Sentenze

Farmaci oppiacei, in lista di trasparenza solo dopo verifica di sicurezza dello switch

di Paola Maddalena Ferrari *

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24 Esclusivo per Sanità24

La regola generale è quella per cui la clausola di non sostituibilità viene apposta solo in casi particolari, tant'è che è prescritta la necessità che il medico motivi tale scelta, con la conseguenza che di norma il farmacista è tenuto a consegnare il farmaco avente il prezzo più basso. Solo in via eccezionale, il medico può apporre la clausola di non sostituibilità e il farmacista può consegnare al paziente il farmaco, espressamente indicato dal medico, senza che il paziente sia obbligato per la maggior somma. Da ultimo, non può ritenersi che tale inserimento nelle liste di trasparenza sia possibile solo in base al principio del risparmio della spesa.
Seppure sia vero che la crisi economica finanziaria degli ultimi anni ha indirizzato sempre più il legislatore verso scelte mirate al contenimento delle spese e all’individuazione di un sistema in grado, attraverso la standardizzazione dei costi della sanità su base nazionale, di ridurre gli sprechi del settore, è da rilevare che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto che i cd Livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m) della Costituzione, devono sempre essere garantiti a tutti i consociati.
In sostanza, deve comunque essere garantito quel nucleo ineliminabile di prestazioni cui il legislatore non può sottrarsi e che gli individui possono continuare a pretendere.
La Corte costituzionale ha ritenuto che, se le esigenze economiche "nel bilanciamento dei valori costituzionali operato dal legislatore, avessero un peso assolutamente preponderante, tale da comprimere il nucleo essenziale del diritto alla salute connesso all’inviolabile dignità della persona umana, ci si troverebbe di fronte a un esercizio macroscopicamente irragionevole della discrezionalità legislativa" (cfr. Corte cost., sentt. nn. 304/1994, 309/1999, 509/2000, 252/2001, 432/2005, 354/2008, 299 e 269/2010, 61/2011).
Questo è il principio contenuto in tre sentenze gemelle del Tar del Lazio sezione terza (n. 12141 e 12142 del 18 luglio e 11658 del 13 luglio) che hanno accolto il ricorso di tre aziende produttrici di farmaci per la cura del dolore.
Le aziende si opponevano all’aggiornamento della Lista di Trasparenza, pubblicato sul sito web di Aifa in data 20 settembre 2022, nella parte in cui ha inserito nella lista medesima le specialità medicinali per la terapia del dolore a base di buprenorfina e tramadolo cloridrato e di quella del 15 dicembre 2022 con la quale furono inseriti raggruppamenti di Fentanil a seguito del parere reso dalla Commissione tecnico-scientifica di Aifa che nella riunione del 7, 8 e 9 settembre 2022 aveva affermato la sovrapponibilità dei farmaci per la terapia del dolore.
In conclusione, tutti i ricorsi sono stati accolti, sotto il profilo del difetto di istruttoria, non avendo l’Aifa espletato un’adeguata valutazione in ordine alle conseguenze dello switch tra un farmaco e un altro in ragione dell’estrema delicatezza prescrittiva dei farmaci oppiacei.
La posizione delle aziende
Le aziende ritenevano che la dichiarazione di equivalenza contrastasse con la precedente determinazione dalla stessa Agenzia nel 2007, quando la "CTS, nel rendere un 'parere sul non inserimento di farmaci generici nella lista di riferimento per questioni di sanità pubblica', ha affermato che per i farmaci per la terapia del dolore 'il criterio generale dovrà comunque essere il non inserimento nelle liste di trasparenza, al fine di evitare switch che possano portare a criticità di tipo clinico'. Un parere teso a 'tutelare i pazienti e funzionale a garantire più elevati indici di sicurezza della terapia, che oggi è superato improvvisamente senza che ne siano esplicitate le ragioni'".
