Medicina e ricerca

Sindromi coronariche acute, riflettori sulla prevenzione secondaria per migliorare prognosi e qualità di vita

di Serafina Valente *

S
24 Esclusivo per Sanità24

Le sindromi coronariche acute (Sca) rappresentano ancora una delle maggiori cause di morte a livello globale. Le linee guida della Società Europea di Cardiologia hanno finalmente riunito in un unico documento tutte le forme di Sca, meglio definendo principi di trattamento antiaggregante/anticoagulante nei diversi setting clinici e, soprattutto, timing e gestione del paziente afferente in centri Hub/Spoke con sintomatologia infartuale. Hanno ridefinito e tracciato un vademecum per la gestione delle complicanze dell’infarto. Di certo hanno considerato come tema centrale la prevenzione secondaria, focalizzando l’attenzione su quella condizione di “rischio residuo cardiovascolare” di cui il cardiologo clinico deve necessariamente interessarsi in maniera attenta al fine di evitare recidive e progressione di patologia aterosclerotica. Tutto ciò per ridefinire e meglio gestire il paziente con Sca nelle Utic al fine di migliorare prognosi e qualità di vita della popolazione.
Alcuni pazienti hanno sintomi lievi mentre altri diventano critici molto rapidamente, ciò nonostante, in buona parte la loro gestione segue gli stessi principi. Le linee guida della Società Europea di Cardiologia oltre alle indicazioni riguardanti il miglior iter diagnostico da mettere in atto nei singoli casi, offrono importanti indicazioni in merito al trattamento di queste condizioni. Rispetto alle precedenti versioni delle linee guida sulle sindromi coronariche acute poi, è stata inserita una nuova sezione dedicata al rischio cardiovascolare dei pazienti oncologici. Per effetto di fattori di rischio spesso sovrapponibili, come ad esempio il fumo, e dei trattamenti oncologici, questa popolazione è infatti ad alto rischio eventi cardiovascolari di questo tipo. Il nuovo documento dell’ESC raccomanda quindi un approccio invasivo per i pazienti con cancro attivo e un’aspettativa di vita di almeno sei mesi.
Molta importanza è data anche alla gestione a lungo termine dei pazienti, notoriamente ad alto rischio di recidive. Si sottolinea infine che i pazienti dovrebbero essere inseriti in un programma di riabilitazione cardiologica poiché diversi studi evidenziano come il rischio di eventi cardiovascolari rimanga elevato fino a 5 anni dall’evento.
I pazienti reduci da sindrome coronarica acuta costituiscono dunque la priorità assoluta per interventi farmacologici e non farmacologici in prevenzione secondaria. Sono spesso pazienti che necessitano di continuità assistenziale per seguire correttamente le terapie poiché l’inadeguatezza dell’aderenza terapeutica è una delle cause principali di riammissione ospedaliera e i dati evidenziano che hanno una prognosi migliore a lungo termine i pazienti che dopo la dimissione vanno in riabilitazione. La 3a Conferenza nazionale del Club delle Utic Anmco sarà l’occasione per rappresentare i tratti salienti delle principali novità in tema di gestione e trattamento delle sindromi coronariche acute, che rappresentano ancora oggi una delle maggiori cause di morte a livello globale.

* Direttore Cardiologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese


© RIPRODUZIONE RISERVATA