Medicina e ricerca

Ropi: pubblicato il nuovo quaderno “Attività fisica e tumori”

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Un’attività fisica ‘di precisione’ è fondamentale per potenziare l’efficacia di un trattamento farmacologico, chemio o radioterapico, ma anche per agire in prevenzione, riducendo il rischio di insorgenza di malattia oncologica, di seconde manifestazioni o di recidiva. Lo spiega la ROPI (Rete Oncologica Pazienti Italia), nel suo nuovo quaderno “Attività fisica e tumori”, pronto per l’arrivo della stagione estiva. Il volume è già scaricabile gratis sul sito www.reteoncologicaropi.it . Del resto, che l’attività fisica sia un preziosissimo ‘personal trainer’ dei sistemi di controllo è conclamato da numerosi studi scientifici. Oltre 50 hanno attestato che l’esercizio fisico regolare riduce di circa il 30-40% il rischio di tumore del colon e del 20% del tumore del polmone. Nella donna con tumore del seno migliora la tollerabilità dei trattamenti post-chirurgici e abbassa le probabilità di recidiva, inoltre ha effetti positivi nel ridurre la comparsa di tumore dell’endometrio del 20-40%. Nell’uomo con tumore della prostata, allevia i sintomi e/o gli effetti collaterali delle terapie. Questo si spiega con il fatto che l’attività fisica interagisce col sistema immunitario, in cui favorisce l’aumento di cellule natural killer o riduce la concentrazione di estrogeni corresponsabili dello sviluppo di alcuni tumori ormonodipendenti (mammella, utero e prostata). Grazie a questi studi oggi si è anche andati oltre i canonici e sempre raccomandati 150-300 minuti di attività aerobica a moderata intensità oppure 75-150 minuti ma vigorosi a settimana, definendo programmi di esercizio fisico personalizzati, anche in temini di effetti positivi indotti dalla ‘terapia del movimento’ per specifici tumori.
“Lo stile di vita, in particolare la dieta scorretta e la sedentarietà, sono tra le prime cause di rischio per tumore: correggere questi comportamenti contrasta anche l’obesità che, a sua volta è un terzo importante fattore di molti tipi di malattia – spiega Stefania Gori, presidente ROPI –. Non affermo, fin qui, nulla di nuovo. Ciò che invece è emerso è che specifici programmi di attività fisica, l’intensità della pratica, e la ‘posologia’ possono migliorare l’azione e la reazione alla malattia. In generale si ottiene un miglioramento della sensazione di fatigue (stanchezze e mancanza di energia che si accompagna alle terapie), riducendo possibili effetti collaterali, come le artralgie (dolore articolare), migliorando la funzionalità cardio-respiratoria con un generale impatto di ben-essere psicofisico. Effetti che possono essere potenziati con la scelta della tipologia di attività, prevalentemente aerobica e di intensità lieve-moderata, secondo programmi di attività, facili, misurati sulle esigenze della malattia e della persona, dunque altamente efficaci. Vero è infatti che, salvo eccezioni, a differenze delle terapie farmacologiche, l’attività fisica non ha controindicazioni e effetti collaterali”.


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