La ratio del non inserimento in lista di trasparenza risponderebbe alla precipua esigenza di garantire che la terapia del dolore venga costantemente gestita sotto stretto intervento e controllo del medico e senza automatismi o repliche predeterminate.
Il clinico – specialista – dovrebbe valutare costantemente tutti i fattori di rischio di abuso, calibrando la prescrizione all’intensità del dolore, alla tollerabilità e agli obiettivi di cura, specie per i trattamenti a lungo termine.
Sia per la natura del prodotto, sia per lo stato soggettivo (dolore) per cui se ne prevede l’impiego, l’appropriatezza terapeutica richiederebbe il costante intervento e monitoraggio del medico per l’individuazione della "dose ottimale", che dovrebbe garantire l’equilibrio tra un adeguato sollievo dal dolore e un profilo di sicurezza accettabile.
Ciò avverrebbe attraverso la "titolazione della dose", e cioè con aggiustamenti continui e mirati che richiedono un approccio personalizzato.
Aifa, discrezionalità tecnica motivata
La sentenza ha affermato, contrariamente a quanto sostenuto dalle aziende opponenti, che
anche i farmaci oppiacei possono essere inseriti in Lista di trasparnza, in quanto questa decisione è espressione di un potere che presenta significativi profili di discrezionalità tecnica, che, come tale, consente il sindacato giurisdizionale in presenza di profili di eccesso di potere per illogicità o erroneità, tali da evidenziare l’inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale censurata (cfr. ex multis Cons. St., sez. III, 22 dicembre 2014, n. 6346; TAR Roma n. 4301/2022).
Oggetto del giudizio non può, quindi, essere la legittimità o meno della scelta di inserire le specialità farmaci all’interno della lista di trasparenza, bensì l’accertamento che tale inserimento sia stato fatto al di fuori del vizio lamentato di eccesso di potere.
Ai fini dell’inserimento nella lista di trasparenza, afferma il Tar, l’Aifa non può limitarsi a registrare l’esistenza di associazioni fisse di principi attivi facendone discendere, in via automatica, la base giustificativa per l’inserimento in lista di trasparenza.
In particolare, è stato rilevato che "pur in presenza di un accertamento di bioequivalenza fra le associazioni fisse e i rispettivi monocomponenti, vi è la necessità di un accertamento specifico che, muovendo dal confronto tra le associazioni fisse e scongiurando ogni forma di automatismo, accerti tra esse un rapporto di effettiva equivalenza sull’efficacia terapeutica, premessa indefettibile per il successivo inserimento in lista di trasparenza".
È pur vero che il disposto dell’art. 7, comma 1, del Dl 347/2001 non impone in modo vincolante il ricorso alla prova specifica della bioequivalenza (specificamente richiesta per i farmaci generici) mediante confronto diretto tra i farmaci in rilievo, ma occorre che il relativo giudizio, rifuggendo da ogni automatismo, trovi diretto fondamento in criteri tecnico scientifici altrettanto validi, tratti dalla letteratura scientifica ovvero da dati di esperienza e sperimentazione, che permettano di tracciare comunque una base obiettiva e verificabile a sostegno della predicata sostituibilità, valutazione che non può che ancorarsi ad un’analisi da effettuare in concreto e in modo specifico rispetto ai farmaci di volta in volta in rilievo … l’inserimento in lista di trasparenza non può conseguire, con la pretesa automaticità, dal solo rilascio di autorizzazione ex art. 12 del d. lgs. 219/2006, occorrendo viceversa una prova positiva del raggiungimento della equivalenza terapeutica” (Cons. St., sez. III, 27 ottobre 2022, n. 9142).
Principio di rigorosa equivalenza per i farmaci oppiacei
Ritiene il Collegio che il principio sopra evidenziato assuma una valenza ancora più incisiva nei casi, come quello in esame, in cui vengono in considerazione farmaci a base di sostanze oppiacee impiegati per il trattamento della terapia del dolore.
