Sentenze

Covid/ La Corte Costituzionale "cancella" i contributi della Regione Abruzzo ai dipendenti delle Asp e alle residenze protette private

di Pietro Verna

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24 Esclusivo per Sanità24

L’ emergenza epidemiologica da Covid-19 non giustifica la normativa della Regione Abruzzo che prevede la concessione di contributi a favore dei lavoratori delle aziende pubbliche di Servizi alla Persona- ASP e delle residenze protette private. In caso contrario, si violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva nella materia dell’«ordinamento civile», e il terzo comma del medesimo art. 117 che attribuisce allo Stato e alle Regioni la potestà legislativa concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica» e di «tutela della salute».
Lo ha stabilito la Consulta con lasentenza n. 176 del 2023 che, accogliendo il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 26 della legge della Regione Abruzzo n. 24 del 2022 laddove prevede che:
- « la Regione Abruzzo, allo scopo di ampliare le attività di rilevamento dei contagi da Sars-CoV-2 nel territorio regionale, concede un contributo "una tantum" non inferiore a 1.000,00 euro a ciascun lavoratore e lavoratrice impiegato nelle Aziende pubbliche di Servizi alla persona (Asp) abruzzesi nelle attività di contrasto all’emergenza epidemiologica da Covid-19» ( comma 1);
- «per le medesime finalità di cui al comma 1, la Regione concede altresì un contributo alle Residenze Protette private, accreditate e contrattualizzate» ( comma 2).
La pronuncia della Consulta
L’Alta Corte ha ritenuto le norme regionali in contrasto con il decreto legislativo n. 165 del 2001, che riconduce alla contrattazione collettiva sia la disciplina del rapporto di lavoro pubblico privatizzato, sia la determinazione del trattamento economico (artt. 40 e 45), e con il decreto legislativo n. 502 de 1992, ai sensi del quale i soggetti privati accreditati possono essere coinvolti nella programmazione regionale sanitaria previa stipula di accordi contrattuali che indicano «il volume massimo di prestazioni» e la remunerazione globale delle attività «in base a tariffe predefinite» (artt. 8-quinques e 8- sexies). Da qui il dictum della pronuncia in narrativa: la normativa abruzzese «non coinvolge in alcun modo la contrattazione collettiva» né rispetta «il principio fondamentale [della] remunerazione globale in base a tariffe omnicomprensive per le prestazioni acquisite da un soggetto accreditato dall’accordo contrattuale». Pronuncia che conferma l’ orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo il quale:
- «qualunque norma regionale intenda sostituirsi alla negoziazione delle parti, quale imprescindibile fonte di disciplina del rapporto di pubblico impiego, comporta un’illegittima intrusione nella sfera di attribuzione del legislatore statale in materia di ordinamento civile» (sentenza n. 155 del 2022);
- è compito delle Regioni «contribuire al raggiungimento di un ragionevole punto di equilibrio tra l’esigenza di assicurare (almeno) i livelli essenziali di assistenza sanitaria e quella di garantire una più efficiente ed efficace spesa pubblica», pena la violazione degli artt. 8-quinquies e 8-sexies del decreto legislativo n. 502 del 1992 (sentenza n. 76 del 2023).


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