Sentenze

Cassazione/ L'azienda ospedaliera deve assicurare i medici specializzandi all’Inail, anche se a condizioni meno vantaggiose delle compagnie private

di Pietro Verna

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24 Esclusivo per Sanità24

La posizione dei medici specializzandi, all’interno dell’ambiente ospedaliero ove opera il resto del personale sanitario, non può sfuggire alla copertura assicurativa pubblica nel campo infortunistico, «la cui gestione è affidata all’Inail in relazione con l’ adempimento degli obblighi imposti allo Stato dall’art. 38 della Costituzione».
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza 13 gennaio 2021, n. 443 ) che ha respinto il ricorso proposto da una azienda ospedaliera contro la sentenza con la quale la Corte di appello di Milano aveva ritenuto legittima la richiesta dell’Inail di veder corrisposti i premi per la copertura assicurativa degli infortuni dei medici specializzandi ai sensi dell’ art. 41, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 ( «L'azienda sanitaria presso la quale il medico in formazione specialistica svolge l'attività formativa provvede, con oneri a proprio carico, alla copertura assicurativa per i rischi professionali, per la responsabilità civile contro terzi e gli infortuni connessi all'attività assistenziale svolta dal medico in formazione nelle proprie strutture, alle stesse condizioni del proprio personale»).
La ricorrente aveva impugnato la pronuncia della Corte territoriale meneghina sostenendo di aver stipulato polizze con compagnie private di assicurazioni perché l’art. 41 cit. non imporrebbe la copertura dei medici specializzandi «presso l’ Inail», che questi ultimi, a differenza del restante personale sanitario, non erano legati da alcun rapporto giuridico con l’azienda ospedaliera, né potevano essere considerati alla stregua degli studenti di cui all’ art. 4 del d.P.R. n. 1124 del 1965 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), trattandosi di “medici abilitati all’esercizio della professione”. In altri termini, ad avviso dell’azienda ospedaliera, l’obiettivo della norma sarebbe stato raggiunto, fermo restando che le polizze erano state stipulate a condizioni vantaggiose (« risultano rapportate solo alla base numerica degli assicurati ed a prescindere dalla retribuzione erogata e dalla localizzazione della prestazione assicurata») e, pertanto, rispondenti «ad un fondamentale principio dell’attività economica svolta dalle aziende sanitarie, quello di ricercare le migliori offerte».
Tesi che non ha colto nel segno. La Cassazione ha richiamato la sentenza della Corte costituzionale n. 160 del 1974 che, pronunciandosi sull’art. 38, comma 2, della Costituzione e sulla differenza tra le assicurazioni private e le assicurazioni sociali, ha chiarito che:
- il fine delle assicurazioni sociali è quello di «garantire» ai beneficiari «mezzi adeguati in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria»;
- nell'assicurazione sociale l'obbligo di pagare i contributi assicurativi grava di regola su persona diversa dall'assicurato e che «né il pagamento dei contributi condiziona il diritto alla prestazione, né la persona tenuta al pagamento dei contributi ha un qualche diritto nei confronti dell'ente assicuratore»;
- l’assicurazione privata gravita intorno ad un’impresa «che tiene conto di un quid destinato a rappresentare l’utile dell’impresa», ossia di «un fattore estraneo alle assicurazioni sociali»
Da qui la pronuncia in narrativa: la copertura assicurativa dei medici specializzanti è «pienamente riconducibile» all’art. 4, numero 5, del d.P.R. n. 1124 del 1965, secondo cui sono compresi nell’assicurazione Inail contro gli infortuni sul lavoro «gli allievi dei corsi di qualificazione o riqualificazione professionale […] comunque istituiti o gestiti».


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