In particolare, per questa categoria di farmaci è stato evidenziato come "gli oppiacei sono infatti associati a una ampia variabilità interindividuale di risposta e talora associati a un potenziale rischio per la vita (Overholser et al. 2011; Wong et al. 2022)".
Più specificatamente, nella terapia del dolore cronico, l'appropriatezza terapeutica è cruciale per assicurarsi un adeguato sollievo dal dolore e un profilo di sicurezza accettabile, visto che gli oppiacei possono causare importanti effetti avversi, anche se assunti secondo le modalità indicate.
I criteri di bioequivalenza, basati su parametri farmacocinetici quali Cmax e AUC, consentono una possibile variabilità della biodisponibilità dei farmaci generici, che può oscillare da +80% a +125% rispetto all’originatore (Howland, 2010; Gozzo et al. 2022).
Nel caso degli oppiacei, nel passaggio da originatore a bioequivalente o da bioequivalente già in uso ad altro bioequivalente, tale variabilità potrebbe verosimilmente causare un insufficiente sollievo dal dolore, da un lato, con la possibile insorgenza di crisi d’astinenza, o un aumento del rischio di effetti collaterali anche gravi dall'altro (documento dell’AISD Associazione Italiana per lo Studio del Dolore).
La particolarità di questi farmaci avrebbe dovuto condurre l’Aifa a effettuare un’istruttoria completa diretta a valutare attentamente l’effettiva sostituibilità del farmaco equivalente.
Soprattutto, prosegue il Tar, a fronte del contrario parere del medesimo ente, resa nelle riunioni del 6 e 7 novembre 2007, nel quale la Commissione Tecnico Scientifica dell’Aifa affermò che "il criterio generale per questi farmaci dovrà comunque essere il non inserimento nelle liste di trasparenza al fine di evitare switch che possano portare a criticità di tipo clinico", il documento istruttorio depositato dall’Aifa si limita a rilevare che "considerato che i farmaci in oggetto sono esclusivamente forme orali e transdermiche, con uguale composizione in principi attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie, ritiene, tenuto conto di esperienze regionali già attuate, che i farmaci all’interno di ciascun raggruppamento abbiano pari efficacia e sicurezza e siano pertanto sostituibili tra loro".
In realtà, non è stata fatta alcuna valutazione in ordine a quanto prima rilevato e cioè alle difficoltà di effettuare uno switch tra un farmaco e un altro e quindi i due provvedimenti si contraddicono.
Tale approfondimento istruttorio appare ancor più rilevante se si tiene conto, come già ricordato, che la biodisponibilità del farmaco può variare da +80% a +125%, e che tale variabilità potrebbe comportare gravi effetti collaterali.
Di tanto è consapevole anche l’Aifa che ha inviato ai medici una comunicazione di sicurezza nella quale si raccomanda, in sostanza, la massima precauzione e attenzione nella prescrizione di questi farmaci.
Non può poi ritenersi che l’apposizione della clausola di non sostituibilità, afferma la sentenza, possa essere considerata la modalità con la quale si eliminano tutte le criticità sopra evidenziate, perché così facendo si trasformerebbe l’eccezione (e cioè l’apposizione della clausola di non sostituibilità) nella regola.
In particolare, il sistema della non sostituibilità di un farmaco specifico con quello c.d. equivalente gode di una regolamentazione generale, che si applica a qualunque tipo di prescrizione, quale risulta dal comma 11 bis dell’art. 15 d.lgs. 95/2012, per il quale "Il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti indica nella ricetta del Ssn la denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco oppure la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo accompagnata dalla denominazione di quest'ultimo. L'indicazione dello specifico medicinale è vincolante per il farmacista ove nella ricetta sia inserita, corredata obbligatoriamente da una sintetica motivazione, la clausola di non sostituibilità di cui all’art. 11, comma 12, D.L. 24.1.2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24.3.2012 n. 27. L'indicazione è vincolante per il farmacista anche quando il farmaco indicato abbia un prezzo pari a quello di rimborso, fatta comunque salva la diversa richiesta del cliente”.
