disegnare percorsi di cura che tengano conto della patologia, del "genere" della persona in cui essa si manifesta e dei sottogruppi di pazienti, con particolare attenzione alle donne, maggiormente penalizzate dalla risposta all’immunoterapia. Obiettivo è dunque migliorare la prognosi e la sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore. A fronte della “buona notizia” che l’immunoterapia funziona e funziona bene in pazienti uomini e donne, le indicazioni suggeriscono che ricerche e sperimentazioni attuali e del futuro dovrebbero tenere conto del fattore “genere” come elemento cruciale su cui strutturare approcci terapeutici mirati.

* Oncologo medico - Responsabile Unità di Senologia medica Ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo


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