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Giornata mondiale/ Hiv: non solo terapie, attenzione anche a diagnosi precoce, aderenza alla terapia e lotta allo stigma

di Gabriella d’Ettorre *

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24 Esclusivo per Sanità24

Siamo in una fase della gestione dell’HIV che ci consente di pensare al raggiungimento degli obiettivi UNAIDS entro il 2030. Di lavorare per un obiettivo reale e concreto, ovvero quello di raggiungere i tre 95%: far sì che il 95% delle persone HIV positive nel mondo conosca la propria condizione, che il 95% riceva la terapia antiretrovirale e che, ancora, il 95% delle persone in terapia antiretrovirale raggiunga la soppressione virologica.
Ma questo non è l’unico obiettivo che dobbiamo perseguire. La qualità di vita di chi convive con HIV è un tema fondamentale da affrontare a 360° che va inquadrato nell’ambito di un percorso più ampio, dalla diagnosi di HIV alla consapevolezza, dalle azioni necessarie per contrastare il virus alle reazioni che includono la presa di coscienza per affrontare al meglio le relazioni con gli altri, con il medico e anche con se stessi. Prioritari diventano allora i temi della diagnosi precoce, dell’aderenza alla terapia e della lotta allo stigma: condizioni necessarie affinché una persona con HIV possa vivere meglio, vivere bene.
Oggi ci troviamo infatti dinanzi al grande problema di diagnosi tardive che vengono effettuate in soggetti che scoprono la loro sieropositività solo in una condizione avanzata di infezione. Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Centro Operativo AIDS (COA), questo accade in quasi il 60% delle nuove diagnosi. Ma perché succede questo? Da un lato c’è sicuramente lo stigma che non favorisce l’accesso al test, insieme alla poca informazione. Dall’altro perché forse manca la consapevolezza di quello che è effettivamente l'infezione da HIV. Anche chi ha già ricevuto una diagnosi di HIV spesso è vittima di stigma, e ancor più di autostigma, non essendo pienamente consapevole della condizione e delle possibilità di vivere bene con l’HIV.
Ed è qui, innanzitutto, che il medico svolge un ruolo importante, poiché deve accompagnare la persona nel suo percorso. Così può nascere quell'alleanza medico paziente che possa garantire l’efficacia dell'iter terapeutico e diagnostico.
È necessario promuovere l’informazione, parlare di HIV, senza banalizzare il tema, ma ridimensionandolo all’interno di quelle che sono le opportunità terapeutiche attuali e della loro efficacia, anche su quegli aspetti di serenità psicologica e salute mentale che possono incidere profondamente sulla qualità di vita.
A partire da un’indagine realizzata da Elma Research su 500 pazienti abbiamo realizzato due pubblicazioni con il team di lavoro de La Sapienza che mostrano come ci siano ancora diversi aspetti su cui intervenire per favorire l’informazione e la consapevolezza, abbattere il muro dello stigma e, di conseguenza, promuovere una migliore qualità di vita delle persone con HIV.
Alcuni dati preliminari sono stati presentati in occasione del lancio della campagna “HIV. Ne parliamo?”, la campagna di sensibilizzazione promossa da Gilead Sciences con il patrocinio di 16 Associazioni di pazienti italiane, della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) e dell’Italian Conference on AIDS and Antiviral Research (ICAR).
Da questa indagine è emerso che il 40% delle persone che vive con HIV apprende dell’infezione casualmente e ben 2 su 10 rimandano la comunicazione, principalmente per la paura del giudizio e dell’emarginazione. La grande maggioranza delle persone con HIV dichiara inoltre che l’infezione può avere forti ripercussioni a livello psicologico, soprattutto a causa di discriminazioni e difficoltà di convivenza con l’infezione. La salute mentale è infatti un punto di forte attenzione: numerose le persone con HIV a rischio di depressione. A pesare sulla qualità di vita, ancora, la mancata aderenza alle terapie che interessa oltre un terzo dei pazienti.
Considerato che il 95% delle persone comunica l’infezione ma lo fa in modo molto parziale, spesso escludendo familiari e amici, è evidente che c’è ancora una forte componente di stigma e ‘autostigma’ che impatta negativamente sulla qualità di vita e sul benessere psicologico. Un dialogo aperto con il proprio medico, ma anche il supporto delle Associazioni di pazienti, rappresenta un punto cruciale per affrontare e risolvere queste problematiche. Altro punto fondamentale è quello dell’aderenza terapeutica: dall’indagine è emerso che oltre il 30% dei pazienti intervistati non riesce a essere aderente alle terapie. Questo aspetto e quello delle diagnosi tardive rappresentano due importanti criticità. Le terapie, se assunte precocemente e con costanza, consentono di ottenere una buona qualità di vita. Non solo, al concetto di aderenza terapeutica è strettamente legato un altro importante concetto, che può davvero contribuire ad eliminare lo stigma alla radice: si tratta del principio U=U (Undetectable꞊Untransmittable); le terapie sono efficaci nel bloccare la replicazione del virus che non è più rilevabile, impedendo così anche la trasmissione.
Per far comprendere pienamente l’importanza di essere aderenti alle terapie, il dialogo con il medico infettivologo è fondamentale. L’aderenza come già detto consente di migliorare la qualità di vita su molti fronti, incluso quello psicologico. Disturbi psicologici, malesseri, ansia e, in generale, la salute mentale, sono talvolta sottovalutati quando invece potrebbero essere gestiti al meglio.

*Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive, Sapienza Università di Roma


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