Conseguentemente, il ricorso è stato accolto in quanto vi erano lacune nella valutazione effettuata in quanto se è pur vero che decisione in ordine alla sostituibilità del farmaco c.d switch sarebbe sempre rimessa solo al medico curante e sotto la sua responsabilità professionale, in forza di quanto previsto dall’art. 7 comma 2 del d.l. n. 347 del 2001 (“Il medico nel prescrivere i farmaci di cui al comma 1, aventi un prezzo superiore al minimo, può apporre sulla ricetta adeguata indicazione secondo la quale il farmacista all'atto della presentazione, da parte dell'assistito, della ricetta non può sostituire il farmaco prescritto con un medicinale uguale avente un prezzo più basso di quello originariamente prescritto dal medico stesso”) è anche vero che questa decisione si fonda su una indicazione ed una dichiarazione di sicurezza dell’autorità regolatoria.
Affermazione di sicurezza tanto più importante quando si tratta di farmaci per il dolore.
Responsabilità del medico nell’apposizione del timbro "non sostituibile"
I farmaci ad alto rischio sono elencati nella raccomandazione n. 7 del ministero della Salute relativa alla "Prevenzione della morte, coma o grave danno derivati da errori in terapia farmacologica" che così le definisce: sono quei farmaci che richiedono particolare attenzione nella gestione e uso, a causa della loro potenziale tossicità, del basso indice terapeutico e dell’alta possibilità di interazioni, ad esempio: agonisti adrenergici, anestetici generali endovena, anestetici locali iniettabili, bloccanti neuromuscolari, anticoagulanti, eparina, warfarin, antiaritmici, antineoplastici, stupefacenti, oppioidi, benzodiazepine endovena, digossina, insulina, ipoglicemizzanti orali, sodio nitroprussiato, soluzioni concentrate di sodio cloruro, soluzioni concentrate di potassio cloruro, soluzioni concentrate di potassio, soluzioni di calcio, soluzioni di magnesio che riprende l’elenco ISMP List of High-Alert Medications in Acute Care Settings nella formulazione del 2008. In seguito, l’elenco fu aggiornato nel 2018.
Le strategie di mitigazione del rischio possono includere la standardizzare della prescrizione, la conservazione, la preparazione, la dispensazione e la somministrazione di questi farmaci nonché una formazione obbligatoria al paziente sull’uso di questi farmaci.
È evidente che, qualunque sia la strategia per garantire al cura al minor costo non può essere quella della loro sostituibilità automatica.
Non è coerente neppure "scaricare la responsabilità" sul medico al quale da una parte, a parole, viene garantita la libertà prescrittiva mentre dall’altro subisce pressioni economiche e/o di carriera da parte delle aziende sanitarie di prescrivere solo il farmaco acquistato dalla farmacia e/o a minor costo.
Inserire un farmaco ad alto rischio dichiarandolo "equivalente" da parte dell’Agenzia del Farmaco vuol dire anche garantire al medico che la sua sostituzione automatica non è pericolosa se, al contrario, può esserlo il medico deve apporre il timbro non sostituibile.
Questo non vuol dire non prescrivere il farmaco generico, anzi. Il medico quando prescrive deve ricordarsi che "stacca un assegno" che il servizio sanitario dovrà onorare oppure il paziente pagare di tasca propria.
Come più volte ricordato, la lista di trasparenza ha come finalità di garantire la migliore cura al minor costo quindi se il costo di due preparati è il medesimo, il medico può in scienza e coscienza decidere che il paziente non migri da un preparato all’altro soprattutto quando il farmaco è rischioso o il paziente assume una pluralità di farmaci. In questo caso, lo switch non è pericoloso riguardo al singolo farmaco ma lo è per il rischio di confusione e che uno switch continuo di più farmaci può causare a persone con cure complicate.

* Avvocato


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