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Hiv: 4 pazienti su 10 scoprono infezione per caso, al via campagna "Ne parliamo?"

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24 Esclusivo per Sanità24

Il 40% delle persone che vive con Hiv apprende dell’infezione casualmente e ben 2 su 10 rimandano la comunicazione, principalmente per la paura del giudizio e dell’emarginazione. Lo rileva un’indagine realizzata da Elma Research su 500 pazienti presentata oggi a Milano in occasione del lancio di ‘Hiv. Ne parliamo?’, la campagna di sensibilizzazione che ricorda il primo passo per abbattere stigma e pregiudizio, aiutare le persone a vivere meglio e con maggiore serenità. L’iniziativa, promossa in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids che si celebra ogni anno il primo dicembre, è sostenuta da Gilead Sciences con il patrocinio di 16 associazioni di pazienti italiane, della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e dell’Italian Conference on Aids and Antiviral Research (Icar).

Attraverso la voce di chi vive con l’Hiv - spiega una nota - la campagna pone l’attenzione sugli aspetti di vita che possono essere migliorati, per prenderne consapevolezza e iniziare ad affrontarli partendo da una semplice domanda da fare al proprio medico: ne parliamo? Aspetti psicologici, relazioni con gli altri, dialogo con il medico e corretta assunzione della terapia sono gli elementi dell’iniziativa che vuole offrire, attraverso le storie di chi vive con Hiv, degli spunti di riflessione sulla propria condizione e informazioni utili per migliorarla.

"Considerato che il 95% delle persone comunica l’infezione ma lo fa in modo molto parziale, spesso escludendo familiari e amici - afferma Gabriella d’Ettorre, del Dipartimento di Sanità pubblica e malattie infettive dell'università Sapienza di Roma - è evidente che c’è ancora una forte componente di stigma e ‘autostigma’ che pesa sulla vita delle persone che scoprono la sieropositività al virus, con un carico che impatta negativamente sulla qualità di vita e sul benessere psicologico. Un dialogo aperto con il proprio medico, ma anche il supporto delle associazioni di pazienti - continua - rappresenta un punto cruciale per affrontare e risolvere queste problematiche. Come cruciale è continuare o, ancora meglio, tornare a parlare di Hiv, perché chi scopre l’infezione non si senta ‘messo da parte’ né si autoescluda sul piano affettivo, sociale o relazionale. Tornare a parlarne, inoltre, è importante per promuovere l’accesso al test volontario, soprattutto in chi ha comportamenti a rischio, in modo da favorire la diagnosi precoce dell’infezione".


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