Sentenze

Obbligo vaccino Covid per gli operatori sanitari, come evolve la giurisprudenza

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Continua il contenzioso sull’obbligo vaccinale. Coloro che non accettano di assoggettarsi alla normativa adottata dal Governo ricorrono spesso alla magistratura e su questo sito ho avuto modo di segnalare spesso come le problematiche connesse all’obbligo vaccinale per i sanitari e assimilati implichino un quadro giurisdizionale particolarmente complesso e difficile da interpretare. Due pronunce recenti escono tuttavia dallo scenario che si era consolidato nei primi mesi - cioè quello del rifiuto ideologico della vaccinazione – per entrare in argomenti più articolati, sempre comunque connessi all’obbligo vaccinale.
La prima concerne alcuni aspetti interessanti e piuttosto singolari. Si tratta del ricorso di una dipendente di una Asl friulana con il profilo di tecnico di laboratorio che ha sollevato davanti al giudice amministrativo una infinita serie di questioni. La prima è quella che, secondo la ricorrente, dal campo applicativo della disposizione dovrebbe essere escluso il personale sanitario che non esercita prestazioni di cura e di assistenza, come appunto il tecnico di laboratorio biomedico. Il Tar Friuli Venezia Giulia, sez. I, con la sentenza n. 2 del 4.1.2022 ha tuttavia ritenuto che il professionista in questione non è esonerato dall'obbligo di vaccinazione alla luce del fatto che l’inciso contenuto nella disposizione (“al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”) abbia la funzione di esplicitare le ragioni fondanti l’obbligo vaccinale, ma non valga certo a delimitare la platea dei soggetti tenuti al suo rispetto. A tale scopo provvede il successivo periodo della norma, che individua “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'art. 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43”. Gli “esercenti le professioni sanitarie”, in particolare, sono i soggetti di cui al D.M. 29 marzo 2001 e tra questi (art. 4) anche il tecnico di laboratorio. Inoltre la ricorrente aveva sostenuto generiche ragioni di salute per non vaccinarsi mentre ha ribadito il Tribunale che è “necessario che il certificato del Mmg attesti specificamente tanto le “specifiche condizioni cliniche documentate” che il “pericolo per la salute” che ne deriva, essendo altrimenti impedito l’esercizio di qualsiasi potere di verifica da parte dell’Azienda sanitaria. Ciò premesso, si evidenzia che il documento presentato dalla ricorrente presenta contenuto assolutamente generico (l’esonero “è giustificato dalla necessità, in scienza e coscienza, di tutelare la salute della medesima”) e non conforme al contenuto della disposizione di legge”. Ma non è finita, perché tali ragioni di presunto esonero erano anche asserite da un soggetto non competente e, in tal senso, viene ribadita la “necessità che il Mmg certificatore sia il medico di fiducia della persona richiedente. In primo luogo, ciascun Mmg (fatte salve eventuali attività libero-professionali) esercita la propria attività solo nei confronti dei pazienti in carico”. Infine, è stata sostenuta la violazione degli artt. 3 e 32 Cost. da parte dell’art. 4 D.L. 44/2021, perché non è consentito al soggetto scegliere la tipologia di vaccino.
Tutte le questioni relative alla sicurezza del vaccino, alla compatibilità costituzionale dell’obbligo, alla sua conformità ai principi di ragionevolezza e proporzionalità vanno respinte in quanto sono state ampiamente trattate nella giurisprudenza dello stesso Tar (a partire da Tar Friuli-Venezia Giulia, 10 settembre 2021, n. 261) e dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045 e Cons. Stato, sez. III, 20 dicembre 2021, n. 8454).
La seconda pronuncia è quella di un altro Giudice amministrativo che ha confermato la propria competenza nel ricorso contro un atto di una Asl romana (Tar Lazio, sezione III-quater, sentenza n. 37 del 4.1.2022). Vediamo in breve i fatti che si distinguono da altre vicende precedenti in quanto non si tratta del pregiudiziale rifiuto della vaccinazione ma concerne le modalità e le tempistiche di essa. Una infermiera di una azienda sanitaria di Roma aveva impugnato l’atto del Dipartimento della Prevenzione aziendale ritenendo violata la circolare ministeriale n. 32884 del 21 luglio 2021 nella parte in cui si prevede che i guariti da Covid, come la ricorrente, sarebbero sottoposti ad una sola dose di vaccino da somministrare non prima dei sei mesi dalla guarigione e non oltre i dodici mesi dalla guarigione stessa. Ora, poiché la stessa avrebbe contratto il Covid e ne sarebbe guarita nel mese di gennaio 2021, va da sé che il suddetto obbligo – si intende nella prospettiva della parte ricorrente – potrebbe essere soddisfatto mediante una sola dose da somministrare al più tardi entro il mese di gennaio 2022. Dunque l’atto qui impugnato, adottato nel mese di settembre 2021, avrebbe illegittimamente anticipato di almeno 4 mesi un siffatto obbligo a carico della ricorrente medesima. Tuttavia nel merito il ricorso è stato respinto perché non è stata accettata la tesi secondo cui la vicenda rientrasse nell’ambito applicativo della Circolare citata. Diverso da quelli che coinvolgono la generalità dei cittadini è, infatti, il caso del personale sanitario il quale, a prescindere dalla ipotesi dei guariti da Covid e della conseguente possibilità di optare per una sola dose di vaccino, è comunque tenuto a soddisfare tale obbligo entro i termini perentoriamente prescritti dal DL 44/2021.
Preliminarmente la Asl aveva anche sollevato l’eccezione di incompetenza asserendo che fosse del Giudice ordinario, questione non condivisa dal Tar. Riguardo al rigetto dell’eccezione di giurisdizione il Tar esplicita un interessante principio relativamente all’intreccio delle competenze che è utile riportare per intero: “Il sistema delineato dall’art. 4 del d.l. 44 del 2021 prevede uno specifico segmento procedimentale propriamente amministrativo e pubblicistico diretto ad accertare, mediante l’esercizio di un potere discrezionale ed autoritativo, se il sanitario abbia ricevuto o meno la somministrazione del vaccino contro il Sars-CoV-2, in conformità all'obbligo sancito dal comma 1, e soprattutto se la documentazione prodotta in caso di omissione dell’obbligo possa ritenersi idonea al fine di essere esonerati da siffatto obbligo. Di qui la ridetta spendita di poteri amministrativi e dunque la giurisdizione di questo giudice amministrativo. Giurisdizione che si estende automaticamente anche alla comunicazione di sospensione dal servizio; riservare alla giurisdizione dell’Ago la cognizione sulla sola sospensione dal servizio (tesi della difesa Asl) rischierebbe di consentire ad un altro giudice, appartenente a diverso plesso giurisdizionale, di pronunziarsi nella sostanza sulle stesse questioni di cui all’atto di accertamento dell’inosservanza all’obbligo vaccinale, e ciò in totale spregio al principio fondamentale del "ne bis in idem".


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